Acquisti da Repubblica San Marino

Fonte: Eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia e F. D’Alfonso

Data: 23/08/2011

La disciplina IVA degli acquisti da San Marino prevede numerose particolarità che derogano ai criteri generali. In queste s’innestano le peculiarità degli acquisti effettuati dagli enti non commerciali. Va premesso che la Repubblica di San Marino non costituisce uno Stato membro della UE né fa parte del “territorio della Comunità”, come definito dall’art. 7, comma 1, lett. b), del DPR n. 633/1972.

Per gli acquisti di servizi, si applicheranno le regole generali in materia di individuazione del luogo di imposizione, salvo specifiche deroghe (es. servizi su immobili) per cui:

  • saranno rilevanti territorialmente in Italia le prestazioni rese nei confronti di soggetti passivi IVA stabiliti in Italia (art. 7-ter, co. 1, lett. a) DPR 633/1972);
  • saranno fuori dal campo di applicazione le prestazioni rese a privati nazionali. Peraltro, non devono considerarsi soggetti passivi coloro che ricevono servizi destinati esclusivamente ad un uso privato, compreso quello da parte dei loro dipendenti (art. 19 del regolamento del Consiglio UE n. 282/2011). Tale principio, dunque, oltre che per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni (art. 7-ter, comma 2, lett. a) del Decreto IVA), la natura dell’acquisto dei quali è oggetto di valutazione da parte del prestatore del servizio, vale anche con riferimento alle persone giuridiche che si trovano nelle predette condizioni previste dal citato reg. UE (CM 37/E/2011).

Per soggetti passivi devono intendersi anche gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni ex art. 4, co.4 del Decreto IVA, cioè: gli enti non commercialiche svolgono attività commerciale; gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni che non svolgono attività commerciale, ma che sono identificati ai fini IVA (art. 7-ter, comma 2, lett. b) e c) del Decreto IVA).
In particolare, rientrano tra questi ultimi soggetti:

  • coloro che hanno effettuato nell’anno precedente, ovvero effettuino nell’anno in corso, acquisti intracomunitari di beni al di sopra della soglia di 10.000 euro fissata dall’art. 38, comma 5, lett. c) del DL n. 331/1993 o che hanno optato per l’imposizione nel nostro Paese;
  • gli operatori che hanno eseguito, entro gli stessi termini, acquisti presso operatori di San Marino superiori alla soglia di 8.263,31 euro, nonché i soggetti che, pur non avendo superato tali soglie, abbiano optato per l’imposizione in Italia. In linea generale, si ricorda che in caso di acquisto di beni e servizi effettuato nei confronti di soggetti non residenti (quindi, anche sammarinesi) in virtù di operazioni rilevanti territorialmente in Italia, tutti gli obblighi IVA dovranno essere adempiuti dal committente nazionale attraverso il sistema del c.d. “reverse charge” (art. 17, secondo comma del DPR n. 633/1972), mediante autofattura e duplice annotazione, sul registro vendite e su quello acquisti, di tale documento. Se il servizio è acquistato da privati nazionali, si applicheranno, invece, le imposte locali del Paese del prestatore del servizio.

Per quanto concerne gli acquisti di beni, anche se San Marino costituisce uno Stato extra-UE, non si applica la disciplina prevista per le importazioni, ma sono previste due particolari procedure, alternative:

  • con addebito d’imposta da parte del fornitore di San Marino;
  • senza indicazione dell’IVA da parte di quest’ultimo.

