DOGANA: il furto delle merci non esclude l’obbligazione doganale

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Maiorino

Data: 12/07/2013

Il caso esaminato dagli eurogiudici riguarda la sottrazione di alcuni prodotti, vincolati a un regime sospensivo, e l’esigibilità dell’imposta all’importazione

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla interpretazione dell’articolo 206 del codice doganale comunitario ed è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra l’amministrazione finanziaria francese ed una società in relazione al pagamento dei dazi doganali.

Il protagonista della controversia
In seguito a un furto, nel corso del quale sono stati rubati alcuni articoli detenuti in regime di deposito doganale, l’Amministrazione doganale ha richiesto il pagamento dei dazi doganali applicabili a tali merci.
Il contribuente proponeva ricorso contro l’avviso di pagamento; la controversia è approdata dinanzi alla Corte di Cassazione francese in seguito al ricorso presentato dalla Amministrazione doganale nei confronti del contribuente risultato vittorioso nel precedente grado di giudizio.
La Corte francese ha pertanto sollevato una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte UE, chiedendo di conoscere se l’articolo 206 del codice doganale deve essere interpretato nel senso che il furto di una merce sottoposta al regime di deposito doganale verificatosi nel caso di specie costituisce una perdita irrimediabile della merce ed una causa di forza maggiore, con la conseguenza che in tale ipotesi, si ritiene che non sia sorto alcun debito doganale all’importazione.
L’articolo  206 prevede che “in deroga agli articoli 202 e 204, si ritiene che non sorga alcuna obbligazione doganale nei confronti di una data merce quando l’interessato fornisca la prova che l’inadempienza degli obblighi è dovuta alla restrizione totale o alla perdita irrimediabile della  merce per una causa inerente alla sua stessa natura o per un caso fortuito o di forza maggiore ovvero con l’autorizzazione dell’autorità doganale”.

Le valutazioni della Corte di giustizia Ue
L’articolo 206 del codice doganale esclude la nascita di una obbligazione doganale, qualora l’interessato fornisca la prova secondo cui l’inadempimento delle proprie obbligazioni deriva dalla distruzione o perdita irrimediabile della merce per una causa inerente alla sua stessa natura o per caso fortuito o di forza maggiore, ovvero con l’autorizzazione delle autorità doganali. Tale disposizione (come stabilisce la apposita deroga agli articoli 202 e 204), può trovare applicazione solo nelle ipotesi in cui l’obbligazione doganale sorge ai sensi dell’articolo 202 e 204.
L’articolo 202 del codice doganale riguarda la nascita di una obbligazione doganale nell’ipotesi (non ricorrente nel caso di specie) di introduzione irregolare di una merce nel territorio doganale dell’UE.
L’articolo 204 del codice doganale riguarda la nascita di una obbligazione doganale all’importazione in ipotesi di inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta ai dazi all’importazione, dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, nei casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 del codice doganale.
Gli articoli 203 e 204 hanno campi di applicazione diversi: il primo riguarda comportamenti che riguardano la sottrazione delle merci al controllo doganale; il secondo ha invece per oggetto l’inosservanza degli obblighi e delle condizioni dei diversi regimi doganali.
Per verificare quale delle due disposizioni trovi applicazione, occorre verificare se i fatti in questione costituiscono una sottrazione al controllo doganale, e solo in caso di esito negativo possono trovare applicazione le disposizioni di cui all’articolo 204 del codice doganale.
Quanto alla nozione di sottrazione al controllo doganale, la Corte rileva che la stessa comprende qualsiasi azione o omissione che impedisca all’autorità competente di accedere ad una merce sotto vigilanza doganale e di effettuare i controlli previsti dalla regolamentazione doganale. A tale ipotesi è riconducibile il caso di specie, in cui alcune merci, vincolate ad un regime sospensivo, siano state rubate.
La nascita di un’obbligazione doganale in tali circostanze è giustificata dal fatto che le merci, trovandosi fisicamente in un deposito doganale dell’UE, dovrebbero essere sottoposte a dazi doganali se non beneficiassero del regime sospensivo del deposito doganale. Pertanto, in seguito al furto commesso all’interno di un deposito doganale le merci sono spostate fuori dal deposito senza essere sdoganate.
Come si evince dal tenore letterale dell’articolo 206, detta disposizione non permette di escludere la nascita di una obbligazione doganale in caso di perdita irrimediabile della merce per causa di forza maggiore, nell’ipotesi di sottrazione della merce al controllo doganale oggetto dell’articolo 203 di tale codice comunitario. Pertanto, il furto di merci, come avviene nel caso di specie, fa sorgere una obbligazione doganale all’importazione ai sensi dell’articolo 203 del codice doganale; detto furto di merci sottoposte al regime di deposito doganale non rientra  nell’ambito applicativo dell’articolo 204 di tale codice.
Pertanto, gli articoli 202 e 204 non sono applicabili al caso di specie; da ciò deriva che non è necessario procedere alla interpretazione di quanto previsto dall’articolo 206, applicabile soltanto nel caso in cui un’obbligazione doganale sorga in base a tali disposizioni.

