INTRASTAT: Scadenzario 2011 e Decreto Sviluppo

Gli elenchi INTRASTAT vanno presentati in via telematica con le seguenti scadenze: entro il giorno 25 del mese successivo al periodo (mese/trimestre) di riferimento, attraverso in alternativa:

  • Servizio telematico doganale;
  • Servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline).

Con CM 60/D/1999, l’Agenzia delle Dogane ha specificato che per gli Uffici doganali la giornata di sabato è lavorativa, quindi se la scadenza di presentazione INTRASTAT cade di sabato i contribuenti non possono beneficiare del differimento generalizzato dei termini al lunedì successivo.

Parte della dottrina ha sostenuto che tale limitazione interessi anche gli elenchi INTRASTAT trasmessi attraverso i Servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate in quanto gli stessi fungono semplicemente da canali di trasmissione, mentre il destinatario finale delle dichiarazioni rimane comunque l’Agenzia delle Dogane.

L’art. 7, c. 2, lett. l), DL 110/2011 (c.d. “Decreto Sviluppo”), risolve finalmente tale problematica stabilendo che i versamenti e gli adempimenti, anche se effettuabili con modalità esclusivamente telematica, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico – finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre prorogati al primo giorno lavorativo successivo.

Pertanto, dal 14 maggio 2011 (data di entrata in vigore del DL), se il termine di presentazione degli elenchi INTRASTAT cade di sabato, lo stesso è automaticamente prorogato al primo giorno lavorativo successivo a prescindere dal canale telematico utilizzato (Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Dogane).

Si forniscono degli esempi in calce allo scadenzario per comprendere le variazioni di periodicità

Scadenzario Intrastat 2015

>>>> Scarica lo scadenzario INTRASTAT 2011


REVERSE CHARGE cellulari e dispositivi a circuito integrato: RM 36/E/2011

L’Agenzia delle Entrate, con la RM 36/E/2011, integra i chiarimenti già forniti con la CM 59/E/2010 sull’obbligo di applicazione del reverse charge, a partire da oggi 1° aprile 2011, alle cessioni di telefoni cellulari e dispositivi a circuito integrato, cioè i beni per i quali il Consiglio UE (Decisione 2010/710/UE), ha autorizzato l’Italia a stabilire che il debitore d’imposta, in deroga all’art. 193 Direttiva 2006/112/CE, sia il cessionario soggetto passivo.

La decisione della UE è volta a contrastare le frodi carosello nel commercio non al dettaglio di tali beni, per cui,  in linea con tale finalità, la CM 59/E/2010 limita il nuovo obbligo alle “cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio”. Il meccanismo di inversione contabile prescinde, peraltro, dal valore delle cessioni, dal momento che l’autorizzazione concessa all’Italia non contempla alcuna soglia monetaria minima.

ASPETTO SOGGETTIVO

commercianti al minuto ex art. 22, co. 1, n. 1) DPR 633/1972 (commercianti autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante):

  • sono esclusi dal reverse charge come regola generale;
  • sono obbligati al reverse charge quando l’operatore economico acquisti beni oggetto dell’attività propria per i quali è obbligato a richiedere l’emissione della fattura. La classificazione del bene come di “attività” dovrebbe, dunque, essere sufficiente per ritenere che il cessionario non agisca come utilizzatore finale del bene ceduto.

Sono escluse dal reverse charge, inoltre, le cessioni poste in essere da soggetti diversi dai commercianti al minuto, direttamente nei confronti degli utilizzatori finali:

  • per i cellulari, tale ipotesi si verifica esclusivamente quando la cessione di uno o più cellulari sia accessoria alla fornitura del traffico telefonico; in caso, però, di cessione di più telefonini allo stesso acquirente, titolare di una o più SIMCARD, l’esclusione del reverse charge opera solo se il numero di cellulari ceduti non sia superiore al 10% del numero delle SIMCARD cedute al titolare dell’utenza telefonica;
  • per i dispositivi a circuito integrato, il reverse charge si applica se le relative cessioni sono anteriori alla loro installazione in prodotti (pc) destinati al consumatore finale, ed è irrilevante la circostanza che il cessionario, dopo l’acquisto, provveda o meno all’installazione o all’assemblaggio.

ASPETTO OGGETTTIVO

La UE ha autorizzato il reverse charge per:

  • telefoni cellulari la cui funzione principale sia di permettere di fruire dei servizi di fonia in mobilità; i relativi componenti ed accessori (auricolari, custodie, caricabatterie), anche se richiamati ex art. 17, co. 6, lett. b) DPR 633/1972, non sono stati invece autorizzati, ma comunque vanno in reverse charge se ceduti unitamente ai telefonini, per via del principio di accessorietà ex art. 12, co. 1 DPR 633/1972;
  • dispositivi a circuito integrato, con riguardo ai microprocessori e le unità centrali di elaborazione. Tale riferimento va considerato a titolo esemplificativo, in quanto il sistema di inversione contabile si applica anche ai beni destinati ad essere installati in apparati analoghi ai personal computer, come i server aziendali e, più in generale, ai dispositivi comunque riconducibili ai “circuiti integrati elettronici” (codice NC 8542 3190 00 della nomenclatura tariffaria e statistica e della tariffa doganale comune).

