IVA UE: su prestazioni per servizi forensi no a detrazione IVA

Fonte: Fisco Oggi

Data: 26/02/2013

Autore: M. Maiorino

Corte Ue, no a detrazione Iva su prestazioni per servizi forensi

La questione pregiudiziale verte sulla possibilità di far valere l’agevolazione sull’imposta versata a monte per gli onorari relativi a un procedimento penale

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, par. 2, lettera a), della sesta direttiva  n. 77/388/CEE. In base a detta disposizione normativa “nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a detrarre dall’imposta di cui è debitore: l’Iva dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite  e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo”.


L’origine della controversia
La questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra un contribuente tedesco e l’amministrazione finanziaria tedesca in merito al diritto alla detrazione dell’Iva versata a  monte da un contribuente sugli onorari forensi relativi a un procedimento penale, promosso nei suoi confronti nella sua qualità di amministratore e socio principale di una società a responsabilità limitata.

La fattispecie  e la questione pregiudiziale    
Il contribuente tedesco è un imprenditore individuale e socio di maggioranza di una società che effettua lavori edili soggetti a Iva; l’imprenditore risulta legato alla società da una convenzione di integrazione fiscale, così da essere considerato alla stregua di un unico soggetto passivo. In tal modo, il contribuente, in qualità di impresa integrante si assumeva gli obblighi di natura fiscale del gruppo di imprese di cui faceva parte la società.
In seguito alla esecuzione di un appalto di lavori aggiudicato in favore della società, veniva avviato un procedimento penale nei confronti dell’imprenditore, che, come impresa integrante della società edile, procedeva alla detrazione dell’Iva che gravava sulle fatture relative agli onorari corrisposti agli avvocati che avevano assunto la sua difesa. Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria tedesca riteneva che l’IVA in questione non fosse detraibile emettendo pertanto un avviso di rettifica nei confronti dell’imprenditore.
Quest’ultimo adiva la competente autorità giurisdizionale che sottoponeva alla Corte Ue la seguente questione pregiudiziale: se il nesso diretto e immediato assunto dalla giurisprudenza della Corte quale elemento determinante nell’interpretazione della nozione di “ai fini di sue operazioni soggette ad imposta” di cui all’articolo 17 della sesta direttiva debba essere individuato:

  • in base al contenuto oggettivo della prestazione acquistata dal soggetto passivo (nel caso in esame l’attività difensiva di un avvocato volta ad evitare che una persona fisica sia sottoposta a condanna penale);
  • in base ai motivi che hanno determinato l’acquisto della prestazione (nel caso in esame l’attività economica del soggetto passivo nell’ambito della quale sarebbe stato commesso un reato da parte di una persona fisica).

Le valutazioni della Corte
Il diritto a detrarre l’Iva che grava sull’acquisto di beni e servizi a monte presuppone che le spese compiute facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto alla detrazione.
Tuttavia, il diritto alla detrazione è ammessa anche a favore del soggetto passivo anche in mancanza di un  nesso diretto e immediato tra una operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto alla detrazione quando i costi dei servizi in questione fanno parte delle spese generali del suddetto passivo e, in quanto tali, sono elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce.
Quanto al criterio del nesso diretto, spetta ai giudici nazionali prendere in considerazione tutte le circostanze in presenza delle quali si sono svolte le operazioni da esaminare e tenere conto unicamente delle operazioni che sono oggettivamente connesse all’attività imponibile del soggetto passivo.
Con riferimento al caso di specie, in primo luogo, le prestazioni di servizi forensi erano volte direttamente ed immediatamente a tutelare gli interessi privati dei due imputati accusati di infrazioni riconducibili al loro comportamento personale.
Del resto, i procedimenti penali sono stati diretti unicamente contro gli imputati a titolo personale e non nei confronti della società, laddove sarebbe stato possibile intentare il procedimento anche contro detta società.
Il giudice ne trae la conclusione che le spese relative a tali prestazioni non possono essere considerate sostenute ai fini del complesso delle attività imponibili della società.
Inoltre, il giudice rileva che, nei limiti in cui le prestazioni non sarebbero state fornite dai due avvocati interessati se la società non avesse svolto un’attività che genera fatturato e pertanto imponibile, sussisterebbe un nesso causale tra le spese relative a tali prestazioni e il complesso dell’attività economica della società.
Tuttavia, tale nesso non può essere considerato come costitutivo di un nesso immediato e diretto. Non sussiste, infatti, un nesso giuridico tra i procedimenti penali e la società; da ciò deriva che  tali prestazioni devono essere considerate fornite interamente al di fuori delle attività imponibili della società.
Risulta inoltre irrilevante, ai fini della interpretazione e dell’applicazione delle disposizioni relative all’Iva la circostanza per la quale il diritto civile nazionale obbliga una impresa a sopportare le spese inerenti alla difesa, in ambito penale, degli interessi dei suoi organi.
Rileva unicamente la relazione oggettiva tra le prestazioni fornite e l’attività economica imponibile del soggetto passivo.

