TRIANGOLAZIONI: escluse senza passaggio di proprietà

Fonte: Eutekne.info

Data: 26/06/2012

Autore: M. Peirolo

L’assimilazione del trasferimento dei beni alle cessioni intracomunitarie implica l’obbligo di identificazione del cessionario intermedio.

Nell’ambito dei rapporti intracomunitari, può accadere che l’impresa italiana acquisti i beni da un fornitore identificato ai fini IVA in altro Paese membro, dandogli l’incarico di inviare la merce al proprio cliente, localizzato in un diverso Paese comunitario, a titolo non traslativo della proprietà.

Ipotizziamo, per esempio, che l’incarico sia affidato ad una impresa tedesca, con spedizione dei beni dalla Germania alla Francia in esecuzione di un contratto di deposito.
Nel caso di specie, si resta al di fuori dello schema della triangolazione comunitaria, in quanto il rapporto tra l’operatore italiano e il suo cliente francese non dà luogo ad una cessione intracomunitaria “in senso stretto”, cioè ex art. 41, comma 1, DL 331/1993. In altri termini, in assenza del trasferimento della proprietà contestuale alla spedizione, viene meno la possibilità, per il cessionario italiano, di integrare la fattura ricevuta dall’impresa tedesca senza applicare la relativa imposta, in considerazione della tassazione dell’operazione in Francia, Paese di destinazione finale dei beni.

L’impresa italiana effettua, pertanto, un acquisto intracomunitario soggetto a IVA in Italia ex art. 38 DL 331/1993.
A livello normativo, tale soluzione è confermata dagli artt. 40, 41 e 42 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo i quali:

  • l’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel luogo di arrivo dei beni (art. 40);
  • nell’ipotesi in cui il cessionario non sia identificato nel Paese di destinazione dei beni, l’acquisto intracomunitario è imponibile nel Paese membro in cui il cessionario è identificato (art. 41);
  • nello schema della triangolazione comunitaria, l’acquisto intracomunitario è imponibile non già nel Paese membro di identificazione del cessionario intermedio, bensì nel Paese di destinazione finale dei beni.

Dunque, affinché l’operazione sia tassata nel Paese di arrivo dei beni (Francia), il cessionario deve essere ivi identificato. In difetto, ossia in assenza di identità territoriale tra il luogo di destinazione dei beni e il luogo di identificazione del cessionario, l’acquisto intracomunitario è imponibile nel Paese di identificazione di quest’ultimo (Italia).
Il collegamento tra la regola (art. 40) e la deroga (art. 41) è dato dall’art. 42 della Direttiva, corrispondente all’art. 40, co.2, primo periodo, DL 331/1993, in base al quale l’eccezione di cui sopra, diretta ad evitare che l’operazione resti completamente detassata, non si applica se il cessionario è in grado di dimostrare che la merce è stata acquistata per essere successivamente ceduta in altro Paese membro nell’ambito di una triangolazione cosiddetta “comunitaria”. In questo caso, si ritorna alla regola generale e, quindi, alla tassazione nel luogo di destinazione finale.

Nella descritta situazione di fatto, la soluzione fornita è diversa da quella che giustificherebbe, alla luce della RM 17/E/2009, la disapplicazione del regime di non imponibilità nell’ipotesi in cui il primo cedente fosse anch’esso italiano.

Non giustificata la disapplicazione del regime di non imponibilità

In tal caso, infatti, è stato chiarito che il rapporto (interno) non beneficia della detassazione prevista dall’art. 58 DL 331/1993 (ovvero dell’art. 8, comma 1, lett. a, DPR 633/1972 se i beni sono spediti fuori della Comunità) se il rapporto che intercorre tra il cessionario italiano e il destinatario finale non è regolato da un contratto di cessione, bensì da un contratto estimatorio.

Riguardo, infine, al rapporto tra l’impresa italiana e il suo cliente francese, posto che i beni spediti in Francia direttamente dalla Germania sono già di proprietà dell’operatore italiano, spetta a quest’ultimo identificarsi ai fini IVA, direttamente o per mezzo di un proprio rappresentante fiscale, tanto in Germania quanto in Francia, siccome l’operazione, benché non implichi il passaggio di proprietà, assume natura intracomunitaria sia dal lato attivo, sia da quello passivo, come si evince dagli artt. 17, par. 1, e 21 della Direttiva.