ALTRI CHIARIMENTI

La RM 36/E/2011 precisa, inoltre, che:

  • il reverse charge si applica anche alle rettifiche dell’imponibile e dell’imposta poste in essere attraverso le note di variazione ex art. 26 DPR 633/1972, purché tali note si riferiscano ad operazioni effettuate dal 1° aprile 2011; è pertanto il cessionario in tali casi ad essere obbligato/ ad avere la facoltà  di rettifica;
  • il cessionario non residente identificato ai fini IVA in Italia, è obbligato ad assolvere l’imposta; si tratta di un’indicazione contraria a quella ex RM 89/E/2010, secondo cui l’identificazione del soggetto non residente, nella specie tramite rappresentante fiscale, non è idonea a far considerare l’operatore come residente nel territorio dello Stato;
  • il reverse charge si applica anche nei passaggi da committente a commissionario o da commissionario a committente, dei beni venduti o acquistati in esecuzione dei contratti di commissione ex art. 2, co. 2, n. 3) DPR 633/1972;
  • non c’è obbligo, da parte del cedente, di acquisire una specifica attestazione e/o dichiarazione rilasciata dal cessionario in ordine allo status di utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo.

Vedi anche:

>>>> INTRA UE: reverse charge cellulari dal 1° aprile 2011;

>>>> REVERSE CHARGE cellulari e componenti PC: partenza dal 1° aprile 2011

Trovate inoltre una trattazione approfondita della materia nell’e-book dello Studio Giardini “Operazioni Internazionali 1.05″, 337 pagine aggiornato al 01/03/2011, in vendita sul sito del Commercialista Telematico.

>>>> Scarica gratuitamente l’indice e le prime 25 pagine dell’e-book

RIMBORSI IVA UE 2009: scadenza 31 marzo 2011

Fonte: Fisco Oggi

Autore: E. Mennella

Data: 18/03/2011

31 MARZO: SCADENZA TERMINE PER RICHIEDERE LA RESTITUZIONE DELL’IVA PAGATA IN ALTRO STATO UE NEL 2009

Dal 1° gennaio 2010 i soggetti passivi italiani che devono chiedere il rimborso dell’IVA pagata in un altro Stato UE sono tenuti ad adoperare una nuova procedura. Ciò in quanto la direttiva 2008/9/Ce ha introdotto nuove regole per il rimborso dell’Iva pagata in uno stato membro da soggetti stabiliti nel territorio di un altro Stato membro. Tale direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 18/2010, che ha introdotto nel Dpr 633/1972 l’articolo 38-bis1, disciplinante il rimborso dei soggetti passivi italiani dell’Iva pagata negli altri Stati membri.

MODALITA’, PERIODICITA’ E CONTENUTO DELLA RICHIESTA DI RIMBORSO

L’istanza di rimborso va presentata esclusivamente in via telematica direttamente (tramite Entratel o Fisconline), tramite gli incaricati della trasmissione telematica, avvalendosi di soggetti delegati in possesso di adeguata capacità tecnica, economica, finanziaria e organizzativa o tramite le CCIAA italiane all’estero che abbiano ottenuto il riconoscimento governativo. A differenza di quanto avveniva in precedenza, con la nuova procedura l’istanza di rimborso viene indirizzata direttamente all’Agenzia delle Entrate, che provvede, entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza (salvo il verificarsi di cause ostative), ad inoltrarla all’Amministrazione estera. La richiesta di rimborso va presentata distintamente per ciascun anno di imposta, seguendo la periodicità e i requisiti stabiliti dallo Stato UE competente per il rimborso.

TEMPESTIVITA’

L’istanza va presentata entro il 30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento. Quindi, per i soggetti passivi italiani che hanno sostenuto nel corso del 2010 negli altri Paesi comunitari acquisti inerenti l’attività l’istanza di rimborso telematica va presentata entro il prossimo 30 settembre 2011.