Nel primo caso (cfr. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 158/2000), il cedente sammarinese emette fattura in quattro copie indicando: il proprio numero di identificazione; la partita IVA dell’acquirente; l’ammontare dell’IVA dovuta dal cessionario italiano.
Tali fatture devono poi essere presentate all’Ufficio tributario sammarinese congiuntamente ad un elenco riepilogativo in quattro copie e previo versamento dell’imposta. Successivamente, il fornitore sammarinese trasmette al soggetto IVA italiano l’originale della fattura restituita dall’ufficio, perforata con datario e timbrata con impronta secco. L’operatore nazionale annoterà la fattura ricevuta nel registro IVA acquisti e potrà portare in detrazione l’imposta secondo i criteri generali.
Secondo l’altra procedura, l’operatore sammarinese emetterà fattura in tre esemplari, riportando sulla stessa il proprio codice identificativo e la partita IVA del cessionario italiano e presenterà detti documenti, accompagnati da un elenco riepilogativo in tre copie, all’Ufficio tributario sammarinese, il quale apporrà sugli stessi un timbro a secco, restituendo al cedente sammarinese due esemplari delle fatture (cfr. DM 24 dicembre 1993). Un esemplare delle fatture vistate sarà, poi, inviato dall’operatore sammarinese all’acquirente italiano, il quale adempierà agli obblighi IVA a norma dell’art. 17, comma 2 del DPR 633/1972 (autofatturazione). Il soggetto nazionale dovrà, inoltre, avere cura di comunicare al locale Ufficio dell’Agenzia delle Entrate (non è previsto, tuttavia, un preciso limite temporale) l’annotazione delle predette operazioni sui registri IVA.

Particolarità per gli acquisti effettuati dagli enti non commerciali

Particolarità vigono per gli acquisti di beni e/o di servizi realizzati da enti non commerciali, soggetti passivi o non soggetti passivi, ma comunque identificati ai fini IVA in Italia. In caso di acquisti effettuati in relazione allo svolgimento di attività istituzionali e per i quali l’imposta è stata applicata ai sensi dell’art. 17, secondo comma del DPR n. 633/1972 (reverse charge), gli obblighi di registrazione, dichiarazione e versamento dell’imposta dovranno essere, infatti, adempiuti da questi ultimi secondo le disposizioni di cui agli artt. 47, comma 3 e 49 del DL n. 331/1993 (articolo 30-bis del DPR n. 633/1972). Pertanto, detti enti non commerciali dovranno annotare l’autofattura emessa in unapposito registro tenuto e conservato a norma dell’art. 39 del Decreto IVA (in tale registro dovranno essere annotate anche le fatture IVA emesse dall’operatore sammarinese secondo l’altra procedura), nonché versare cumulativamente, entro ciascun mese, l’imposta relativa a tutti gli acquisti registrati nel mese precedente tramite modello F24. Allo stesso tempo, tali soggetti sono tenuti ad inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione (c.d. “modello INTRA12”), nella quale devono essere riportati gli acquisti registrati nel mese precedente, l’importo relativo all’IVA dovuta, nonché gli estremi del versamento effettuato dal dichiarante.

Inoltre, i citati enti non commerciali non soggetti passivi dovranno adempiere agli obblighi IVA secondo le modalità indicate esclusivamente nelle ipotesi in cui l’ammontare degli acquisti effettuati nella Repubblica di San Marino abbia superato nell’anno precedente ovvero superi nell’anno in corso il limite di 8.263,31 euro o laddove, pur non avendo superato tale soglia, gli stessi abbiano optato per l’imposizione in Italia; in caso contrario, l’imposta sarà assolta nella Repubblica di San Marino, poiché il fornitore sammarinese addebiterà l’Iva locale con la propria fattura. Ad ogni modo, a prescindere dalla procedura adottata, per l’acquisto di servizi da fornitori sammarinesi non è previsto alcun obbligo ai fini INTRASTAT. Gli acquisti realizzati dai soggetti privati saranno assoggettate ad imposta nella Repubblica di San Marino, salvo che si tratti di acquisti (a titolo oneroso) di mezzi di trasporto nuovi o di beni ceduti in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, con invio a carico del cedente, in caso di superamento della soglia di 35.000 euro o di opzione da parte del cedente per il pagamento del tributo in Italia.