Le conclusioni della Corte UE 
Tutto ciò premesso, la Corte perviene alla conclusione secondo cui l’articolo 203 del codice doganale deve essere interpretato nel senso che un furto di merci sottoposte al regime di deposito doganale costituisce una sottrazione di dette merci ai sensi di tale disposizione, facendo sorgere una obbligazione all’importazione. La Corte precisa altresì che l’articolo 206 del codice trova applicazione soltanto nel caso in cui un’obbligazione doganale sorga in attuazione degli articoli 202  e 204 del medesimo codice.

IMPORT: aliquota dazi doganali segue la nomenclatura

Fonte: Fisco Oggi – sentenza Corte UE del 14.4.2011, procedimenti riuniti C-288/09 e C-289/09

Autore: A. De Angelis

Data: 18/04/2011

Il riferimento è a quella positiva e al prodotto che per gli eurogiudici sono determinanti ai fini del versamento
Le domande di pronuncia pregiudiziale, trattate congiuntamente a seguito di ordinanza della Corte motivata dalla connessione tra le cause, vertono sull’interpretazione della nomenclatura combinata (Reg. CE 2658/1987 e s.m., relativo alla nomenclatura tariffaria, statistica e alla tariffa doganale comune). Infatti, alla corretta interpretazione delle questioni di cui alle cause principali, si connette l’applicazione o meno di un’ aliquota positiva per il versamento dei dazi doganali. Le controversie coinvolgono, ognuna indipendentemente dall’altra, due società di diritto privato e l’amministrazione finanziaria del Regno Unito in merito alla classificazione doganale di alcuni prodotti per la richiesta del pagamento di dazi doganali.

L’applicazione di un’aliquota positiva e la questione di legittimità
Nelle questioni di cui alle cause principali, rispettivamente i procedimenti  C-288/09 e C-289/09, i ricorrenti sono costituiti da due società di cui una fornitrice di servizi di televisione digitale terrestre, l’altra produttrice e importatrice di prodotti-supporto ad hoc per la televisione a pagamento. Nel procedimento C-288/09 la società ricorrente si è opposta con ricorso, presentato nelle competenti sedi, alla classificazione del suo servizio effettuata dall’Amministrazione del Regno Unito. Alla stessa stregua la società ricorrente, nel procedimento C-289/09, ha presentato ricorso  contro la decisione con cui veniva effettuata una classificazione diversa, annoverando un errato riferimento alla nomenclatura combinata. Il presidente della Corte ha riunito la trattazione dei due procedimenti in modo da risolvere il dubbio interpretativo con un’unica pronuncia.Di conseguenza, nelle questioni pregiudiziali proposte, le società ricorrenti, o meglio il giudice del rinvio, da un lato chiedono quale debba essere la corretta classificazione doganale da prendere in considerazione e dall’altro, posto che la classificazione cd. “giusta” sia quella proposta dall’Amministrazione del Regno Unito, se tale scelta possa considerarsi legittima secondo le norme del diritto dell’Unione europea. L’aspetto che non bisogna perdere di vista è, però, il fatto che, riconoscendo valida la tesi sostenuta dalle ricorrenti, queste ultime non sono tenute ad alcun obbligo del versamento del dazio doganale in quanto verrebbe a mancare il presupposto per l’applicazione dell’aliquota positiva. Quindi, nessun pagamento a posteriori dei dazi doganali sarebbe dovuto come richiesto nel procedimento C-289/09.