Successivamente, i beni in conto deposito, se ceduti, si considerano territorialmente rilevanti in Francia, per cui è la posizione IVA francese che deve assoggettare all’imposta locale le relative cessioni, salvo che il cessionario, in quanto soggetto passivo, applichi il “reverse charge”.

DOGANA: Sistema AIDA sdoganamento telematico export – disponibilità soggetti AEO

L’Agenzia delle Dogane con Nota Prot. 78736/RU del 22/06/2012, pubblicata sul proprio sito internet, rende noto che in relazione all’espletamento delle formalità doganali, sono state apportate modifiche al sistema AIDA per consentire, a partire dal 03/07/2012, esclusivamente ai soggetti che abbiano ottenuto il rilascio della certificazione comunitaria AEO di beneficiare del servizio di sdoganamento telematico in procedura domiciliata per le operazioni di esportazione e di esportazione abbinata a transito tutti i giorni dalle 1.00 alle 24.00.

Viene poi precisato che le merci selezionate per il controllo (esito della dichiarazione “non svincolabile”) devono restare nel luogo autorizzato sino all’intervento del funzionario doganale, di norma effettuato nella fasce orarie e nei giorni di operatività degli uffici di controllo.

Tenuto conto della vigente normativa comunitaria in materia di restituzioni all’esportazione, le dichiarazioni della specie possono essere trasmesse dai soggetti AEO al di fuori dell’arco temporale di operatività dell’ufficio controlli effettuando il preavviso, di cui alla nota 8867/SAISA del 25/01/2011, nel termine ordinario di 24 ore.

Per quanto concerne gli aspetti procedurali per l’esecuzione dei controlli connessi all’estensione della disponibilità del servizio per i soggetti AEO si fa rinvio a quanto disposto con apposita circolare in corso di adozione.

RIMBORSO IVA non residenti: il termine è perentorio

Il termine previsto per il rimborso IVA ai non residenti ha carattere perentorio. Lo ha deciso la Corte di giustizia UE con  sentenza C-294/11 del 21/06/2012.

Con questo principio è stata risolta la questione sollevata dalla Cassazione italiana in riferimento alla natura del termine entro il quale può essere chiesto il rimborso dell’IVA, fissato al 30 giugno dell’anno successivo ex art. 1, co. 2, DM 30/06/1982: per i massimi giudici italiani (Ordinanza 8690/2010) il termine previsto dalla legge avrebbe carattere ordinatorio e non perentorio, e per esigenze di certezza dei rapporti tributari, la relativa istanza resterebbe pertanto soggetta al maggior termine biennale di decadenza previsto, in via residuale, ex art. 21, co. 2, DLgs. n. 546/1992.

La Corte di giustizia UE, nella sentenza del 21/06/2012, ha invece stabilito che il termine entro cui presentare la richiesta di rimborso IVA sugli acquisti effettuati in uno Stato membro diverso dal paese in cui i soggetti passivi richiedenti sono stabiliti, ora al 30 settembre dell’anno successivo, ha natura di decadenza.

La controversia in materia nasce dal diniego del rimborso opposto dall’Agenzia Entrate – Centro operativo di Pescara che, dopo avere escluso l’applicabilità del termine biennale di decadenza per l’esercizio del diritto di detrazione (art. 19, co. 1, DPR 633/1972), ha precisato che i soggetti non residenti possono chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Italia entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile (RM 47/2000; RM 320966/1985), ora 30 settembre.

La decisione della Corte di Giustizia persegue l’obiettivo di armonizzazione dell’VIII Direttiva CEE: è infatti chiaro che il termine, se inteso come non decadenziale, contrasterebbe con lo scopo di armonizzazione sotteso alla citata normativa comunitaria, oltre che con il principio della certezza del diritto, per cui la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non può essere indefinitivamente rimessa in discussione (Corte di Giustizia, causa C-427/08 e cause riunite C-95/07 e C-96/07).