Infine, rientrando San Marino tra i Paesi a fiscalità privilegiata di cui al DM 4 maggio 1999 e al DM 21 novembre 2001, i soggetti IVA nazionali sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione che coinvolgono gli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in tale Stato. Devono essere comunicate anche le prestazioni di servizi rese/ricevute prive del requisito della territorialità (DM 5 agosto 2010). Tuttavia, non occorre indicare nel modello UNICO l’ammontare degli acquisti ai fini della deducibilità dei relativi costi e spese, poiché San Marino non è presente nella lista di Paesi di cui al DM 23 gennaio 2002.

TERRITORIALITA’ SERVIZI – chiarimenti della CM 37/E/2011 – 5° parte – operazioni non imponibili

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>>>> Vai alla 2° parte dell’articolo: “Deroghe B2B e B2C”

>>>> Vai alla 3° parte dell’articolo: “Deroghe esclusivamente B2C”

>>>> Vai alla 4° parte dell’articolo: “Debitore d’imposta”

OPERAZIONI NON IMPONIBILI

Insieme alla territorialità, vi sono state modifiche alla disciplina delle operazioni non imponibili IVA: sono state soppresse le disposizioni che stabilivano la  non applicazione dell’imposta per cessioni all’esportazione ed operazioni assimilate, servizi internazionali, cessioni intracomunitarie, altre operazioni intracomunitarie disciplinate ex art.40 DL 331/1993; tali operazioni sono ora definite come operazioni non imponibili, ovvero operazioni esenti che non limitano l’esercizio del diritto alla detrazione (v. modifiche agli artt. 8 e 9 DPR 633/1972, e all’art.41 DL 331/1993).

Le modifiche alla territorialità impattano inoltre sull’ambito di operatività delle disposizioni ex art. 9, co.1 DPR 633/1972:

  • tale disposizione continua ad applicarsi per le operazioni che rientrano nel campo di  applicazione dell’imposta ex artt. da 7 a 7-septies DPR 633/1972;
  • per le operazioni B2B con assoggettamento a IVA nello Stato del committente:
    • sono irrilevanti ai fini IVA le operazioni rese a committenti non stabiliti nel territorio dello Stato, ancorché la fattispecie sia presa in considerazione anche ex art.9, co.1. Tali operazioni sono quindi irrilevanti ai fini dello status di esportatore abituale e della determinazione del plafond;
    • sono non imponibili IVA le operazioni rese a committenti stabiliti nel territorio dello Stato, ove ricadenti nell’ambito applicativo delle prestazioni ex art.9, co.1 DPR 633/1972.

Per le prestazioni ex art. 9, co.1 n. 2) e n. 4) DPR 633/1972, la non imponibilità è rispettivamente prevista per i trasporti e i servizi di spedizione relativi a beni in esportazione, in transito, in importazione temporanea, nonché a beni in importazione i cui corrispettivi siano assoggettati all’imposta ex art.69, co.1 DPR 633/1972. Si precisa che, i concetti di importazione e esportazione assumono rilevanza con riferimento al territorio UE, quindi la non imponibilità si applica, per i servizi acquistati da committenti stabiliti nel territorio dello Stato, anche quando le predette fattispecie (esportazione, importazione, transito) si verifichino nel territorio di uno Stato UE diverso dall’Italia.

In tal senso, con riguardo  al concetto di “territorio” rilevante ai fini delle esportazioni, v. RM 134/E/2010, in cui si è chiarito che è qualificabile come cessione all’esportazione il trasferimento di un bene da uno Stato membro verso un Paese extra-UE. La corretta applicazione della disciplina di non imponibilità sarà provata dalla documentazione doganale emessa dall’Autorità fiscale dello Stato membro interessato.

