RIMBORSO IVA UE: termine per istanza perentorio

Fonte: Fisco Oggi

Data: 17/09/2013

Autore: Giurisprudenza delle imposte a cura di ASSONIME

Nel Rimborso Iva per non residenti è perentorio il termine per l’istanza. Considerarlo meramente ordinatorio, contrasterebbe con lo scopo perseguito dalle direttive Cee di armonizzare le diverse discipline interne vigenti nei vari Stati membri

Con la sentenza n. 16692 del 3 luglio, la Cassazione è tornata a pronunciarsi in merito alla natura perentoria ovvero ordinatoria del termine semestrale entro il quale i soggetti non residenti sono tenuti a presentare l’istanza di rimborso del tributo assolto sull’acquisto di beni e/o servizi in un altro Stato membro (nella specie, Italia), di cui all’articolo 7, par. 1, co. 1, della direttiva Cee n. 79 del 6 dicembre 1979, recepito nel nostro ordinamento con l’articolo 38-ter del Dpr 633/1973 (entrambi nel tenore vigente “ratione temporis”).Come noto, l’articolo 7, par.1, co.1, della direttiva n. 79/1072/Cee del 6 dicembre 1979 (vigente all’epoca dei fatti dedotti in controversia), fissava detto termine nel sesto mese successivo allo scadere dell’anno civile nel corso del quale l’imposta era divenuta esigibile e, cioè, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui era sorto il diritto al rimborso (termine successivamente prorogato al 30 settembre dello stesso anno, a seguito dell’entrata in vigore della direttiva 2008/9/Ce del 12 febbraio 2008, recepita nel nostro ordinamento dal Dlgs 11 febbraio 2010, n. 18).Il termine in questione era stato introdotto nella normativa nazionale con l’articolo 1 del Dm 20 maggio 1982, attuativo della disciplina recata dall’articolo 38-ter del Dpr 633/1972 (ora confluita negli articoli 38-bis2 e 38-bis3 del citato Dpr n. 633), senza peraltro specificarne la natura perentoria, o meno.

Come ricordato dalla Suprema corte nella sentenza in nota, l’incertezza generata dalla mancata indicazione della natura di detto termine aveva determinato l’insorgere di un contrasto giurisprudenziale, sanato solo da una recente pronuncia della Corte di giustizia europea.
La Corte di giustizia, con la sentenza 21 giugno 2012, n. C-294/11, ha infatti riconosciuto al termine in questione carattere decadenziale e, quindi, posto a pena di decadenza dall’esercizio del relativo diritto (in senso conforme: Cassazione 5 aprile 2013, n. 8366; 15 marzo 2005, n. 5559; 13 aprile 2005, n. 7703; 3 maggio 2005, n. 9142; mentre, in senso contrario: Cassazione 12 gennaio 2010, n. 286; 1° dicembre 2004, n. 22563).

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione ha inteso conformarsi all’interpretazione da ultimo fornita dai Giudici europei, ricordando che, viceversa, considerare il medesimo termine come avente carattere meramente ordinatorio, si porrebbe in contrasto con lo scopo (perseguito dalle medesime direttive) di armonizzazione delle diverse discipline interne vigenti in materia nell’ambito dei vari Stati membri.
Le conclusioni cui perviene la sentenza in esame si pongono in linea anche con quanto in passato affermato dall’Amministrazione finanziaria nazionale con la risoluzione n. 320966 del 24 luglio 1985, nonché la risoluzione n. 47/E dell’11 aprile 2000.

RIMBORSI IVA EXTRA UE: richiesta entro il 1° ottobre 2012 solo cartacea

Il 1 ottobre 2012 (il 30 settembre è domenica), scade il termine per chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Italia nel 2011 da soggetti passivi stabiliti nei tre Paesi extraeuropei con i quali è stato stipulato un accordo di reciprocità, cioè con Svizzera, Norvegia e Israele: ex art. 38-ter DPR 633/1972 i soggetti passivi stabiliti in questi Stati possono chiedere il rimborso dell’IVA pagata in Italia nel 2011 in relazione a beni e servizi che vi hanno acquistato e importato, con le modalità previste dal DM 2672/1982.