Infatti se il termine per la domanda di rimborso avesse natura meramente ordinatoria gli Stati membri avrebbero la facoltà di applicare la propria normativa in materia di prescrizione, che però non è armonizzata sul piano europeo, oppure di fare riferimento al termine del 30 giugno previsto dall’VIII Direttiva, con la possibilità di presentare validamente l’istanza di rimborso senza alcuna limitazione temporale, in spregio ai principi comunitari.
Si precisa che, a seguito dell’abrogazione dell’VIII Direttiva, la nuova Direttiva 2008/9/CE stabilisce espressamente che la richiesta di rimborso debba essere presentata “al più tardi entro il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento”.

La pronuncia della Corte UE produrrà effetti immediati sulle domande pendenti e sui contenziosi in corso.

CORTE UE: la consapevolezza dell’evasione fiscale impedisce detrazione IVA

Fonte: Eutekne.info

Data: 22/6/2012

Autore: V. Cristiano

Il contribuente a conoscenza o che avrebbe dovuto conoscere l’«inquinamento» documentale non ha diritto alla detrazione

Con la sentenza 21 giugno 2012, cause riunite C-80/11 e C-142/11, i giudici della Corte di Giustizia riconoscono al soggetto passivo la detrazione dell’IVA, poiché le eventuali irregolarità commesse sono addebitabili direttamente in capo all’emittente della fattura in “odore” di evasione. Specularmente, qualora il contribuente sia a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere l’asserito “inquinamento” documentale, ossia solo utilizzato per aggirare il pagamento delle imposte, non ha diritto al recupero dell’IVA mediante detrazione.

La controversia esaminata prende origine nel territorio ungherese, ove l’ordinamento giuridico impone ai soggetti passivi di dotarsi di tutte le misure necessarie per accertarsi della regolarità delle operazioni attraverso le quali si matura il credito IVA. In particolare, secondo l’articolo 35, paragrafo 1, lettera a), della Legge IVA ungherese, il diritto alla detrazione – salva contraria disposizione della legge relativa alle imposte – può essere esercitato solo se si dispone di documenti facenti fede che attestino l’importo dell’imposta a monte. La disposizione aggiunge che sono da considerare tali le fatture, le fatture semplificate e i documenti che sostituiscono le fatture, emessi a nome del soggetto passivo.

E ancora, l’articolo 44, paragrafo 5, della medesima Legge sull’IVA dispone che “l’emittente della fattura o della fattura semplificata è responsabile della veridicità dei dati che figurano nella fattura o nella fattura semplificata. I diritti in materia di imposizione del soggetto passivo che figuri come acquirente nel documento giustificativo non potranno essere messi in discussione ove questi abbia agito con la dovuta diligenza con riferimento al fatto generatore dell’imposta, considerate le circostanze della cessione di beni o della prestazione di servizi”.

In secondo luogo, i Giudici stabiliscono che è prerogativa delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto “è invocato fraudolentemente o abusivamente” (cfr., in tal senso, sentenze Fini H, cit., punti 33 e 34; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 55, nonché del 29 marzo 2012, Véleclair, C-414/10, punto 32).

Possibile disconoscere la detrazione solo per elementi oggettivi

Di conseguenza, è possibile disconoscere al soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione soltanto sulla base di elementi oggettivi: il soggetto passivo, al quale sono stati forniti i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere (partecipante all’evasione) che tale operazione si collocava all’interno di un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore a monte (cfr. sentenza Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 56). Specularmente, la mancata conoscenza o conoscibilità dell’operazione in odore di frode è elemento qualificante per il riconoscimento della detrazione dell’IVA. Infatti, conclude la Corte, “l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario” (cfr., fra tutte, sentenze dell’11 maggio 2006, Federation of Technological Industries e a., C-384/04, Racc. pag. I 4191, punto 32, nonché del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06, Racc. pag. I 771, punto 23).

Spetta infatti, in linea di principio, alle autorità fiscali effettuare i controlli necessari presso i soggetti passivi al fine di rilevare irregolarità ed evasioni in materia di IVA, nonché infliggere sanzioni al soggetto passivo che ha commesso dette irregolarità o evasioni.