Le conclusioni della Corte     
Ne deriva che la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una determinata operazione e il complesso delle attività del soggetto passivo, per determinare se i beni  e i servizi siano stati usati da quest’ultimo ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, di cui all’articolo 17 della sesta direttiva, dipende dal contenuto oggettivo del bene  o del servizio acquistato dal soggetto passivo stesso. Le prestazioni di servizi forensi, volte a evitare sanzioni penali nei confronti delle persone fisiche, amministratori di una impresa soggetta ad imposta, non conferiscono all’impresa il diritto di portare in detrazione, come imposta  a  monte, l’Iva dovuta sulle prestazioni fornite.

IVA: operazioni internazionali e IVA per cassa

L’Agenzia Entrate ha emanato la CM 1/E/2013, contenente chiarimenti interpretativi e risposte a quesiti posti dalla stampa specializzata. Si riporta la risposta 3.4, in merito al regime dell’IVA per cassa ed al rapporto con le operazioni internazionali.

3.4 Iva per cassa e operazioni internazionali
Domanda
Secondo la CM 44/E/2012, dal regime di cassa sono escluse anche le cessioni all’esportazione e intracomunitarie, le operazioni assimilate, le prestazioni di servizi internazionali. Posto che, trattandosi di operazioni non imponibili, la questione dell’esigibilità dell’Iva neppure si pone, si chiede se, affermando l’esclusione, la circolare abbia inteso salvaguardare l’ordinario criterio per la detrazione dell’Iva sugli acquisti afferenti tali operazioni. Inoltre, poiché, secondo la stessa circolare, per evitare che, in presenza di operazioni attive escluse dal regime di cassa, anche la detrazione degli acquisti afferenti tali operazioni sia differita al momento del pagamento, è necessario che il contribuente adotti la contabilità separata, si chiede conferma che, nell’ambito del regime di cassa, la separazione contabile riguardi, da un lato, le operazioni attive/passive rientranti nel regime particolare e, dall’altro, quelle escluse, indipendentemente dal fatto che si possano configurare o meno due distinte attività.

Risposta

La relazione tecnica al DM 11 ottobre 2012 chiarisce che, previa separazione dell’attività, ex art.36 DPR 633/1972, il regime dell’IVA per cassa può essere adottato per le operazioni effettuate in applicazione delle regole ordinarie dell’IVA, anche da soggetti che applicano sia regimi speciali IVA sia il regime ordinario.

Al riguardo si ricorda che, diversamente da quanto previsto ex art. 7 DL 185/2008, il regime dell’IVA per cassa ex art. 32-bis DL 83/2012 si riferisce non alle singole operazioni, ma all’attività nel suo complesso, cioè all’ insieme delle operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente. Di conseguenza, il differimento della detrazione dell’IVA al momento del pagamento del prezzo opera con riferimento a tutti gli acquisti, e cioè anche per quelli relativi ad operazioni attive escluse dall’IVA per cassa, a meno che queste ultime e i relativi acquisti costituiscano, ex art 36 DPR 633/1972, attività separate.

Non è pertanto, possibile gestire separatamente le operazioni attive/passive escluse dal regime IVA per cassa, qualora queste non possano configurare una attività separata ex art. 36. 

In definitiva, non è sufficiente una contabilità separata, occorre che si tratti proprio di attività separate.

INTRA UE: cessione stampi condizioni di non imponibilità

Fonte: Fisco Oggi

Data: 13/02/2013

Autore: E. Marvulli

La costruzione di stampi è operazione accessoria alla cessione intracomunitaria soltanto se il prodotto non è riutilizzabile o emigra all’estero insieme ai contrappesi per il quale è stato realizzato.

I corrispettivi per la costruzione di stampi da utilizzare per la produzione di beni destinati a essere ceduti a un operatore non residente sono fatturati in regime di non imponibilità Iva a condizione che lo stampo, a fine lavorazione, sia inviato nell’altro Paese comunitario oppure sia distrutto o risulti inutilizzabile. Se permangono dubbi circa l’inservibilità dello stampo-madre, i corrispettivi connessi alla produzione devono essere considerati imponibili ai fini Iva.
Questo il principio enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza 1664 del 24 gennaio.

