STABILE ORGANIZZAZIONE: si anche se l’attività è svolta all’estero

Fonte: Fisco Oggi

Data: 13/06/2012

Autore: V. Giuliani

È irrilevante il fatto che la società di San Marino non abbia veri e propri locali in Italia se, poi, è dotata di uomini e mezzi che operano in piena autonomia gestionale

Si configura la stabile organizzazione di una società straniera in Italia quando questa abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o meno di personalità giuridica.

Questo, in sintesi, il principio stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 20676 del 29 maggio._ 

Il caso
A seguito del sequestro preventivo di beni di proprietà di una Srl, disposto dal Gip nell’ambito di un procedimento penale a carico di un imprenditore indagato per i reati di omessa dichiarazione e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (articoli 5 e 11 Dlgs 74/2000), è stata presentata dal rappresentante legale della società istanza di riesame al tribunale territorialmente di competenza.
I giudici di merito, rigettando la richiesta di riesame, avevano evinto, sulla base degli esiti dell’attività investigativa svolta dalla Guardia di finanza e della copiosa documentazione fiscale e contabile acquisita, la sussistenza del fumus boni iuris dei reati ipotizzati e che il sequestro era stato legittimamente disposto, ai sensi dell’articolo 322-ter, comma 2, codice penale, e dell’articolo 1, comma 142, L. Finanziaria per il 2008.
Gli inquirenti avevano accertato come l’indagato, al fine di evadere le imposte, fosse effettivamente l’amministratore e il detentore della maggioranza di una Srl iscritta nel registro delle imprese della Repubblica di San Marino che operava quasi esclusivamente per la Srl italiana.
In sostanza, l’attività imprenditoriale si svolgeva con l’effettuazione dei controlli della qualità dei tessuti a San Marino, i quali venivano poi trasferiti nei laboratori italiani per il confezionamento degli abiti.
Questo procedimento industriale veniva confermato dalle sommarie informazioni testimoniali fornite dai responsabili dei laboratori, i quali avevano dichiarato di aver intrattenuto rapporti lavorativi con la medesima persona, sia che avessero lavorato per la ditta italiana sia per quella sammarinese.
L’imputato aveva sì creato la società a San Marino, ma, secondo quanto evidenziato dal Gip, svolgeva la sua attività imprenditoriale nel territorio italiano, servendosi anche dell’ausilio della figlia che deteneva il 70% delle quote della società italiana.
Inoltre, erano state rinvenute nell’abitazione dell’imprenditore, che dichiarava essere un mero consulente della società, i libri e le scritture contabili sia della società sammarinese che della società italiana, il che provava di fatto che le due società erano gestite dalla medesima persona.
Alla luce di quanto detto, il Tribunale contestava al contribuente l’obbligo della presentazione della dichiarazione annuale ai fini Iva e Ires, ricorrendo il requisito della stabile organizzazione sia sotto il profilo personale che materiale.
In effetti, i capi d’abbigliamento venivano confezionati in Italia, come confermato dai responsabili dei laboratori, i quali avevano puntualizzato che il controllo della qualità veniva effettuato nei medesimi locali nei quali si intrattenevano anche rapporti commerciali.
La Guardia di finanza aveva prontamente rilevato che, tre giorni dopo la cessazione degli accertamenti, la società immobiliare amministrata dall’imputato, proprietaria di tutti gli immobili della famiglia, era stata trasformata in società a nome collettivo avente come soci la moglie e le figlie al solo fine di rendere impignorabile le quote della società di persone.
Di conseguenza, il tribunale competente, rilevando il periculum libertatis dell’imputato, aveva disposto il sequestro delle quote delle società di proprietà del contribuente, che è ricorso in Cassazione.