DIFFERIMENTO DEL TERMINE PER GLI ACQUISTI DEL 2009

Tuttavia, per gli acquisti effettuati negli altri Stati membri dai soggetti passivi italiani nel corso del 2009 è stato differito il termine. Con la direttiva 2010/66/UE del 14 ottobre 2010,  è stato prorogato al 31 marzo 2011 il termine originariamente fissato al 30 settembre nella direttiva n. 9 del 2008. Dalla lettura della direttiva 2010/66/Ue si comprende che, tuttavia, la riapertura del termine è stata decisa dal Consiglio europeo, su proposta della Commissione, in via del tutto eccezionale e solo per fronteggiare il non ottimale funzionamento dei portali elettronici di alcuni Stati membri che, in alcuni casi, non ha consentito l’inoltro delle istanze di rimborso nel termine convenuto. Nel nostro ordinamento, tale proroga è stata recepita con il provvedimento dell’11 novembre 2010 del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

RIAPERTURA DEL TERMINE E PRESTAZIONI DI SERVIZI

Per effetto delle modifiche intervenute dal 1° gennaio 2010 in materia di territorialità delle prestazioni di servizi, la riapertura del termine per gli acquisti del 2009 consente di accedere al rimborso dell’IVA pagata in un altro Stato membro oltre che per gli acquisti di beni, anche per tutte le prestazioni di servizi ivi ricevute nel corso del 2009. Dal 2010, invece, l’accesso alla procedura di rimborso dell’IVA pagata in un altro Stato membro per servizi ricevuti sarà limitata ai soli servizi speciali (indicati negli articoli 7-quater7-quinquies DPR 633/1972) la cui tassazione avviene nel luogo di esecuzione materiale (ad esempio, la partecipazione a fiere e convegni, prestazioni alberghiere, ristorazione, eccetera).

RICEVUTA DI PRESENTAZIONE E ATTRIBUZIONE DEL CRONOLOGICO ALL’ISTANZA DI RIMBORSO

L’istanza di rimborso si considera presentata nel giorno in cui viene completata da parte dell’Agenzia delle Entrate la ricezione del file contenuto nell’allegato A del provvedimento del 1° aprile 2010. L’avvenuta ricezione dell’istanza è attestata dalla ricevuta rilasciata dal sistema ed è resa disponibile nei cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file. Se è stato richiesto dallo Stato membro competente al rimborso, l’Agenzia delle Entrate rende disponibile in via telematica l’attestazione di avvenuta ricezione dell’istanza da parte dello Stato competente al rimborso (disponibile per cinque giorni lavorativi). Unitamente alla ricevuta, l’Agenzia delle Entrate comunica il numero di cronologico (protocollo) assegnato all’istanza.

VARIAZIONE DELL’ISTANZA DI RIMBORSO

Successivamente all’inoltro delle istanze allo Stato UE competente al rimborso è possibile presentare un’istanza correttiva dei dati originariamente indicati. Tuttavia, l’istanza correttiva non può contenere la richiesta di rimborso per nuove fatture o documenti di importazione. Per le nuove fatture o documenti di importazione si può presentare una nuova istanza di rimborso entro il termine.

RIFIUTO DELL’INOLTRO

Poiché il diritto al rimborso dell’IVA pagata in un altro Stato membro è retto dai medesimi presupposti del diritto alla detrazione, è compito dell’Agenzia che inoltra la richiesta di rimborso effettuare dei controlli preventivi. L’Agenzia (attraverso il competente ufficio Centro operativo di Pescara) non inoltra l’istanza di rimborso allo Stato UE competente, ma emette, entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza, un provvedimento di rifiuto da notificare al richiedente, anche tramite mezzi elettronici, nel caso in cui il richiedente:

  • non abbia svolto attività d’impresa, arte o professione
  • abbia effettuato unicamente operazioni esenti o non soggette che non danno diritto alla detrazione dell’imposta
  • si sia avvalso del regime dei contribuenti minimi
  • si sia avvalso del regime speciale per i produttori agricoli.

Analogamente, nel caso in cui la richiesta di rimborso non sia corretta in base ai controlli previsti dall’allegato B del provvedimento attuativo del 1° aprile 2010, l’Agenzia emette provvedimento di rifiuto da notificare al richiedente anche mediante mezzi elettronici. Avverso il provvedimento di rigetto, il soggetto passivo italiano può ricorrere seguendo le disposizioni in materia di contenzioso tributario.

CORREZIONE PERCENTUALE DI DETRAZIONE

I soggetti passivi che alla fine dell’anno solare hanno una percentuale di detrazione diversa da quella adoperata provvisoriamente nel corso dell’anno comunicano, entro l’anno solare seguente, la nuova percentuale di detrazione a tutti gli Stati UE a cui hanno chiesto il rimborso per l’IVA pagata all’interno del loro territorio.

La correzione della percentuale di detrazione viene effettuata contestualmente alla presentazione di una richiesta di rimborso ovvero, nel caso in cui il soggetto non presenti domande di rimborso durante l’anno, con un’apposita comunicazione contenente i dati previsti all’allegato C del provvedimento attuativo del 1° aprile 2010. Anche per la comunicazione di rettifica della percentuale di detrazione si applicano le disposizioni sopra indicate circa la tempestività, l’invio delle richieste, il rilascio della ricevuta, le disposizioni relative all’istanza correttiva e al rifiuto.

