INTRA UE: cessione a soggetto UE cessato imponibile

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La cessione a soggetto UE cessato (e senza prova del trasferimento) è imponibile IVA. Per non perdere la non imponibilità il cedente nazionale deve provare lo status di soggetto passivo del cessionario e il trasferimento del bene (Sentenza n. 1577/5/2016 CTR Firenze).

Perde il regime di non imponibilità la cessione intra UE in cui:

  • sulla fattura sia stato indicato il codice VIES di un soggetto UE cessato prima dell’emissione della fattura,
  • manchi inoltre anche la prova dell’effettivo trasferimento del bene da uno Stato membro all’altro.

E’ obbligatorio indicare in fattura la partita IVA del cessionario UE ex art. 46, co.2 DL 331/1993?

Secondo la giurisprudenza UE vale il principio per cui se la presenza del codice identificativo IVA del cessionario UE fornisce la prova dello status di soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA e agevola il controllo tributario delle operazioni intra UE, tuttavia si tratta di un requisito formale, che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intra UE (v. causa C-273/11, e C-587/10).

Secondo la giurisprudenza italiana:

  • la Cassazione:
    • con sentenza n. 12455/2007, aveva stabilito che l’omessa o errata indicazione del codice IVA del cessionario UE non esclude di per sé la non imponibilità: l’irregolarità formale della fattura può essere sanzionata, ma operazioni per loro natura non imponibili restano non imponibili anche in presenza di irregolarità formale (V. anche Cassazione n. 26466/2014 e 19368/2015).
    • Diversamente, però, la Cassazione n. 5632/2015 ha stabilito che, per la non imponibilità IVA, non basta che gli esercenti imprese, arti e professioni indichino tale numero nella documentazione sullo scambio intra UE, ma occorre anche che il cedente soggetto attivo dello scambio controlli al VIES la validità attuale del numero d’identificazione del cessionario; in assenza di tali adempimenti, legittimamente l’Ufficio finanziario può ritenere che lo scambio abbia carattere nazionale e procedere al recupero dell’IVA.
  • Con la sentenza n. 1577/5/2016 CTR Firenze, i giudici hanno stabilito che, in riferimento al requisito soggettivo, è pur sempre necessario che l’operatore nazionale sia in grado di fornire indicazioni idonee a dimostrare che la controparte non residente sia un soggetto passivo: senza tale dimostrazione, infatti, la violazione dell’obbligo di indicazione del codice identificativo del soggetto UE assume uno specifico rilievo ai fini del diniego del regime di non imponibilità applicato alla cessione, in quanto impedisce di provare uno dei requisiti sostanziali dell’operazione, la soggettività passivo IVA del cessionario. Nel caso di specie, in effetti, il cedente nazionale aveva indicato in fattura un codice identificativo IVA relativo a un soggetto UE che era risultato cessato e non aveva fornito alcuna ulteriore indicazione circa la sussistenza dello status di soggetto passivo di tale cessionario estero. Inoltre e sopratutto il cedente non aveva offerto alcuna prova del requisito oggettivo (effettivo trasferimento dei beni dall’Italia ai Paesi di destinazione). In proposito, l’Agenzia Entrate , in riferimento alla prova della cessione intracomunitaria ha emesso diversi documenti (RM 345/E/2007, 477/E/2008, 123/E/2009, 19/E/2013, 71/E/2014) che si occupano dei casi in cui non è possibile esibire il documento di trasporto, ed invece sono ammissibili altri mezzi di prova idonei, quale un insieme di documenti da cui si ricavi, con sufficiente evidenza, che il bene sia stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente.

 

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