La pronuncia della Corte
Come affermato dalla giurisprudenza della Corte, la nozione di stabile organizzazione di una società straniera in Italia, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, si evince dall’articolo 5 del modello di convenzione Ocse contro la doppia imposizione e dal suo commentario, integrata con i requisiti prescritti dall’articolo 9 della sesta direttiva Cee n. 77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977.
La normativa comunitaria individua il centro di attività stabile in una struttura dotata di risorse materiali e umane che può essere costituito anche da un’entità dotata di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato anche di fatto la cura di affari (con l’esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze o la fornitura diknow how.
E’ prevista un’ulteriore prova dell’attività economica svolta dal soggetto nazionale che può essere ricavata anche da elementi indiziari “quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza”.
La Corte di cassazione, con la sentenza 20676 del 29 maggio, ha inserito un importantissimo tassello nell’ampio mosaico del principio impositivo della stabile organizzazione, chiarendo che si prescinde dalla fittizietà o meno dell’attività della società svolta all’estero.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno stabilito che sussiste il requisito impositivo della stabile organizzazione di una società straniera in Italia anche nel caso in cui questa abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o no di personalità giuridica.
Nel caso sottoposto a giudizio di legittimità, a nulla rileva il fatto che la società sammarinese non avesse locali in Italia; i giudici di piazza Cavour hanno evidenziato un’evidente irrazionalità del ciclo produttivo che imponeva il transito delle merci nei locali di San Marino per un mero controllo di qualità per poi essere spedite per la lavorazione finale in territorio italiano: circostanza smentita dagli stessi titolari dei laboratori, i quali avevano dichiarato che l’attività di controllo avveniva nei medesimi locali.
Appare dunque evidente che la società sammarinese avesse una stabile organizzazione in Italia, perché, a parte l’irrazionale ciclo produttivo delle merci, i capi venivano prodotti esclusivamente sul territorio italiano nonostante fosse gestita la produzione dalla Repubblica di San Marino, venivano pattuiti le tipologie di prodotto e le modalità di lavoro da eseguire, il trasporto e i prezzi finali dei vestiti.
Da ciò ne consegue, giocoforza, che la società sammarinese aveva uno stretto legame col territorio italiano, essendo dotata di un’organizzazione di uomini e di mezzi idonea a operare in loco in piena autonomia gestionale.

Stabile organizzazione: detraibile IVA su acquisti del rappresentante fiscale estinto

L’Agenzia delle Entrate, con RM 108/E/2011,  stabilisce quanto segue: la stabile organizzazione in Italia può detrarre l’IVA assolta sugli acquisti effettuati con la partita IVA, successivamente chiusa, del soggetto non residente identificato nel territorio dello Stato direttamente (ex art. 35-ter DPR 633/1972) o per mezzo del rappresentante fiscale.

La Corte di Giustizia Europea (causa C-244/08) ha sancito l’illegittimità della normativa interna, che obbligava il soggetto non residente ad attivare in ogni caso la procedura del rimborso diretto ex art. 38-ter DPR 633/1972 in presenza di stabile organizzazione nel territorio italiano: il giudice comunitario ha limitato l’utilizzo della suddetta procedura ai soli casi in cui il soggetto richiedente non sia stabilito in Italia ovvero ivi identificato a mezzo di una propria stabile organizzazione.

Risulta superato quindi lo specifico divieto, che era stabilito dalla RM 327/E/2008 in considerazione dell’autonomia all’epoca riconosciuta alle rispettive posizioni fiscali, e cioè:

  • non poteva utilizzare la posizione fiscale per cui aveva richiesto partita IVA mediante l’identificazione diretta per assolvere obblighi ed esercitare diritti relativi alla stabile organizzazione;
  • non poteva procedere alla compensazione di posizioni debitorie e creditorie riferibili a posizioni fiscali diverse.

In pratica, la modalità di recupero dell’IVA dipende dal luogo di stabilimento del soggetto estero:

  • il rimborso è la procedura per il soggetto non stabilito in Italia;
  • la detrazione sugli acquisti di beni e servizi è la procedura per la stabile organizzazione.

L’Agenzia delle Entrate quindi considera comunque stabilito in Italia il soggetto passivo che abbia ivi istituito una stabile organizzazione (ex art. 38-bis2, co.1 DPR 633/1972, si esclude il rimborso verso i “soggetti che nel periodo di riferimento disponevano di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato”, anche al di fuori dell’ipotesi ex art. 17, co.4 DPR 633/1972, in cui l’acquisto non sia riferibile all’attività della branch).

