CORTE UE: quando sono esenti IVA le prestazioni mediche estetiche

La Corte di Giustizia UE, con sentenza 21 marzo 2013, causa C-91/12, ha stabilito che nell’ambito delle cure mediche (art. 132, lett. b) direttiva IVA) e delle prestazioni mediche (art. 132, lett. c) direttiva IVA) rientrano prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, se possibile, di guarire malattie o problemi di salute.
Al riguardo, sebbene le “cure mediche” e le “prestazioni mediche [alla persona]” debbano avere uno scopo terapeutico, non ne consegue necessariamente che la finalità terapeutica di una prestazione debba essere tuttavia intesa in un’accezione particolarmente rigorosa.
Sono quindi esenti ex art. 132, lett. b) e c) della direttiva IVA, solo quelle prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Le prestazioni di servizi consistenti in operazioni di chirurgia estetica e in trattamenti di carattere estetico sono quindi esenti IVA, solo se tali prestazioni hanno lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Secondo la Corte, inoltre, “le semplici convinzioni soggettive che sorgono nella mente della persona che si sottopone a un intervento di carattere estetico non sono, di per sé, determinanti ai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia scopo terapeutico”. Tale valutazione, poiché presenta carattere medico, deve basarsi su constatazioni effettuate da personale qualificato.

Morale: l’intervento di tipo cosmetico, fine a se stesso (senza scopo terapeutico), non rientra tra quelli esenti e di conseguenza paga l’IVA.

In Italia le prestazioni mediche devono essere valutate in relazione alla loro natura, a nulla incidendo la forma giuridica rivestita dal soggetto che le rende (RM 119/E/2003 ; RM 167/E/2003; Cass. 21703/2010).

CORTE UE: esenzione IVA solo per navigazione in alto mare

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Verrengia

Data: 22/03/2013

Corte Ue: ok a esenzione Iva ma deve navigare “in alto mare”

Secondo i giudici comunitari il requisito non è astratto ed è vincolante in relazione a quelle operazioni inerenti mezzi che trasportano passeggeri e imbarcazioni mercantili

La Corte di giustizia ha dichiarato che la Francia è venuta meno agli obblighi su di essa incombenti, ai sensi della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune Iva, poiché non ha subordinato al requisito della navigazione “in alto mare” l’esenzione da IVA per le operazioni inerenti navi che trasportano passeggeri ed imbarcazioni mercantili.

La diffida della Commissione europea
I fatti originavano da una lettera di diffida, con cui la Commissione UE contestava alla Francia l’incompatibilità della normativa Iva francese con la direttiva UE di riferimento, in quanto prevedeva l’esenzione da IVA sulle operazioni di “consegna, riparazione, trasformazione, manutenzione, noleggio e leasing” per le seguenti tipologie di imbarcazioni:

  • navi che esercitano il commercio marittimo;
  • barche utilizzate per lo svolgimento di un’attività industriale in alto mare;
  • navi che praticano la pesca commerciale in mare e barche che praticano operazioni di assistenza e salvataggio in mare.

In particolare, l’Organo europeo contestava l’assenza del requisito della navigazione “in alto mare”, per quanto riguardava le navi mercantili e le navi che trasportano passeggeri a pagamento. Infatti, l’articolo 148 della direttiva è chiaro nell’esentare dall’applicazione dell’IVA, fra l’altro, le cessioni di beni destinati al rifornimento ed al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare, riferendosi, poi, anche alle navi adibite al trasporto passeggeri ed a quelle commerciali.

Le ragioni della Francia
Lo Stato francese, dal canto suo, riteneva che la nozione di navigazione “in alto mare” fosse troppo restrittiva e, comunque, astratta.
In ogni caso, a seguito di un’ulteriore lettera di diffida, la Francia faceva presente che, a decorrere dal 10 gennaio 2011, il codice generale delle imposte francese contenesse oramai la dizione “navi commerciali adibite alla navigazione in alto mare” e che, quindi, l’eccezione avesse perso il requisito dell’attualità.
Successivamente, poiché la censura era stata, in ogni caso, disattesa da parte dello Stato francese, la Commissione riteneva di adire la Corte di giustizia.