Analoghe considerazioni valgono con riferimento all’art.9, co.1, n. 7), che prevede la non imponibilità per le intermediazioni relative a beni in importazione, in esportazione e transito, ed anche le intermediazioni relative a operazioni effettuate fuori della UE. Anche tale ultima disposizione, nei rapporti  B2B, vale con riferimento alle prestazioni commesse da  soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato (non verificandosi il presupposto territoriale per quelle commesse da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato). Nulla muta, rispetto alla disciplina previgente, con riferimento alla disciplina dei trasporti internazionali di persone, non modificata dal D.Lgs 18/2010.

Si precisa infine che è irrilevante la soppressione della disposizione ex art. 9, co.1, numero 12) DPR 633/1972, in base al quale costituivano operazioni non imponibili le operazioni assicurative, bancarie e finanziarie di cui ai numeri da 1 a 4 art. 10 DPR 633/1972, quando rese a soggetti (sia passivi, che privati) non comunitari o relative a beni destinati a essere esportati. In aderenza con la previsione comunitaria, tali operazioni (comprese anche le prestazioni di intermediazione relative alle operazioni assicurative, bancarie e finanziarie ex art.10 numeri da 1) a 4) DPR 633/1972) sono ora considerate ex art.19 co. 3, lett. a-bis) DPR 633/1972:

  • non territoriali, ma da considerare ai fini della detrazione come operazioni imponibili, se rese a committenti stabiliti in uno Stato extra UE;
  • non territoriali, ma da considerare ai fini della detrazione come operazioni imponibili, se rese a committenti soggetti passivi stabiliti in uno Stato UE, se relative a beni destinati a essere esportati;
  • esenti da IVA, ma da considerare ai fini della detrazione come operazioni imponibili, se rese a committenti soggetti passivi stabiliti in Italia o committenti non soggetti passivi stabiliti in Italia o in uno Stato UE, se relative a beni destinati a essere esportati.

PERFEZIONAMENTO PASSIVO

Il trattamento ai fini IVA delle operazioni di reimportazione di merci comunitarie inviate al di fuori del territorio UE per essere sottoposte a lavorazione, trasformazione o riparazione (c.d. “regime di perfezionamento passivo” o “esportazioni temporanee”) è il seguente:

  • sino al 31 dicembre 2009,  l’IVA sul servizio di lavorazione doveva essere assolta in dogana alla reimportazione della merce e calcolata sulla differenza tra il valore doganale della merce stessa alla reimportazione e quello determinato al momento della temporanea esportazione;
  • dal 1° gennaio 2010 a seguito delle modifiche in materia di  reverse charge, si verifica la situazione in cui l’IVA, da esigere in dogana al momento della reimportazione, deve essere anche applicata dal committente stabilito in Italia del servizio, che ex art.17 DPR 633/1972 è il debitore dell’imposta.

Quindi, dal 1° gennaio 2010:

  • l’IVA sulla lavorazione viene corrisposta dal committente al momento di effettuazione della lavorazione tramite emissione di autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero;
  • il committente – che, anteriormente alla reimportazione, avrà già applicato l’IVA sulla lavorazione al momento di effettuazione della prestazione di lavorazione tramite autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero – al momento della reimportazione, potrà documentalmente dimostrare l’avvenuto adempimento e, in tal caso, dall’IVA calcolata in dogana dovrà essere sottratta l’IVA già assolta per autofatturazione della lavorazione, scongiurando anche la possibilità che, in caso di mancato rientro del bene nel Paese, l’imposta sul servizio in questione non venga assolta;
  • diversamente, nel caso in cui l’avvenuto assolvimento dell’IVA non possa essere dimostrato, si può continuare ad applicare la procedura finora seguita che prevede la liquidazione e l’assolvimento dell’IVA in dogana, all’atto della reimportazione;
  • per le lavorazioni territorialmente rilevanti in Italia, quindi, dovrà in ogni caso essere emessa autofattura da parte del committente nazionale, che in luogo dell’applicazione dell’IVA indicherà la dizione “IVA assolta in dogana con documento doganale n XY”.