Secondo la disciplina comunitaria, in questa ipotesi, il rimborso sarebbe la modalità applicativa più appropriata per il recupero dell’IVA a credito, tenuto conto, da un lato, dell’art. 192-bis della Direttiva 2006/112/CE e, dall’altro, dell’art. 53 del Reg. (CE)282/2011. In dettaglio, si prevede che il soggetto non residente resti tale anche se possiede una stabile organizzazione in Italia quando le operazioni poste in essere non siano riconducibili alla branch (art. 192-bis); seppure inserita nell’ambito delle disposizioni che regolano la detrazione, la norma esprime un principio di carattere generale, con effetti anche sul diritto di rimborso spettante ai soggetti esteri.
Tale principio è poi rafforzato dal Regolamento di esecuzione, nella parte in cui viene chiarito il concetto di partecipazione di una stabile organizzazione alla cessione o prestazione ai fini dell’applicazione del citato art. 192-bis: tale partecipazione richiede che i mezzi umani e tecnici della branch siano effettivamente utilizzati per compiere la cessione o prestazione, prima o durante l’operazione. Dal che discende che il coinvolgimento della stabile organizzazione successivamente alla cessione o prestazione costituisce un’attività autonoma, oltre che successiva a quella già effettuata.

Adempimenti dichiarativi

Sul piano procedurale, la chiusura della partita IVA con contestuale costituzione della stabile organizzazione è assimilabile alla trasformazione soggettiva sostanziale e, come tale, va gestita ai fini dichiarativi.

In particolare, si deve far riferimento all’operazione straordinaria di trasformazione che consiste nella modificazione della forma giuridica di una società:

  • tale operazione non comporta l’estinzione di una società e la nascita di un’altra, ma la continuazione della stessa con un’altra veste giuridica senza, di per sé, variazioni nel patrimonio o nei rapporti giuridici con i terzi;
  • tale operazione, essendo volta ad adeguare la sua struttura organizzativa alla modifica normativa (che, come ricordato, ha reso impossibile, per un soggetto non residente, avere in Italia contestualmente due posizioni IVA), può essere trattata, sul piano procedurale, secondo quanto prescritto per l’operazione di trasformazione.

Pertanto, qualora la trasformazione sia avvenuta prima della data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno solare precedente alla trasformazione stessa, la stabile organizzazione (avente causa) presenta la dichiarazione IVA relativa all’anno della trasformazione per conto della posizione da identificazione diretta (dante causa), indicando nel riquadro contribuente i dati del soggetto non residente e nel riquadro dichiarante i dati della stabile organizzazione medesima riportando il codice carica “9”.

La stabile organizzazione inoltre presenta la dichiarazione IVA relativa all’anno solare nel corso del quale è avvenuta la trasformazione, con l’indicazione di tutte le operazioni riferibili, per quell’anno, all’attività svolta dalla stessa, nonché di quelle poste in essere dalla posizione da identificazione diretta nella frazione d’anno anteriore al momento di efficacia della trasformazione.

In particolare, la stabile organizzazione deve presentare il modello composto:

  • da un unico frontespizio nel quale devono essere indicati la denominazione o ragione sociale, il codice fiscale, la partita IVA della stabile organizzazione stessa;
  • da un modulo nel quale devono essere compilati tutti i quadri inerenti la propria attività, riportando i dati delle operazioni effettuate dallo stesso soggetto nel corso dell’anno in cui è avvenuta la trasformazione, compresi anche i dati relativi alle operazioni effettuate dalla posizione da identificazione diretta nella frazione di mese o trimestre nel corso del quale è avvenuta l’operazione di trasformazione stessa. Devono essere, altresì, compilati i quadri VT e VX al fine di riepilogare i dati relativi ai soggetti partecipanti all’operazione;
  • da un modulo nel quale devono essere compilati tutti i quadri inerenti l’attività svolta dalla posizione da identificazione diretta comprendendo i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’ultimo mese o trimestre conclusosi anteriormente alla data della trasformazione. Inoltre nel rigo VA1, campo 1, deve essere indicata la partita IVA del soggetto cui il modulo si riferisce.