La vicenda processuale
Il caso in esame trae origine dal ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate per omessa fatturazione, ai fini Iva, di operazioni imponibili.
I corrispettivi ripresi a tassazione costituivano contributi per la produzione da parte dell’impresa di uno stampo-madre finalizzato alla produzione di contrappesi in cemento per lavatrici, progettati e realizzati in funzione delle specifiche direttive del committente non residente.
Tali corrispettivi, previsti su base contrattuale, erano corrisposti dal committente-cliente all’impresa italiana a titolo di acconto sul prezzo della cessione dei contrappesi e da questi fatturati in regime di non imponibilità quali servizi accessori alla cessione intracomunitaria di beni.

La Commissione tributaria provinciale, considerando i corrispettivi inerenti la produzione dello stampo come operazioni imponibili Iva, respingeva il ricorso del contribuente.
La Ctr, in accoglimento dell’appello proposto dalla società, dichiarava illegittimo l’avviso di accertamento motivando la sentenza sul presupposto che, risultando gli stampi inservibili una volta ultimata la produzione, i corrispettivi legati alla loro produzione costituivano operazioni non imponibili perché accessorie alla cessione di beni.

Avverso la sentenza dei giudici d’appello, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso dinanzi ai giudici della Suprema corte, denunciando violazione di legge nonché omessa o insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia, non essendo stata fornita dai giudici di merito la prova che gli stampi fossero stati distrutti o resi inservibili a fine produzione da parte dell’operatore nazionale.
Ritenendo fondati i motivi di doglianza dell’ufficio finanziario, la Cassazione ha accolto il ricorso con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale.

La decisione
La pronuncia in commento attiene il particolare trattamento, ai fini Iva, riservato alle attività connesse alla produzione e al conseguente utilizzo degli stampi industriali.

Nel caso di specie, una società italiana riceveva commesse da operatori non residenti per la fornitura di particolari prodotti, a fronte delle quali era necessario produrre ogni volta uno stampo-madre in funzione delle specifiche esigenze del cliente.
Come dichiarato in atti dalla stessa impresa soccombente, l’ordine comportava di prassi la predisposizione dello stampo, che in nessun caso era ceduto al cliente.
Il cliente straniero, a sua volta, era tenuto a corrispondere un contributo alla società italiana, da considerarsi quale acconto sul prezzo globale della cessione.

Trattandosi di operazioni connesse alla cessione di beni a soggetto non residente, tale acconto era fatturato ai fini Iva come operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993 (nel caso di cessione intracomunitaria) oppure dell’articolo 8, comma 1, lettera a), Dpr 633/1972 (nel caso di cessione all’esportazione).
La questione verte in particolare sul trattamento fiscale dei corrispettivi in conto anticipo ricevuti dal soggetto passivo italiano a fronte della realizzazione degli stampi necessari alla produzione e alla successiva cessione dei beni.

Sul punto, i giudici di legittimità hanno affermato che il prezzo per la costruzione di stampi, i cui relativi beni sono ceduti in un altro stato membro della Ue, sono assoggettati al regime di non imponibilità ex articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993, unicamente a condizione che “lo stampo, a fine lavorazione, sia inviato nell’altro paese comunitario oppure sia distrutto o risulti inservibile a fine produzione”.
Soltanto in questo caso la lavorazione dello stampo può essere considerata come operazione accessoria alla cessione intracomunitaria dei beni e, in quanto tale, non assumere un’autonoma configurazione giuridica ai fini della fatturazione (e della compilazione degli elenchi Intrastat).

Occorre precisare che la questione era già stata esaminata dalla stessa Amministrazione finanziaria con le CM13/E/1994 e CM 43/E/2010, a cui la pronuncia in commento si confà del tutto.
Nei richiamati documenti di prassi si ricava il principio per cui, affinché la lavorazione dello stampo possa considerarsi come accessoria alla cessione dei beni, è necessario che “tra il committente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto di appalto avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono e che lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro paese comunitario a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile”.

Nel caso in esame, il regime di non imponibilità non poteva essere applicato alle operazioni perché né la società né tantomeno i giudici del secondo grado di merito avevano adeguatamente motivato in ordine “alla inservibilità dello stampo-madre successivamente alla produzione del contrappeso, non potendo essere escluso a priori, in mancanza di prova evidente, che lo stampo potesse essere conservato dalla società e nuovamente utilizzato ove per ipotesi il cliente avesse ordinato un’altra partita di contrappesi”.
Alla luce di tale orientamento, solo in presenza di tali puntuali condizioni, il soggetto passivo nazionale è legittimato a emettere fattura non imponibile (ex articolo 41, Dl 331/1993); in caso contrario, le operazioni devono essere considerate imponibili ai fini Iva.