TERRITORIALITA’ SERVIZI – chiarimenti della CM 37/E/2011 – 4° parte – Debitore d’imposta

>>>> Vai alla 1° parte dell’articolo: “Criteri base”

>>>> Vai alla 2° parte dell’articolo: “Deroghe B2B e B2C”

>>>> Vai alla 3° parte dell’articolo: “Deroghe esclusivamente B2C”

DEBITORE D’IMPOSTA E ADEMPIMENTI

DISCIPLINA DAL 1° GENNAIO 2010

A partire dal 1° gennaio 2010, ex art. 17, co.2 DPR 633/1972, l’IVA relativa a tutte le cessioni  di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti (tranne quelle rese tramite stabile organizzazione in Italia) – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante reverse charge, ancorché il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale.

Ai fini del  reverse charge  obbligatorio, sono cessionari o committenti stabiliti  in Italia ex art. 17, co.2:

  • i cessionari o committenti domiciliati o residenti in Italia, quando l’operazione sia territorialmente rilevante in Italia (ad es. non per  le prestazioni disciplinate dal criterio-base B2B, quando sia una stabile organizzazione degli stessi all’estero a commettere il servizio reso dal soggetto non residente);
  • le stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero, quando l’operazione sia territorialmente rilevante in Italia (ad es. per le prestazioni disciplinate dal criterio-base B2B, quando sia detta stabile organizzazione a commettere il servizio reso dal soggetto non residente).

Sempre ai fini del  reverse charge obbligatorio, sono cedenti o prestatori non residenti in Italia, ex art. 17, co.2:

  • i cedenti o prestatori non domiciliati né residenti e privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato (ancorché ivi identificati ai fini IVA);
  • i cedenti o prestatori non domiciliati né residenti nel territorio dello Stato che ivi abbiano una stabile organizzazione, quando detta organizzazione non intervenga nella cessione del bene o nella prestazione del servizio.

In tali circostanze è solo sul cessionario/committente stabilito, se soggetto passivo, che ricadono gli obblighi IVA; il cedente o prestatore non residente, anche se identificato nel territorio dello Stato, non è tenuto a nessun adempimento, neanche all’emissione della fattura tramite il numero identificativo IVA italiano (v. [download id=”6687″]).

ADEMPIMENTI DEL CESSIONARIO/COMMITTENTE

Il cessionario/committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato ex art. 21, co.4 e 5 DPR 633/1972, dovrà emettere autofattura in unico esemplare al momento di effettuazione dell’operazione, determinato ex art.6 DPR 633/1972. L’autofattura dovrà essere emessa:

  • per le prestazioni di servizi, non oltre il momento del pagamento (in caso di  pagamento parziale, limitatamente all’importo pagato)
  • per le cessioni di beni, non oltre il momento della consegna o spedizione o, se anteriore, del pagamento (in caso di pagamento parziale, limitatamente all’importo pagato).

I committenti che ricevono da soggetti UE servizi disciplinati, ai fini della territorialità, dalla regola generale ex art. 7-ter, possono scegliere tra l’autofattura e l’integrazione del documento ricevuto dal prestatore UE con l’IVA italiana.

Per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da DDT ex DPR 472/1996, l’emissione dell’autofattura (anche riepilogativa delle consegne intervenute nel corso di un mese) potrà avvenire entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione.

Le autofatture dovranno essere annotate nel registro delle fatture emesse ex art. 23 DPR  633/1972,  entro 15 giorni dall’emissione (entro il 15 del mese successivo a quello della consegna/spedizione per le fatture ex art.21, co. 4, 2° periodo DPR 633/1972). Per i commercianti al  minuto e gli altri soggetti non obbligati alla tenuta del registro delle fatture emesse, le autofatture potranno essere annotate, nel rispetto della predetta tempistica, nel registro dei corrispettivi tenuto ex art.24 DPR 633/1972.