Infine, se l’attività svolta dalla società comunitaria con identificazione diretta è esente o, comunque, con limitato diritto alla detrazione, l’IVA sugli acquisti di beni e/o servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuati dalla stessa, concorre nella liquidazione IVA della stabile organizzazione nel rispetto delle prescrizioni ex artt. 19 e 19-bis DPR 633/1972.

TERRITORIALITA’ SERVIZI – chiarimenti della CM 37/E/2011 – 4° parte – Debitore d’imposta

>>>> Vai alla 1° parte dell’articolo: “Criteri base”

>>>> Vai alla 2° parte dell’articolo: “Deroghe B2B e B2C”

>>>> Vai alla 3° parte dell’articolo: “Deroghe esclusivamente B2C”

DEBITORE D’IMPOSTA E ADEMPIMENTI

DISCIPLINA DAL 1° GENNAIO 2010

A partire dal 1° gennaio 2010, ex art. 17, co.2 DPR 633/1972, l’IVA relativa a tutte le cessioni  di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti (tranne quelle rese tramite stabile organizzazione in Italia) – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante reverse charge, ancorché il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale.

Ai fini del  reverse charge  obbligatorio, sono cessionari o committenti stabiliti  in Italia ex art. 17, co.2:

  • i cessionari o committenti domiciliati o residenti in Italia, quando l’operazione sia territorialmente rilevante in Italia (ad es. non per  le prestazioni disciplinate dal criterio-base B2B, quando sia una stabile organizzazione degli stessi all’estero a commettere il servizio reso dal soggetto non residente);
  • le stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero, quando l’operazione sia territorialmente rilevante in Italia (ad es. per le prestazioni disciplinate dal criterio-base B2B, quando sia detta stabile organizzazione a commettere il servizio reso dal soggetto non residente).

Sempre ai fini del  reverse charge obbligatorio, sono cedenti o prestatori non residenti in Italia, ex art. 17, co.2:

  • i cedenti o prestatori non domiciliati né residenti e privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato (ancorché ivi identificati ai fini IVA);
  • i cedenti o prestatori non domiciliati né residenti nel territorio dello Stato che ivi abbiano una stabile organizzazione, quando detta organizzazione non intervenga nella cessione del bene o nella prestazione del servizio.

In tali circostanze è solo sul cessionario/committente stabilito, se soggetto passivo, che ricadono gli obblighi IVA; il cedente o prestatore non residente, anche se identificato nel territorio dello Stato, non è tenuto a nessun adempimento, neanche all’emissione della fattura tramite il numero identificativo IVA italiano (v. [download id=”6687″]).

ADEMPIMENTI DEL CESSIONARIO/COMMITTENTE

Il cessionario/committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato ex art. 21, co.4 e 5 DPR 633/1972, dovrà emettere autofattura in unico esemplare al momento di effettuazione dell’operazione, determinato ex art.6 DPR 633/1972. L’autofattura dovrà essere emessa:

  • per le prestazioni di servizi, non oltre il momento del pagamento (in caso di  pagamento parziale, limitatamente all’importo pagato)
  • per le cessioni di beni, non oltre il momento della consegna o spedizione o, se anteriore, del pagamento (in caso di pagamento parziale, limitatamente all’importo pagato).

I committenti che ricevono da soggetti UE servizi disciplinati, ai fini della territorialità, dalla regola generale ex art. 7-ter, possono scegliere tra l’autofattura e l’integrazione del documento ricevuto dal prestatore UE con l’IVA italiana.

Per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da DDT ex DPR 472/1996, l’emissione dell’autofattura (anche riepilogativa delle consegne intervenute nel corso di un mese) potrà avvenire entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione.