Modalità di presentazione dell’istanza

A differenza del rimborso IVA pagata negli altri Paesi UE, la richiesta di rimborso dell’IVA da parte di soggetti extra UE va presentata in forma cartacea, scaricando dal sito internet dell’Agenzia delle entrate il nuovo  modello 79 .

Il modello deve essere redatto in lingua italiana o inglese, deve essere indirizzato al Centro operativo di Pescara (via Rio Sparto n. 21, 65100 Pescara-Italia) e deve essere inviato per posta con raccomandata AR , ovvero tramite corriere espresso oppure con consegna a mano entro e non oltre il 30 settembre dell’anno successivo cui si riferisce la richiesta.

Nel caso del corriere espresso o del servizio postale fa fede la data di spedizione. Non sono valide le richieste pervenute via fax o per posta elettronica.

Documentazione da allegare

Al modello Iva 79 va allegata la seguente documentazione:

  • originali delle fatture;
  • documentazione da cui si evinca il pagamento delle fatture prodotte;
  • attestazione rilasciata dall’Amministrazione dello Stato di stabilimento del richiedente, dalla quale risulti la qualità di soggetto passivo IVA, nonché la data di decorrenza di tale iscrizione.

Il diritto al rimborso

Al pari del rimborso IVA pagata negli altri Paesi UE, l’esercizio del diritto alla detrazione va verificato alla luce della normativa esistente nel paese in cui il soggetto è stabilito: il diritto al rimborso IVA pagata in Italia viene riconosciuto all’operatore extra-UE a condizione che questi effettivamente svolga nel proprio Stato attività le cui operazioni siano assoggettate all’imposta.

Pertanto, in presenza di attività totalmente o parzialmente esenti è escluso o limitato (in base al pro-rata di detrazione) il diritto al rimborso. Per dare atto all’Amministrazione dell’esistenza o meno di un pro-rata, nella sezione “dati del richiedente” viene chiesto di barrare l’ipotesi ricorrente.

Dichiarazioni del richiedente

Il nuovo modello 79 ha una struttura idonea ad acquisire maggiori informazioni sull’anagrafica del richiedente il rimborso, per rendere più agevole e immediato l’eventuale contatto da parte dell’Agenzia Entrate, con particolare rilevanza della sezione “dichiarazione del richiedente”:

  • al punto 9 a) si chiede di specificare analiticamente la circostanza in relazione alla quale sono stati acquistati, in qualità di soggetto passivo, beni o servizi in Italia;
  • al campo 9 b) si chiede di confermare l’eventuale assenza di effettuazione di cessioni di beni o prestazioni di servizi nel territorio italiano durante il periodo cui si riferisce la richiesta;
  • al campo 9 c) si chiede di specificare le eventuali operazioni realizzate che non pregiudicano il diritto al rimborso, e cioè le prestazioni non imponibili di trasporto e i relativi servizi accessori (nell’ambito dei traffici internazionali di beni), nonché le cessioni per le quali il debitore d’imposta è il committente o cessionario, mediante il meccanismo dell’inversione contabile (art. 17, co. 2 DPR 633/1972).

Le suddette indicazioni sono necessarie poiché il diritto al rimborso può essere riconosciuto solo se, nel periodo di riferimento, non sono state effettuate in Italia cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti, fatta eccezione per i trasporti non imponibili e le operazioni in reverse-charge (art. 17, co.2 DPR 633/1972).