Ex art. 25 le autofatture dovranno essere numerate in base all’ordine progressivo delle fatture ricevute e riportate nel registro degli acquisti, per poter esercitare il diritto alla detrazione: l’annotazione potrà quindi essere effettuata, ex art.19, co.1 DPR 633/1972, a partire dal mese in cui l’IVA diviene esigibile fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale del secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile (ultimo momento per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA).

È possibile annotare acquisti di beni e servizi in reverse charge – sia con riferimento al registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che a quello degli acquisti – in un registro sezionale o blocco sezionale con distinta numerazione: come già per gli acquisti intra UE di beni (v. RM 144/E/1999), gli obblighi di numerazione e di annotazione sia nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che in quello degli acquisti possono ritenersi soddisfatti anche ove si proceda a un’unica numerazione delle autofatture relative alle operazioni in reverse charge e a un’unica annotazione delle stesse su un apposito registro sezionale, che assume quindi il duplice ruolo di registro sezionale sia del registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) che del registro degli acquisti, fermo restando ovviamente che, ancorché in presenza di un’unica annotazione, nelle liquidazioni e nelle dichiarazioni dell’imposta devono comunque distintamente valorizzarsi l’imposta a debito e l’imposta a credito relative a tali operazioni.

Per i soggetti ex lett. b) e c) art. 7-ter co.2 DPR 633/1972 che non svolgono attività imprenditoriale, artistica o professionale, o non effettuano l’acquisto nell’ambito di attività imprenditoriale, artistica o professionale, ma sono considerati soggetti  passivi dalla normativa in materia di territorialità, è previsto il  reverse charge obbligatorio anche per tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere nei confronti di tali soggetti che assumano rilevanza territoriale ai fini IVA. Tali soggetti dovranno:

  • tenere un registro in cui annotare le operazioni di acquisto entro il mese successivo a quello di effettuazione;
  • presentare entro la fine di ciascun mese una dichiarazione relativa agli acquisti effettuati nel mese precedente (modello INTRA 12),
  • versare l’IVA entro lo stesso termine.

Per acquisti effettuati da un soggetto che esercita sia attività commerciale che attività non commerciale, l’imposta andrà applicata col reverse charge: ove l’acquisto sia relativo all’attività non commerciale, non competerà il diritto alla detrazione dell’IVA (diritto che sugli acquisti afferenti alle attività rilevanti ai fini IVA sarà comunque subordinato all’osservanza degli adempimenti ex art. 19-ter DPR 633/1972).

Per le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nello Stato, esenti da IVA, il committente – per i servizi ricevuti – non è soggetto agli obblighi di emissione della autofattura e ai connessi obblighi di annotazione quando lo stesso non è tenuto alla fatturazione dei servizi della stessa tipologia che fossero dallo stesso effettuati. Esempio: un soggetto che riceva un finanziamento non dovrà emettere autofattura, posto che per tali servizi, se resi, c’è l’esonero dall’emissione della fattura ex art. 22, co.1, n. 6, DPR 633/1972; parimenti, banche e società finanziarie, esonerate dall’obbligo di fatturazione per tutti i servizi resi ex art. 22, co.1, n. 5, DPR 633/1972 non sono tenute ad emettere autofattura, per tutti i servizi – esenti o non imponibili – ricevuti.

Ex art.17, co.3 DPR 633/1972, il reverse charge non si applica nel caso in cui le cessioni di beni o le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia siano effettuate da un soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di:

  • cessionari/committenti soggetti  passivi che siano stabiliti fuori del territorio dello Stato, ovvero
  • cessionari/committenti che non possano essere qualificati come soggetti passivi ex art. 7-ter, co. 2, DPR 633/1972.

Il soggetto non residente in tali casi dovrà identificarsi direttamente ex art.35-ter DPR 633/1972, ovvero nominare un rappresentante fiscale (analogamente a quanto previsto fino al 31 dicembre 2009).