Le autofatture dovranno essere annotate nel registro delle fatture emesse ex art. 23 DPR  633/1972,  entro 15 giorni dall’emissione (entro il 15 del mese successivo a quello della consegna/spedizione per le fatture ex art.21, co. 4, 2° periodo DPR 633/1972). Per i commercianti al  minuto e gli altri soggetti non obbligati alla tenuta del registro delle fatture emesse, le autofatture potranno essere annotate, nel rispetto della predetta tempistica, nel registro dei corrispettivi tenuto ex art.24 DPR 633/1972.

Ex art. 25 le autofatture dovranno essere numerate in base all’ordine progressivo delle fatture ricevute e riportate nel registro degli acquisti, per poter esercitare il diritto alla detrazione: l’annotazione potrà quindi essere effettuata, ex art.19, co.1 DPR 633/1972, a partire dal mese in cui l’IVA diviene esigibile fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale del secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile (ultimo momento per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA).

È possibile annotare acquisti di beni e servizi in reverse charge – sia con riferimento al registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che a quello degli acquisti – in un registro sezionale o blocco sezionale con distinta numerazione: come già per gli acquisti intra UE di beni (v. RM 144/E/1999), gli obblighi di numerazione e di annotazione sia nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che in quello degli acquisti possono ritenersi soddisfatti anche ove si proceda a un’unica numerazione delle autofatture relative alle operazioni in reverse charge e a un’unica annotazione delle stesse su un apposito registro sezionale, che assume quindi il duplice ruolo di registro sezionale sia del registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che del registro degli acquisti, fermo restando ovviamente che, ancorché in presenza di un’unica annotazione, nelle liquidazioni e nelle dichiarazioni dell’imposta devono comunque distintamente valorizzarsi l’imposta a debito e l’imposta a credito relative a tali operazioni.

Per i soggetti ex lett. b) e c) art. 7-ter co.2 DPR 633/1972 che non svolgono attività imprenditoriale, artistica o professionale, o non effettuano l’acquisto nell’ambito di attività imprenditoriale, artistica o professionale, ma sono considerati soggetti  passivi dalla normativa in materia di territorialità, è previsto il  reverse charge obbligatorio anche per tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere nei confronti di tali soggetti che assumano rilevanza territoriale ai fini IVA. Tali soggetti dovranno:

  • tenere un registro in cui annotare le operazioni di acquisto entro il mese successivo a quello di effettuazione;
  • presentare entro la fine di ciascun mese una dichiarazione relativa agli acquisti effettuati nel mese precedente (modello INTRA 12),
  • versare l’IVA entro lo stesso termine.

Per acquisti effettuati da un soggetto che esercita sia attività commerciale che attività non commerciale, l’imposta andrà applicata col reverse charge: ove l’acquisto sia relativo all’attività non commerciale, non competerà il diritto alla detrazione dell’IVA (diritto che sugli acquisti afferenti alle attività rilevanti ai fini IVA sarà comunque subordinato all’osservanza degli adempimenti ex art. 19-ter DPR 633/1972).

Per le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nello Stato, esenti da IVA, il committente – per i servizi ricevuti – non è soggetto agli obblighi di emissione della autofattura e ai connessi obblighi di annotazione quando lo stesso non è tenuto alla fatturazione dei servizi della stessa tipologia che fossero dallo stesso effettuati. Esempio: un soggetto che riceva un finanziamento non dovrà emettere autofattura, posto che per tali servizi, se resi, c’è l’esonero dall’emissione della fattura ex art. 22, co.1, n. 6, DPR 633/1972; parimenti, banche e società finanziarie, esonerate dall’obbligo di fatturazione per tutti i servizi resi ex art. 22, co.1, n. 5, DPR 633/1972 non sono tenute ad emettere autofattura, per tutti i servizi – esenti o non imponibili – ricevuti.

Ex art.17, co.3 DPR 633/1972, il reverse charge non si applica nel caso in cui le cessioni di beni o le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia siano effettuate da un soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di:

  • cessionari/committenti soggetti  passivi che siano stabiliti fuori del territorio dello Stato, ovvero
  • cessionari/committenti che non possano essere qualificati come soggetti passivi ex art. 7-ter, co. 2, DPR 633/1972.