>>> RICHIEDI UN PREVENTIVO PER PRESENTARE L’ISTANZA

RIMBORSI IVA UE: scadenza istanza 1° ottobre

Fonte: Fisco Oggi

Data: 21/09/2012

Autore: E. Mennella

RIMBORSI IVA UE, FRONTIERE APERTE ANCORA PER POCHI GIORNI

L’istanza va inviata telematicamente all’Agenzia delle Entrate la quale, verificata la sussistenza dei requisiti, provvede a inoltrarla all’amministrazione estera competente.
Scade il 1° ottobre (visto che quest’anno il termine ordinario del 30 settembre capita di domenica) l’ultima data utile per chiedere il rimborso dell’Iva versata nel corso del 2011 in un altro Stato Ue (articolo 15, direttiva 2008/9/CE del 12/02/2008).Ai sensi dell’articolo 38-bis1 del Dpr 633/72 gli operatori nazionali, che vogliono recuperare l’imposta in relazione ad acquisti effettuati negli altri Stati membri devono presentare, esclusivamente in via telematica (tramite Entratel o Fisconline, a seconda del canale a cui si è abilitati), l’istanza all’Agenzia delle Entrate.I presupposti del rimborso
Per maturare il diritto al rimborso dell’Iva pagata negli altri Paesi dell’Unione europea devono sussistere, in capo al richiedente, in primis, gli stessi presupposti del diritto alla detrazione operanti in ambito nazionale (articolo 6 della direttiva). In altre parole, è indispensabile che il soggetto passivo abbia posto in essere, nel Paese in cui è stabilito, operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione e che non vi siano limitazioni oggettive. Ciò comporta che se la detrazione non trova limitazioni, il diritto al rimborso è riconosciuto integralmente; qualora, invece, siano effettuate operazioni con parziale diritto alla detrazione, il diritto al rimborso spetta in base al pro-rata determinato.
Per l’individuazione dell’assenza o della presenza di eventuali altre limitazioni oggettive, va operato un appuramento delle disposizioni normative operanti nel Paese del rimborso. Per equità, infatti, non può essere rimborsata a soggetti passivi non stabiliti l’imposta che, per i soggetti passivi stabiliti, non è detraibile per determinati beni o servizi.
Altra condizione da appurare è che il richiedente, per il periodo cui si riferisce l’istanza, non abbia avuto una stabile organizzazione nello Stato membro in cui sono stati effettuati gli acquisti e che non abbia effettuato, sempre in tale Stato, cessioni di beni o prestazioni di servizi, ad eccezione delle seguenti operazioni:

  • cessioni di beni e prestazioni di servizi per le quali il debitore d’imposta è il committente o cessionario, mediante il meccanismo dell’inversione contabile
  • prestazioni di trasporto non imponibile e relative prestazioni accessorie.

Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia disposto di una stabile organizzazione ovvero abbia effettuato operazioni attive nell’altro Stato membro non può essere inoltrata istanza di rimborso dell’Iva, ma è possibile recuperare l’imposta mediante la detrazione in capo alla stabile organizzazione ovvero, qualora non si disponga di una stabile, previa identificazione.

Periodo di riferimento e importo minimo
La richiesta di rimborso fa riferimento a un periodo non superiore a un anno, né inferiore a tre mesi. Qualora la domanda attenga ad acquisti di un trimestre, l’importo minimo rimborsabile è di 400 euro. Invece, se la somma da recuperare si riferisce ad acquisti realizzati nel corso dell’anno solare, l’importo minimo è di 50 euro.

Presentazione dell’istanza e controlli preliminari dell’Agenzia
Per ciascun periodo di riferimento occorre presentare telematicamente l’istanza (il cui modulo è scaricabile sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, unitamente all’elenco dei requisiti richiesti dallo stato membro destinatario) la quale provvede a inoltrarla allo Stato Ue cui si riferisce il rimborso.
Tuttavia, nel caso in cui l’Agenzia accerti che nel periodo considerato il richiedente non abbia posto in essere attività rilevante ai fini Iva oppure abbia effettuato esclusivamente operazioni che non conferiscono il diritto alla detrazione ovvero si sia avvalso del regime dei contribuenti minimi o del regime speciale per i produttori agricoli, viene notificato al soggetto passivo, entro quindici giorni dal ricevimento, un provvedimento di rigetto dell’istanza, ricorribile secondo quanto disposto in materia di contenzioso tributario.
Analogamente, nel caso in cui la richiesta di rimborso non sia corretta in base ai controlli previsti dall’allegato B del provvedimento del 1° aprile 2010 (tra i quali, ad esempio, importo minimo, corretto utilizzo dei codici per la descrizione dell’attività e dei beni, eccetera), l’Agenzia emette provvedimento di rifiuto da notificare al richiedente anche mediante mezzi elettronici.

