E-BOOK “OPERAZIONI INTERNAZIONALI”: online la versione 1.07

E’ online sul sito del Commercialista Telematico l’e-book dello Studio Giardini “OPERAZIONI INTERNAZIONALI” versione 1.07, aggiornato al 20/3/2012.

L’e-book è diviso in 12 capitoli per 400 pagine, rispetto alla prima versione di 10 capitoli e 242 pagine

Il prezzo dell’e-book è di 30,25 euro IVA inclusa 

Tante le novità e gli aggiornamenti effettuati alle ultime modifiche legislative e di prassi, in particolare alla Legge Comunitaria 2010 (sulle prestazioni di servizi, il momento di effettuazione) e alle recenti modifiche in tema di depositi IVA (obbligo di garanzia ecc.).

L’intero e-book risulta comunque aggiornato e le novità coordinate tra loro nei vari capitoli, per vedere l’indice e la presentazione e per effettuare l’acquisto si rinvia ai seguenti links:

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CONSIGNMENT STOCK: fattura all’atto del prelievo dei beni dal deposito

Assonime, con l’approfondimento n. 2/2012, si occupa del trattamento IVA dell’invio dei beni in altro Stato UE a titolo non traslativo della proprietà, con riguardo all’individuazione del momento di effettuazione dell’operazione, ed al conseguente obbligo di fatturazione.

E’  molto diffusa tra gli operatori che hanno rapporti commerciali con soggetti passivi stabiliti in altri Stati UE, la pratica di  trasferire i beni dall’Italia verso l’altro Paese UE, presso il deposito di un soggetto terzo, e successivamente commercializzare i beni stessi a favore di clienti stabiliti nel predetto Paese UE.

Con CM 13/E/1994 l’Agenzia ha chiarito che gli invii di beni in altro Stato UE da parte di un soggetto passivo italiano, per esigenze della sua impresa (c.d. cessioni “a se stessi”), ai fini IVA costituiscono operazioni assimilate alle cessioni intra UE non imponibili, ex art. 41, co.2, lett. c), DL 331/93, con conseguente obbligo di porre in essere tutti gli adempimenti conseguenti, tra i quali tuttavia,  non sono previste regole specifiche per l’individuazione del momento di emissione della fattura, ma si rinvia alle disposizioni generali ex DPR 633/1972 (art. 56 DL 331/1993).

Assonime sostiene che la fattura relativa a tali cessioni intra UE assimilate, deve essere emessa al momento di effettuazione dell’operazione, ex art. 6 DPR 633/1972  (nel DL 331/1993 manca una disciplina, per le cessioni intra UE di beni, anche in relazione al momento di effettuazione dell’operazione).

In caso quindi di invio di beni in altro Stato UE a titolo non traslativo della proprietà, l’obbligo di emissione della fattura sorge all’atto della consegna o spedizione dei beni, secondo il principio generale ex art. 6 DPR 633/1972 per le cessioni di beni mobili.

In deroga a tale regola generale è il caso di invio di beni in altro Stato UE in esecuzione di contratti di consignment stock, fattispecie che prevede:

  • l’invio di beni all’acquirente UE presso un deposito, suo o di terzi, a cui abbia accesso esclusivo l’acquirente stesso;
  • l’acquirente preleva i beni dal deposito in funzione delle sue esigenze, e solo in tale momento si realizza il trasferimento della proprietà dei beni.

In relazione al contratto di consignment stock, l’Agenzia (RM 235/E/1996) ha ritenuto che il momento di effettuazione dell’operazione, ex art. 6 DPR 633/1972, non si realizza al momento dell’invio ma solo all’atto del successivo prelievo dei beni stessi da parte dell’acquirente, in funzione dei bisogni dell’impresa: lo stesso vale infatti anche nel caso speculare di invio di beni da altro Paese UE in Italia (RM 44/E/2000).

Quindi in caso di consignment stock, il cedente nazionale deve emettere la fattura di cessione intra UE, ex art. 41 DL 331/1993, solo all’atto del prelievo dei beni dal deposito da parte dell’acquirente, in quanto solo in tale momento l’operazione si considera effettuata, ex art. 6 DPR 633/1972 (fermo restando il limite di un anno, ex art. 6, a partire dalla consegna dei beni).

DEPOSITI IVA: nota Agenzia Dogane su esonero garanzia

L’Agenzia delle Dogane, con la nota prot. 148047/RU del 01/02/2012, ha fornito ulteriori indicazioni sulle procedure da seguire per l’esonero dal prestare la garanzia in materia di depositi IVA (art. 50 bis DL 331/1993), ad integrazione di quanto già precisato con nota prot. 127293/RU del 04/11/2011.

Come è ormai noto, il DL 70/2011, modificando l’art. 50 bis DL 331/1993, ha stabilito che per le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari, destinati ad essere introdotti in un deposito IVA, è necessario prestare una garanzia commisurata all’imposta, disponendo anche i casi di esonero: non sono infatti tenuti all’obbligo i titolari di certificazione attestante lo status di operatore economico autorizzato (AEO – Authorized Economic Operator) e i soggetti titolari dell’esonero dal prestare garanzia ex art.90 DPR 43/1973 (TULD), esonero semplificato per le garanzie dedicate esclusivamente ai depositi.