Il soggetto non residente in tali casi dovrà identificarsi direttamente ex art.35-ter DPR 633/1972, ovvero nominare un rappresentante fiscale (analogamente a quanto previsto fino al 31 dicembre 2009).

SERVIZI DI DURATA SUPERIORE A UN ANNO

Ex art.6, co.3, 3° periodo DPR 633/1972, le prestazioni di servizi generiche ex art. 7-ter rese da un soggetto UE a un committente IT in modo continuativo nell’arco di un periodo superiore ad un anno, per le quali non sia prevista  la corresponsione nel periodo di acconti o pagamenti, anche parziali, si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare, fino alla conclusione delle prestazioni medesime, per cui:

  1. è necessario attendere (anche per servizi per cui è sin dall’inizio prevista  una durata pluriennale) dodici mesi per annoverare le prestazioni ricevute tra quelle interessate dalla disposizione in esame; ed, inoltre,
  2. il momento dell’effettuazione per tali prestazioni di servizio è comunque il 31 dicembre di ciascun anno.

Esempio: servizio di manutenzione per cui non siano previsti  acconti o pagamenti parziali in corso d’opera, reso da artigiano francese a far data dal 1° aprile 2011, ad un imprenditore italiano; si dovrà in primo luogo attendere il 1° aprile 2012 (per verificare che sia trascorso un anno dall’inizio del servizio di manutenzione), e successivamente, il 31 dicembre 2012 registrare l’effettuazione della prestazione per la durata di 21 mesi.

Il committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato dovrà emettere un’autofattura, con riferimento al servizio fornitogli in ciascun anno (o in un arco temporale superiore, come nell’esempio), determinando la base imponibile da assoggettare ad imposta ex art.13, co.2, lett.c), DPR 633/1972, rapportando il corrispettivo totale pattuito dalle parti alla quota parte di servizio che è stata resa  nel momento in cui si rileva l’ultimazione della prestazione (alla fine di ciascun anno solare). Nell’esempio sopra, se la durata del contratto di manutenzione è di 5 anni e il corrispettivo da corrispondere al termine di tale periodo sia di 100.000 euro, al 31 dicembre 2012, l’imprenditore italiano emetterà un’autofattura in cui indicherà, come base imponibile 35.000 euro, dati dalla seguente formula:

B  :  A  =  D  :  1 0 0 . 0 0 0

Legenda:

  • A) durata del contratto di manutenzione: 60 mesi
  • B) durata 1° tranche del servizio di manutenzione:  21 mesi (1/4/2011 – 31/12/ 2012)
  • C) quota percentuale del servizio fornito sino al 31 dicembre 2012: 35%
  • D) applicazione della percentuale al corrispettivo totale pattuito: 35.000 euro (35 % di 100.000 euro).

STABILE ORGANIZZAZIONE E DEBITORE D’IMPOSTA

Con riferimento alle prestazioni rese o ricevute da

  • soggetti residenti con stabile organizzazione all’estero,
  • soggetti non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato,

il debitore dell’imposta, ex art. 17, co.3 e 4 DPR 633/1972, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, rese da soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato membro, sarà come nella seguente tabella:

[table id=28 /]

Infine ex art.21, co.6 DPR 633/1972, è obbligatoria l’emissione della fattura anche per operazioni per cui non sussiste il presupposto territoriale:

  • fino al 31/12/2009 le uniche operazioni soggette all’obbligo di fatturazione erano le cessioni di beni in transito o in luoghi soggetti a vigilanza doganale (rilevanti ai fini della determinazione annua del volume d’affari);
  • dal 1/01/2010, oltre a tali cessioni di beni, sono soggette all’obbligo di fatturazione anche le prestazioni di servizi rese a committenti soggetti passivi stabiliti in altro Stato UE, non soggette ad IVA ex art. 7-ter DPR 633/1972; la  ratio di tale disposizione risiede nell’introduzione dell’Intrastat delle prestazioni di servizi, che riguarda solo le operazioni nei confronti di soggetti passivi stabiliti in altro Stato UE per cui si applica il criterio-base di territorialità; non c’è alcun obbligo di fatturazione, invece, per le operazioni non rilevanti sotto il profilo territoriale in base ad altre disposizioni (in particolare, ex artt. da 7-quater a 7-septies) nonché per le prestazioni rese nei confronti di committenti stabiliti in Stato non UE. L’obbligo di fattura:
    • sussiste – per operazioni verso soggetti passivi UE – anche nelle fattispecie di esonero della fatturazione ex art. 22 DPR 633/1972;
    • è escluso in caso di prestazioni per cui non si fa l’Intrastat (operazioni esenti o non soggette a IVA nello Stato UE del committente ex art. 50, co. 6, DL 331/1993).

>>>> Vai alla 5° parte dell’articolo: “Operazioni non imponibili”

IVA Stabile organizzazione: rileva la partecipazione alle attività della casa madre

Fonte: eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia

Data: 22/08/2011

La partecipazione o meno della branch all’attività della casa madre è funzionale all’individuazione del debitore d’imposta

Per effetto del Regolamento del Consiglio UE n. 282/2011, il sistema dell’IVA ha trovato una definizione puntuale di “stabile organizzazione”, nozione decisiva al fine di valutare la territorialità delle operazioni in ambito comunitario .

Una delle situazioni più complesse a tale scopo si verifica laddove le operazioni siano effettuate dalla casa madre estera. In questo caso, infatti, con riferimento alle operazioni che coinvolgono esclusivamente soggetti passivi, occorrerà distinguere l’ipotesi in cui la stabile organizzazione partecipa alla cessione di beni o alla prestazione di servizi della casa madre da quella in cui ciò non avviene.
È necessario premettere che si considera che una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’IVA partecipi alle operazioni della casa madre allorché i mezzi tecnici o umani della stessa siano utilizzati dalla casa madre per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di beni o della prestazione di servizi imponibile effettuata in tale Stato membro, prima o durante la realizzazione di detta cessione o prestazione (art. 53 del Regolamento del Consiglio UE n. 282/2011). Non potrà aversi, invece, “partecipazione” nel senso sopra indicato allorché i mezzi della stabile organizzazione siano utilizzati unicamente per funzioni di supporto amministrativo, quali la contabilità, la fatturazione e il recupero crediti.

Tuttavia, laddove venga emessa fattura con il numero IVA della stabile organizzazione, si considera in ogni caso che quest’ultima abbia partecipato all’operazione della casa madre (art. 53 del Regolamento n. 282/2011).

Ebbene, in caso di cessioni di beni e/o di prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi nazionali, se le operazioni sono effettuate direttamente dalla casa madre estera, senza la partecipazione della stabile organizzazione esistente nel nostro Paese, tutti gli obblighi IVA dovranno essere adempiuti dai cessionari o dai committenti in base al meccanismo del cosiddetto reverse charge ex art. 17, co.2, DPR 633/1972. Diversamente, se la stabile organizzazione partecipa alle operazioni della casa madre estera, debitore dell’IVA è il soggetto estero, il quale assolverà ai propri adempimenti attraverso la propria stabile organizzazione in Italia (si veda, al riguardo, la CM 37/E del 29 luglio 2011).

IVA a carico della branch per le operazioni “B2C”

La “partecipazione” o meno della stabile organizzazione ubicata in Italia all’operazione della casa madre estera non rileva più laddove le operazioni realizzate in Italia da quest’ultima abbiano come destinatari privati o soggetti non stabiliti in Italia. In quest’ultima ipotesi, infatti, la stabile organizzazione italiana dovrà provvedere a tutti gli adempimenti IVA, utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture non riferibili alle operazioni poste in essere attraverso la stabile organizzazione e gestendo, quindi, tali operazioni in contabilità separata (in tal senso la citata CM 37/E del 29 luglio 2011).

Analogo obbligo di contabilità separata in capo al soggetto nazionale sussiste, infine, con riferimento all’ipotesi di prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un soggetto italiano attraverso una propria stabile organizzazione all’estero.