Ricevuta di presentazione e attribuzione del cronologico all’istanza di rimborso
L’istanza di rimborso si considera presentata nel giorno in cui viene completata da parte dell’Agenzia delle Entrate la ricezione del file contenuto nell’allegato A del provvedimento del 1° aprile 2010. L’avvenuta ricezione è attestata dalla ricevuta rilasciata dal sistema ed è resa disponibile nei cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file.
Se è stato richiesto dallo Stato membro competente al rimborso, l’Amministrazione rende disponibile in via telematica l’attestazione di avvenuta ricezione da parte dello Stato competente (disponibile per cinque giorni lavorativi). Unitamente alla ricevuta, l’Agenzia delle Entrate comunica il numero di cronologico (protocollo) assegnato alla domanda.

Rifiuto dell’istanza da parte dell’Amministrazione fiscale estera
Nel caso in cui la richiesta di rimborso sia rifiutata in tutto o in parte, il Paese membro competente notifica all’interessato i motivi del rifiuto unitamente alla decisione.
Per ottenere informazioni inerenti il diniego da parte dell’Amministrazione fiscale estera va inoltrata richiesta direttamente a detta amministrazione e solo successivamente al Centro operativo di Pescara.

Informazioni sullo stato di lavorazione delle richieste
Una volta inoltrata la richiesta di rimborso allo Stato comunitario, per ricevere eventuali notizie sullo stato di lavorazione dell’istanza è necessario rivolgersi all’amministrazione fiscale europea competente, i cui recapiti sono presenti sempre sul sito internet della’Agenzia delle Entrate.

Variazione dell’istanza di rimborso
Successivamente all’inoltro della richiesta allo Stato competente, è possibile presentare, sempre nello stesso termine di presentazione, un’istanza correttiva dei dati originariamente indicati. Tuttavia, quest’ultimo documento non può contenere richiesta di rimborso per nuove fatture o documenti di importazione, per essi è possibile trasmettere una nuova istanza, ma sempre entro il termine fissato.

INTRA UE: Partita IVA + Rappresentante = Stabile Organizzazione

Fonte: Fisco Oggi

Data: 2/8/2012

Autore: V. Giuliani

Il requisito impositivo si ricava con un ragionamento logico-giuridico. Al contribuente resta la possibilità di provare l’insussistenza degli elementi che lo individuano.

L’impresa straniera, a cui è stato attribuito dall’Amministrazione finanziaria il numero di partita IVA e un rappresentante fiscale, assolve l’imposta nel territorio italiano. E’ da questi elementi che si ricava il presupposto impositivo della stabile organizzazione, fatto salvo l’onere di provare la presenza di elementi a sostegno del diritto al rimborso dell’IVA versata per acquisti intra UE da parte del contribuente.

Il caso
Una società estera si vide rifiutare dall’Amministrazione finanziaria italiana l’istanza di rimborso, ai fini delle imposte indirette, per degli acquisti effettuati sul territorio dello Stato, in quanto titolare di partita Iva, fatto che avrebbe caratterizzato la qualità di stabile organizzazione in Italia e che non avrebbe concesso all’azienda il diritto alla ripetizione dell’imposta.
Avverso il diniego, i legali della società proposero ricorso al giudice di merito che, sia in primo grado sia in appello, accolse in toto quanto contestato dall’azienda straniera.