SERVIZI DI DURATA SUPERIORE A UN ANNO

Ex art.6, co.3, 3° periodo DPR 633/1972, le prestazioni di servizi generiche ex art. 7-ter rese da un soggetto UE a un committente IT in modo continuativo nell’arco di un periodo superiore ad un anno, per le quali non sia prevista  la corresponsione nel periodo di acconti o pagamenti, anche parziali, si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare, fino alla conclusione delle prestazioni medesime, per cui:

  1. è necessario attendere (anche per servizi per cui è sin dall’inizio prevista  una durata pluriennale) dodici mesi per annoverare le prestazioni ricevute tra quelle interessate dalla disposizione in esame; ed, inoltre,
  2. il momento dell’effettuazione per tali prestazioni di servizio è comunque il 31 dicembre di ciascun anno.

Esempio: servizio di manutenzione per cui non siano previsti  acconti o pagamenti parziali in corso d’opera, reso da artigiano francese a far data dal 1° aprile 2011, ad un imprenditore italiano; si dovrà in primo luogo attendere il 1° aprile 2012 (per verificare che sia trascorso un anno dall’inizio del servizio di manutenzione), e successivamente, il 31 dicembre 2012 registrare l’effettuazione della prestazione per la durata di 21 mesi.

Il committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato dovrà emettere un’autofattura, con riferimento al servizio fornitogli in ciascun anno (o in un arco temporale superiore, come nell’esempio), determinando la base imponibile da assoggettare ad imposta ex art.13, co.2, lett.c), DPR 633/1972, rapportando il corrispettivo totale pattuito dalle parti alla quota parte di servizio che è stata resa  nel momento in cui si rileva l’ultimazione della prestazione (alla fine di ciascun anno solare). Nell’esempio sopra, se la durata del contratto di manutenzione è di 5 anni e il corrispettivo da corrispondere al termine di tale periodo sia di 100.000 euro, al 31 dicembre 2012, l’imprenditore italiano emetterà un’autofattura in cui indicherà, come base imponibile 35.000 euro, dati dalla seguente formula:

B  :  A  =  D  :  1 0 0 . 0 0 0

Legenda:

  • A) durata del contratto di manutenzione: 60 mesi
  • B) durata 1° tranche del servizio di manutenzione:  21 mesi (1/4/2011 – 31/12/ 2012)
  • C) quota percentuale del servizio fornito sino al 31 dicembre 2012: 35%
  • D) applicazione della percentuale al corrispettivo totale pattuito: 35.000 euro (35 % di 100.000 euro).

STABILE ORGANIZZAZIONE E DEBITORE D’IMPOSTA

Con riferimento alle prestazioni rese o ricevute da

  • soggetti residenti con stabile organizzazione all’estero,
  • soggetti non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato,

il debitore dell’imposta, ex art. 17, co.3 e 4 DPR 633/1972, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, rese da soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato membro, sarà come nella seguente tabella:

[table id=28 /]

Infine ex art.21, co.6 DPR 633/1972, è obbligatoria l’emissione della fattura anche per operazioni per cui non sussiste il presupposto territoriale:

  • fino al 31/12/2009 le uniche operazioni soggette all’obbligo di fatturazione erano le cessioni di beni in transito o in luoghi soggetti a vigilanza doganale (rilevanti ai fini della determinazione annua del volume d’affari);
  • dal 1/01/2010, oltre a tali cessioni di beni, sono soggette all’obbligo di fatturazione anche le prestazioni di servizi rese a committenti soggetti passivi stabiliti in altro Stato UE, non soggette ad IVA ex art. 7-ter DPR 633/1972; la  ratio di tale disposizione risiede nell’introduzione dell’Intrastat delle prestazioni di servizi, che riguarda solo le operazioni nei confronti di soggetti passivi stabiliti in altro Stato UE per cui si applica il criterio-base di territorialità; non c’è alcun obbligo di fatturazione, invece, per le operazioni non rilevanti sotto il profilo territoriale in base ad altre disposizioni (in particolare, ex artt. da 7-quater a 7-septies) nonché per le prestazioni rese nei confronti di committenti stabiliti in Stato non UE. L’obbligo di fattura:
    • sussiste – per operazioni verso soggetti passivi UE – anche nelle fattispecie di esonero della fatturazione ex art. 22 DPR 633/1972;
    • è escluso in caso di prestazioni per cui non si fa l’Intrastat (operazioni esenti o non soggette a IVA nello Stato UE del committente ex art. 50, co. 6, DL 331/1993).