Le motivazioni della sentenza
Gli eurogiudici censurano, conformemente alle doglianze espresse dalla Commissione europea, la legislazione Iva francese, nella versione vigente ratione temporis.
A giudizio della Corte, infatti, lo Stato francese si era reso pacificamente inadempiente rispetto alla direttiva Iva, nella misura in cui non aveva disposto che l’esenzione Iva per le cessioni inerenti navi commerciali e traghetti si applicasse soltanto in caso di navigazione “in alto mare”.
Né, in qualche misura, poteva sostenere le ragioni della Francia sulla conformità alla normativa europea la circostanza che la prassi nazionale (circolare amministrativa n. 168 del 22/10/2003 e n. 15 del 24/01/2005) richiedesse per le navi mercantili, al fine di poter beneficiare dell’esenzione, tre requisiti cumulativi: l’iscrizione su un registro ufficiale francese o straniero, la presenza a bordo di un equipaggio permanente e lo svolgimento di un “business”.
Vi erano, difatti, vari esempi, citati dalla Commissione, che avrebbero garantito l’esenzione Iva per la legge francese, in antitesi però con le indicazioni desumibili dalla normativa comunitaria.
Si trattava di ipotesi concernenti le navi commerciali che effettuano attività di cabotaggio, oppure le medesime tipologie di imbarcazioni che effettuano il trasporto di persone (le cosiddette “barche navette” che garantiscono il trasporto fra città costiere vicine), o, ancora, gli yacht che esercitano attività commerciali ma che comunque rimangono nella prossimità della costa oppure che sono utilizzati come “residenza” nelle località balneari.

Le conclusioni della Corte di giustizia
Indi, le censure avanzate dalla Commissione Europea alla legislazione Iva francese sono state accolte dai togati comunitari. Anzitutto perchè, secondo l’orientamente consolidato della Corte, le esenzioni vanno interpretate restrittivamente, nel senso previsto dalla normativa comunitaria.
Inoltre, la Francia, secondo il parere dei degli eurogiudici, non fornisce alcuna garanzia in ordine alla circostanza che le esenzioni vengano applicate in situazioni conformi a quelle previste dalla direttiva Iva.
Alla Corte di giustizia, dunque, non resta che accogliere le doglianze della Commissione europea, convergendo sugli argomenti emersi a favore della distorsione del sistema delle esenzioni Iva da parte della legislazione francese.

Fonte: sentenza Corte di Giustizia UE, 21 marzo 2013, causa C-197/2012

IVA UE: su prestazioni per servizi forensi no a detrazione IVA

Fonte: Fisco Oggi

Data: 26/02/2013

Autore: M. Maiorino

Corte Ue, no a detrazione Iva su prestazioni per servizi forensi

La questione pregiudiziale verte sulla possibilità di far valere l’agevolazione sull’imposta versata a monte per gli onorari relativi a un procedimento penale

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, par. 2, lettera a), della sesta direttiva  n. 77/388/CEE. In base a detta disposizione normativa “nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a detrarre dall’imposta di cui è debitore: l’Iva dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite  e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo”.


L’origine della controversia
La questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra un contribuente tedesco e l’amministrazione finanziaria tedesca in merito al diritto alla detrazione dell’Iva versata a  monte da un contribuente sugli onorari forensi relativi a un procedimento penale, promosso nei suoi confronti nella sua qualità di amministratore e socio principale di una società a responsabilità limitata.

La fattispecie  e la questione pregiudiziale    
Il contribuente tedesco è un imprenditore individuale e socio di maggioranza di una società che effettua lavori edili soggetti a Iva; l’imprenditore risulta legato alla società da una convenzione di integrazione fiscale, così da essere considerato alla stregua di un unico soggetto passivo. In tal modo, il contribuente, in qualità di impresa integrante si assumeva gli obblighi di natura fiscale del gruppo di imprese di cui faceva parte la società.
In seguito alla esecuzione di un appalto di lavori aggiudicato in favore della società, veniva avviato un procedimento penale nei confronti dell’imprenditore, che, come impresa integrante della società edile, procedeva alla detrazione dell’Iva che gravava sulle fatture relative agli onorari corrisposti agli avvocati che avevano assunto la sua difesa. Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria tedesca riteneva che l’IVA in questione non fosse detraibile emettendo pertanto un avviso di rettifica nei confronti dell’imprenditore.
Quest’ultimo adiva la competente autorità giurisdizionale che sottoponeva alla Corte Ue la seguente questione pregiudiziale: se il nesso diretto e immediato assunto dalla giurisprudenza della Corte quale elemento determinante nell’interpretazione della nozione di “ai fini di sue operazioni soggette ad imposta” di cui all’articolo 17 della sesta direttiva debba essere individuato:

  • in base al contenuto oggettivo della prestazione acquistata dal soggetto passivo (nel caso in esame l’attività difensiva di un avvocato volta ad evitare che una persona fisica sia sottoposta a condanna penale);
  • in base ai motivi che hanno determinato l’acquisto della prestazione (nel caso in esame l’attività economica del soggetto passivo nell’ambito della quale sarebbe stato commesso un reato da parte di una persona fisica).