In particolare, la ricorrente richiamava il disposto dell’articolo 44, co.3, DL 331/1993, il quale prevede, per l’attribuzione della partita Iva, la nomina di un rappresentante minore o cosiddetto leggero, il che avrebbe pacificamente concesso il diritto alla detrazione dell’imposta alla società perché non si trattava della costituzione di una vera e propria stabile organizzazione.

Il giudice di merito aveva motivato la sentenza di accoglimento del ricorso chiarendo che l’Amministrazione finanziaria non aveva provato, nel giudizio, gli elementi su cui aveva basato la pretesa impositiva. In buona sostanza, secondo la Ctr, non era condizione sufficiente la titolarità della partita IVA da parte della società affinché si potesse evincere il requisito della stabile organizzazione nel territorio italiano, ancor meno con la costituzione di un rappresentante fiscale leggero.

Avverso la decisione della Ctr, l’Agenzia proponeva ricorso per cassazione.

La decisione della Corte
Il Collegio, nell’ordinanza 12633 del 20 luglio, ha preliminarmente evidenziato l’errore in diritto della sentenza dei giudici d’appello, nel punto in cui veniva dichiarato che l’ufficio non aveva “provato che la società” avesse “in Italia una stabile organizzazione, non essendo la partita Iva e la presenza di un rappresentante fiscale leggero sufficienti a determinare la stabile organizzazione di un’impresa”.

In particolare, la giurisprudenza della Corte ha più volte affermato che si ravvisa il requisito impositivo della stabile organizzazione, secondo un ragionamento logico-giuridico, nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria attribuisce il numero di partita Iva al soggetto che lo richiede; pertanto, da questo momento, gli vengono preclusi i benefici fiscali della detrazione dell’imposta per gli acquisti effettuati nel territorio comunitario.
Infatti, è proprio l’articolo 38-ter DPR 633/1972 che prevede, per i soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità europea, il diritto al rimborso dell’imposta, nel caso in cui essi siano privi di stabile organizzazione in Italia e di rappresentante nominato ai sensi del comma 2 dell’articolo 17. L’onere della prova, per la fruizione del menzionato beneficio fiscale, ricade sul contribuente e non anche sull’Amministrazione finanziaria.

La Cassazione, con l’ordinanza 12633/2012, ben chiarisce che la società estera, avendo effettuato operazioni nel territorio italiano, palesate dal fatto che ne aveva richiesto il rimborso dell’Iva e, avendo nominato un rappresentante fiscale (seppur leggero), aveva superato di fatto la presunzione di prova contraria derivante dalla titolarità della partita Iva, rivelando la presenza della stabile organizzazione nello Stato.
Fatta salva la possibilità che l’ordinamento tributario offre al contribuente di fornire prova contraria a dimostrazione della mancanza degli elementi in ordine materiale e personale che individuano la nozione di stabile organizzazione (cfr Cassazione 3570/2003 e 6799/2004).

Inoltre, non avendo la società straniera allegato nel controricorso ulteriori elementi atti a sorreggere l’insussistenza dei presupposti impositivi accertati dal Fisco e avendo nominato un rappresentante fiscale nel territorio italiano, il Collegio ha confermato il diniego al diritto del rimborso Iva.

Nel controricorso, la società straniera aveva evidenziato come il regolamento 282/2011 del consiglio UE esclude che l’attribuzione al contribuente del numero di partita Iva non sia di per sé sufficiente a considerare il soggetto passivo dell’imposta in possesso del requisito impositivo della stabile organizzazione all’interno del territorio dello Stato.
In tal caso, la Corte di cassazione, con l’ordinanza 12633/2012, ha chiarito che il richiamato regolamento del consiglio Ue è teso a fissare il concetto di stabile organizzazione ai fini del principio di territorialità e non anche dal punto di vista della ripartizione dell’onere della prova tra contribuente e Amministrazione finanziaria.
In buona sostanza, spetta sempre al contribuente fornire elementi a sostegno del diritto al rimborso dell’Iva versata per acquisti intracomunitari.