PLAFOND IVA: splafonamento IVA è violazione sostanziale

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Lo splafonamento IVA è violazione sostanziale e non formale: l’Agenzia Entrate, oltre a recuperare l’IVA dovuta sugli acquisti oltre i limiti del plafond, può applicare la sanzione pari al 100% dell’IVA recuperata (sentenza n. 1103/26/15 CTR Piemonte).

I fatti: una società esportatore abituale, presentando dichiarazione d’intento, aveva effettuato acquisti senza applicazione dell’IVA in misura eccedente il plafond disponibile (splafonamento) L’Agenzia Entrate, quindi, aveva recuperato la maggiore IVA dovuta in capo alla società che avendo rilasciato dichiarazione d’intento in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, ex art. 7 D.Lgs. 471/1997 è unica responsabile del pagamento.

La CTP Alessandria aveva dato ragione alla società: aveva violato gli obblighi contabili, ma non aveva sottratto l’IVA, in quanto, se avesse rispettato la normativa di riferimento, avrebbe versato l’IVA relativa a dette operazioni, che, però, non sarebbe diventata “dovuta”, perché sarebbe stata recuperata nella dichiarazione IVA annuale come credito di imposta, di cui poi la società avrebbe chiesto il rimborso oppure la detrazione l’anno successivo. Anche la sanzione operata dall’Agenzia era illegittima, per la “evidente sproporzione tra la violazione e la sanzione minima pari al 100% dell’IVA”, quindi tale sanzione veniva ridotta alla metà ex art. 7, co.4 DLgs. 472/1997.

La CTR Piemonte ha bocciato tale decisione su tutta la linea: l’omesso versamento dell’IVA dovuta sugli acquisti effettuati in sospensione d’imposta senza avere plafond disponibile non può essere mera irregolarità formale, lo splafonamento IVA è violazione sostanziale, poichè comporta il mancato immediato pagamento dell’IVA ai fornitori delle cessioni illegittimamente inserite nel plafond, e quindi vengono violati gli obblighi sostanziali che devono essere rispettati, ai fini della detrazione, e viene alterato l’ordinario e imprescindibile meccanismo della rivalsa e della detrazione dell’IVA (v. Cass. n. 22430/2014).
In altre sentenze, anche la Cassazione ha stabilito che il cessionario o committente il quale, beneficiando del trattamento previsto per l’esportatore abituale, acquisti beni o servizi in sospensione d’imposta oltre il limite consentito (splafonamento), è tenuto al pagamento dell’IVA dovuta per gli acquisti di beni o servizi oltre tale limite (v. Cass. 12774/2011, 7695/2013, 23588/ 2012). In risposta alla società, per cui il rispetto delle regole previste avrebbe comunque comportato l’emergere di un credito IVA, che quindi sarebbe stato “recuperato” in dichiarazione annuale e non avrebbe fatto alcun danno all’Erario con lo splafonamento, la CTR ha osservato che tale comportamento sarebbe solo ipotetico, al contrario della condotta concretamente seguita, ovvero del mancato versamento dell’IVA a monte. Inoltre è stata riformata la parte della sentenza della CTP per cui le sanzioni sarebbero state da ridurre del 50%: secondo la CTR non sussisteva la fattispecie ex art. 7 co.4 DLgs. 472/1997 (qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo).

Si precisa che in caso di splafonamento, al fine di evitare la possibile sanzione dal 100% al 200% dell’IVA ex art. 7, co.4 D.Lgs. 471/1997, si può ricorrere al ravvedimento operoso, con emissione di autofattura (v. CM 12/E/2010, § 3.7).

Infine si evidenzia che la riforma delle sanzioni prevista dal DLgs. 158/2015 non sembra mutare il quadro sopra delineato.

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