L’Agenzia delle Dogane ha illustrato i seguenti chiarimenti:

  • soggetti non residenti: per i soggetti non residenti, ai fini del rilascio dell’esonero, è prevista la presentazione della documentazione richiesta di norma dall’Agenzia delle Entrate per l’attribuzione della p.IVA ex art.35 ter DPR 633/1972 (certificato originale CCIA del Paese estero + copia del doc.identità firmatario richiesta); l’istanza va presentata all’Ufficio presso il quale vengono prevalentemente effettuate le operazioni di immissione in libera pratica, e va anche indicato il codice EORI se posseduto;
  • operazioni presso diverse dogane: l’esonero può essere usato per operazioni verso altri Uffici delle Dogane senza deroga all’importo massimo di garanzia concesso dall’Ufficio presso cui viene presentata l’istanza ;
  • superamento dell’esonero: se il limite massimo dell’IVA sulle importazioni effettuate nell’anno precedente, ovvero sulle immissioni in libera pratica di beni introdotti a deposito IVA, venga superato nel corso dell’anno, il soggetto è tenuto a prestare cauzione, a meno che non richieda la certificazione AEO;
  • semplificazioni: a seguito delle recenti modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2012 al DPR 445/2000 l’operatore non è più tenuto a presentare il certificato di assenza di carichi pendenti, è sufficiente un’autocertificazione, mentre gli Uffici delle Dogane provvederanno ad effettuare controlli a campione sulla veridicità delle autocertificazioni presentate.


IVA su import, IVA su operazioni interne: due modalità applicative

Fonte: Eutekne.info

Data: 09/11/2011

Autore: M. Peirolo e S. Armella

La RM 103/E del 28 ottobre 2011, pur riguardando la modalità di applicazione dell’IVA sul valore dell’accisa in caso di importazione di carbone fossile utilizzato per produrre energia elettrica, è utile per confermare la posizione sostenuta da una parte della giurisprudenza di merito – smentita, però, dalla Suprema Corte – in merito all’illegittimità della duplicazione d’imposta per i beni già tassati a seguito di estrazione dal deposito IVA.

Si tratta dell’orientamento, sostenuto dai giudici di merito, che esclude il recupero dell’IVA all’importazione – operato dall’ufficio delle Dogane – per i beni introdotti soltanto virtualmente nel deposito. La pretesa dell’ufficio è illegittima in quanto vìola il divieto di doppia imposizione, dato che l’imposta è già stata assolta, all’atto dell’estrazione dal deposito, attraverso autofatturazione ex art. 50-bis, co. 6, DL 331/1993.

In pratica, con un approccio che dà prevalenza alla sostanza sulla forma, si afferma che l’autofatturazione equivale, in termini di IVA dovuta, all’imposta che l’importatore avrebbe pagato in Dogana se i beni, per effetto dell’introduzione in Italia, non fossero stati vincolati al regime sospensivo previsto per i depositi IVA. La forma passa in secondo piano, siccome l’irregolare gestione del deposito, che si è concretizzata con la mera “presa in carico” dei beni nell’apposito registro tenuto dal depositario, senza la loro materiale introduzione nel deposito non può – di per sé – legittimare un nuovo obbligo impositivo.

La contraria posizione espressa da un’altra parte della giurisprudenza di merito, avallata dalla Cassazione (v. sentenze nn. 12262, 12263 e 12272/2010), oltre a comportare il pagamento ex post dell’IVA dovuta sulle importazioni già poste in essere, implica che l’importatore resti soggetto all’azione dell’Amministrazione finanziaria per una violazione commessa dal titolare del deposito; inoltre, l’IVA assolta sull’importazione non può essere detratta se è decaduto il relativo diritto, posto che il termine iniziale decorre dall’accettazione della dichiarazione in dogana (v. RM 228/E/2007).

I giudici di legittimità escludono che si verifichi una duplicazione d’imposta, “non potendo l’avvenuto assolvimento, mediante autofattura, dell’IVA interna, compensare il mancato pagamento dell’IVA all’importazione”, trattandosi di due tributi distinti.
Questa impostazione, innanzitutto, vìola il principio di neutralità dell’IVA, tutelato dalla stessa giurisprudenza comunitaria (cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade), ogniqualvolta l’importatore resti definitivamente inciso dal pagamento dell’imposta, non potendo più esercitare la detrazione.

IVA all’importazione e IVA interna non dovrebbero essere tributi distinti.

In ogni caso, è lecito dubitare che l’IVA all’importazione sia un tributo distinto e autonomo rispetto all’IVA interna, essendo incontestabile che l’essenza economica dell’imposta assolta in Dogana sui beni di provenienza extracomunitaria sia quella propria del tributo sul valore aggiunto che colpisce le operazioni realizzate all’interno del territorio nazionale; in sostanza, il meccanismo applicativo dell’imposta diverge, ma l’IVA all’importazione e l’IVA interna si fondano sul medesimo presupposto sostanziale.

A conferma di questa conclusione, si richiama la RM 103/E/2011, nella parte in cui precisa che, “al fine di consentire il pagamento dell’IVA sul valore dell’accisa dovuta in relazione ai quantitativi di carbone fossile importato e utilizzato nella propria impresa dallo stesso soggetto importatore, appare legittima l’emissione di un documento, anche sotto forma di autofattura, che costituisca integrazione dell’originaria bolletta doganale”.

Se dunque, per l’Amministrazione finanziaria, l’IVA dovuta sui beni importati può essere validamente assolta con l’autofatturazione, risulta contraddetta la posizione della Cassazione, che non considera rilevante il meccanismo del reverse charge per pagare l’IVA all’importazione.
Di conseguenza, in caso di deposito “virtuale”, l’IVA pagata mediante autofattura esclude che, sugli stessi beni, possa essere richiesta anche l’IVA originariamente non versata in Dogana all’atto dell’importazione.