Le valutazioni della Corte
Il diritto a detrarre l’Iva che grava sull’acquisto di beni e servizi a monte presuppone che le spese compiute facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto alla detrazione.
Tuttavia, il diritto alla detrazione è ammessa anche a favore del soggetto passivo anche in mancanza di un  nesso diretto e immediato tra una operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto alla detrazione quando i costi dei servizi in questione fanno parte delle spese generali del suddetto passivo e, in quanto tali, sono elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce.
Quanto al criterio del nesso diretto, spetta ai giudici nazionali prendere in considerazione tutte le circostanze in presenza delle quali si sono svolte le operazioni da esaminare e tenere conto unicamente delle operazioni che sono oggettivamente connesse all’attività imponibile del soggetto passivo.
Con riferimento al caso di specie, in primo luogo, le prestazioni di servizi forensi erano volte direttamente ed immediatamente a tutelare gli interessi privati dei due imputati accusati di infrazioni riconducibili al loro comportamento personale.
Del resto, i procedimenti penali sono stati diretti unicamente contro gli imputati a titolo personale e non nei confronti della società, laddove sarebbe stato possibile intentare il procedimento anche contro detta società.
Il giudice ne trae la conclusione che le spese relative a tali prestazioni non possono essere considerate sostenute ai fini del complesso delle attività imponibili della società.
Inoltre, il giudice rileva che, nei limiti in cui le prestazioni non sarebbero state fornite dai due avvocati interessati se la società non avesse svolto un’attività che genera fatturato e pertanto imponibile, sussisterebbe un nesso causale tra le spese relative a tali prestazioni e il complesso dell’attività economica della società.
Tuttavia, tale nesso non può essere considerato come costitutivo di un nesso immediato e diretto. Non sussiste, infatti, un nesso giuridico tra i procedimenti penali e la società; da ciò deriva che  tali prestazioni devono essere considerate fornite interamente al di fuori delle attività imponibili della società.
Risulta inoltre irrilevante, ai fini della interpretazione e dell’applicazione delle disposizioni relative all’Iva la circostanza per la quale il diritto civile nazionale obbliga una impresa a sopportare le spese inerenti alla difesa, in ambito penale, degli interessi dei suoi organi.
Rileva unicamente la relazione oggettiva tra le prestazioni fornite e l’attività economica imponibile del soggetto passivo.

Le conclusioni della Corte     
Ne deriva che la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una determinata operazione e il complesso delle attività del soggetto passivo, per determinare se i beni  e i servizi siano stati usati da quest’ultimo ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, di cui all’articolo 17 della sesta direttiva, dipende dal contenuto oggettivo del bene  o del servizio acquistato dal soggetto passivo stesso. Le prestazioni di servizi forensi, volte a evitare sanzioni penali nei confronti delle persone fisiche, amministratori di una impresa soggetta ad imposta, non conferiscono all’impresa il diritto di portare in detrazione, come imposta  a  monte, l’Iva dovuta sulle prestazioni fornite.

IVA: stabile organizzazione inattiva può chiedere il rimborso

Fonte: Corte Giustizia UE

Data: 26/10/2012

La Corte di giustizia UE interviene con sentenza del 25/10/2012 sulle cause riunite C-318/11 e C-319/11, sul rimborso IVA verso soggetti passivi non stabiliti all’interno del paese, nello specifico di un soggetto stabilito in uno Stato membro ed esercente in un altro Stato membro unicamente attività di prove tecniche o di ricerca.

La sentenza: un soggetto passivo IVA, stabilito in uno Stato membro UE e che svolga, in un altro Stato membro UE, unicamente prove tecniche o attività di ricerca, e non operazioni imponibili, non dispone, in tale altro Stato membro, di una stabile organizzazione o di un “centro di attività stabile dal quale sono svolte le operazioni”, come definite ex art.1 VIII Direttiva e ex art. 3, lett. a), Direttiva 2008/9/CE).

La stabile organizzazione “inattiva” non osta quindi al rimborso dell’IVA versata a monte, nel territorio dello stato UE in cui il soggetto estero ha acquistato beni e servizi .