Le questioni pregiudiziali
Tra le questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio, di cui alle cause principali desta particolare interesse la questione della corretta classificazione dei prodotti per stabilire se è da ritenere applicabile una aliquota positiva di dazi doganali. La  disamina rileva, inoltre, in merito al rispetto delle disposizioni contenute nel diritto dell’Unione europea. Nello specifico, se l’applicazione del dazio sia o meno illegittimo (allegato II, n. 1, lett. b), del Gatt e dichiarazione ministeriale sul commercio dei prodotti delle tecnologie dell’informazione approvata il 13 dicembre 1996).

La normativa comunitaria
Secondo l’articolo 3, n.1, lett. A), della convenzione sul sistema armonizzato di destinazione e codificazione delle merci, approvato dalla Comunità economica europea con decisione del Consiglio 87/369/CEE, le parti contraenti si impegnano a fare in modo che le nomenclature tariffarie e statistiche ivi stabilite ad utilizzare tutte le voci e sottovoci di quest’ultime, senza alcuna variazione, nonché i relativi codici numerici, e a seguire l’ordine di numerazione di detto sistema. A seguito della istituzione di un Consiglio di cooperazione doganale, però, è possibile modificare la nomenclatura combinata della convenzione con apposite note esplicative. In merito alle due questioni, secondo la nomenclatura combinata, i regolamenti applicabili sono, rispettivamente, il n. 1549/2006, in vigore dal primo gennaio 2007, e il n. 1214/2007 entrato in vigore il primo gennaio 2008. Nella prima parte, precisamente nel titolo I, A,  della nomenclatura combinata si trovano le regole generali per l’interpretazione della nomenclatura stessa, regole che risultano le stesse per i due regolamenti di cui sopra. Altra normativa di riferimento è l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (Gatt). L’accordo sul commercio dei prodotti delle tecnologie dell’informazione, approvato con dichiarazione ministeriale il 13 dicembre 1996, precisa, al punto 1, che il regime commerciale delle parti contraenti deve evolvere  in maniera tale da favorire le opportunità di accesso al mercato dei prodotti dell’industria dell’informazione.

Codice doganale e regolamento della Commissione
La normativa doganale di riferimento comprende sia il codice doganale che il regolamento della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454. Quest’ultimo regolamento contiene alcune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 come modificato dal regolamento della Commissione 18 dicembre 1996 conosciuto come il “regolamento di applicazione”. Secondo l’articolo 12, nn. 1-6, del codice doganale, l’autorità doganale fornisce informazioni tariffarie vincolanti che obbliga la stessa autorità, nei confronti del titolare, soltanto per quanto riguarda la classificazione tariffaria. Si stabilisce anche quando un informazione cessa di essere vincolante. L’articolo 243, sempre del codice doganale, tratta della procedura per proporre ricorso contro le decisioni dell’autorità doganale in merito all’applicazione della normativa doganale arrivando a stabilire due fasi per avviarlo. Si sottolinea come, agli artt. 247 e 247 bis stabiliscano come per l’attuazione del codice doganale la Commissione viene assistita da un comitato del codice doganale. A chiusura del quadro normativo è opportuno citare il regolamento di attuazione del codice doganale. Nella fattispecie, l’articolo 11, sancisce che l’informazione tariffaria vincolante, fornita dall’autorità doganale di uno Stato membro, impegna le autorità competenti di tutti gli Stati membri alle stesse condizioni. L’articolo 12, indica invece, per gli atti e le misure elencati nel paragrafo 5, l’autorità doganale affinché le informazioni vincolanti siano fornite in conformità all’atto o alla misura in questione.

Le conclusioni dei togati europei
Le conclusioni, a cui sono giunti i togati europei, in merito all’interpretazione di cui alle cause principali con particolare riferimento alla esazione dei dazi, previa applicazione di un aliquota positiva, possono essere dedotte indirettamente. In altri termini, a seguito delle conclusioni tratte nelle prime questioni, i giudici della Corte non hanno ritenuto di dover affrontare la fattispecie dell’applicazione di un aliquota positiva di dazi.  Questo, in quanto, una volta considerata corretta la nomenclatura della sottovoce, come interpretato dalle società ricorrenti, ne consegue il decadimento dell’obbligo di versamento di diritti doganali. Gli eurogiudici hanno ritenuto non necessaria una loro pronuncia in merito alla questione dell’applicazione di un aliquota positiva dei dazi doganali. In altri termini, si evince l’importanza di una giusta interpretazione in merito alla nomenclatura dei prodotti, in quanto, proprio da tale nomenclatura scaturisce l’onere doganale.