>>>> Vai alla 5° parte dell’articolo: “Operazioni non imponibili”

IVA Stabile organizzazione: rileva la partecipazione alle attività della casa madre

Fonte: eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia

Data: 22/08/2011

La partecipazione o meno della branch all’attività della casa madre è funzionale all’individuazione del debitore d’imposta

Per effetto del Regolamento del Consiglio UE n. 282/2011, il sistema dell’IVA ha trovato una definizione puntuale di “stabile organizzazione”, nozione decisiva al fine di valutare la territorialità delle operazioni in ambito comunitario .

Una delle situazioni più complesse a tale scopo si verifica laddove le operazioni siano effettuate dalla casa madre estera. In questo caso, infatti, con riferimento alle operazioni che coinvolgono esclusivamente soggetti passivi, occorrerà distinguere l’ipotesi in cui la stabile organizzazione partecipa alla cessione di beni o alla prestazione di servizi della casa madre da quella in cui ciò non avviene.
È necessario premettere che si considera che una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’IVA partecipi alle operazioni della casa madre allorché i mezzi tecnici o umani della stessa siano utilizzati dalla casa madre per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di beni o della prestazione di servizi imponibile effettuata in tale Stato membro, prima o durante la realizzazione di detta cessione o prestazione (art. 53 del Regolamento del Consiglio UE n. 282/2011). Non potrà aversi, invece, “partecipazione” nel senso sopra indicato allorché i mezzi della stabile organizzazione siano utilizzati unicamente per funzioni di supporto amministrativo, quali la contabilità, la fatturazione e il recupero crediti.

Tuttavia, laddove venga emessa fattura con il numero IVA della stabile organizzazione, si considera in ogni caso che quest’ultima abbia partecipato all’operazione della casa madre (art. 53 del Regolamento n. 282/2011).

Ebbene, in caso di cessioni di beni e/o di prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi nazionali, se le operazioni sono effettuate direttamente dalla casa madre estera, senza la partecipazione della stabile organizzazione esistente nel nostro Paese, tutti gli obblighi IVA dovranno essere adempiuti dai cessionari o dai committenti in base al meccanismo del cosiddetto reverse charge ex art. 17, co.2, DPR 633/1972. Diversamente, se la stabile organizzazione partecipa alle operazioni della casa madre estera, debitore dell’IVA è il soggetto estero, il quale assolverà ai propri adempimenti attraverso la propria stabile organizzazione in Italia (si veda, al riguardo, la CM 37/E del 29 luglio 2011).

IVA a carico della branch per le operazioni “B2C”

La “partecipazione” o meno della stabile organizzazione ubicata in Italia all’operazione della casa madre estera non rileva più laddove le operazioni realizzate in Italia da quest’ultima abbiano come destinatari privati o soggetti non stabiliti in Italia. In quest’ultima ipotesi, infatti, la stabile organizzazione italiana dovrà provvedere a tutti gli adempimenti IVA, utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture non riferibili alle operazioni poste in essere attraverso la stabile organizzazione e gestendo, quindi, tali operazioni in contabilità separata (in tal senso la citata CM 37/E del 29 luglio 2011).

Analogo obbligo di contabilità separata in capo al soggetto nazionale sussiste, infine, con riferimento all’ipotesi di prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un soggetto italiano attraverso una propria stabile organizzazione all’estero.