INTRA UE: ricambi auto usate, no al regime del margine

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Maiorino

Data: 07/03/2011

IL FATTO

Una società bulgara si occupa della rivendita di veicoli di seconda mano. In seguito a un accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria bulgara, la società, proponendo ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo, rilevava che i beni in questione non rientravano nella nozione di beni di occasione come previsto dalla disciplina bulgara sull’IVA. Questa caratteristica comportava l’inapplicabilità alla fattispecie della disciplina prevista per tali beni.
La società adduceva inoltre che la sua situazione non era riconducibile al regime del margine che a suo modo di vedere, non troverebbe applicazione per le cessioni di beni importati dal soggetto passivo rivenditore. Ne deriva che essa sarebbe autorizzata ad avvalersi del diritto al credito di imposta secondo le condizioni previste dalla normativa bulgara.
Ciò posto, il tribunale amministrativo ha ritenuto che la società istante si fosse regolarmente avvalsa del diritto al credito di imposta relativo alle importazioni effettuate. La decisione riposa sulla considerazione che i beni importati non fossero beni di occasione, posto che costituivano beni generici e non designati individualmente tramite caratteristiche che consentono di distinguerli da altri oggetti dello stesso genere.
Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha sottoposto alcune questioni al vaglio pregiudiziale della Corte di Giustizia.

NORMATIVA COMUNITARIA
La Direttiva CE 2006/212 (artt. 311 e segg.), reca la disciplina dei regimi speciali applicabili ai beni di occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato.
Tale disciplina prevede che gli Stati membri applichino alle cessioni di tali beni effettuate da soggetti passivi rivenditori un regime speciale di imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo rivenditore.
Inoltre, per ciascuna cessione per cui è ammesso il regime del margine, il soggetto passivo rivenditore può applicare il normale regime IVA.
Ex art. 320 Direttiva, il soggetto passivo che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di tali beni da lui importati, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore, l’IVA dovuta o assolta all’importazione del bene.

NORMATIVA DEL PAESE UE (Bulgaria)
In base al combinato disposto degli articoli 54 e 68 della legge bulgara sull’IVA il credito d’imposta è l’importo che un soggetto IVA può detrarre dal suo debito fiscale, tra l’altro, per una importazione da essa effettuata.
La disciplina fiscale nazionale dettata in relazione al regime fiscale del margine prevede che questo regime si applica in relazione alla cessione effettuata da un rivenditore, per beni di occasione, oggetti d’arte, oggetti da collezione, e di antiquariato che gli sono stati ceduti  all’interno dello Stato o che gli sono stati ceduti provenendo dal territorio di altro Stato membro da parte di una serie di soggetti elencati nell’articolo 143 della normativa IVA.
La disciplina nazionale prevede che i beni d’occasione sono beni mobili di seconda mano, individualmente identificati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione per la finalità per la quale sono stati creati.

RICHIESTE DEL GIUDICE DEL RINVIO
Il giudice ‘a quo’ nutre dubbi in ordine alla qualificazione dei beni oggetto della controversia come beni di occasione. Ciò accade perché la normativa bulgara, contrariamente alla disciplina comunitaria, prevede che i beni d’occasione debbano essere individualmente identificati. Chiede pertanto di conoscere se la nozione di beni d’occasione, come definita dalla Direttiva 2006/112/CE, comprenda anche beni mobili d’occasione che non siano individualizzati in modo tale da distinguersi da altri beni dello stesso genere, determinati secondo caratteristiche generiche.
Nell’ipotesi in cui i beni in esame siano ascrivibili alla categoria dei beni d’occasione, chiede di conoscere, tra l’altro, se il regime fiscale del margine sia applicabile alla fattispecie in esame.

VALUTAZIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La Corte di Giustizia non affronta la questione relativa all’esatta individuazione della qualificazione dei beni di occasione, ritenendo la questione assorbita da quella relativa alla applicabilità alla fattispecie in esame del regime del margine.
Al riguardo, la Corte di Giustizia è chiamata a verificare se l’articolo 314 Direttiva 2006/112/CE  debba essere interpretato nel senso che il regime del margine sia applicabile a cessioni di beni di occasione che il soggetto passivo IVA rivenditore ha importato nell’Unione.
La Corte osserva che l’ambito applicativo dell’articolo 314 è limitato alla rivendita di beni di occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione precedentemente ceduti al soggetto passivo rivenditore nella UE. Viene altresì evidenziato che il regime del margine costituisce una eccezione al regime generale ex Direttiva 2006/112/CE e che in quanto regime particolare non può essere applicato al di fuori dei limiti necessari al raggiungimento del suo obiettivo, che consiste nell’evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni di occasione.
Occorre pertanto verificare se nel caso di specie sussista quel rischio di doppia imposizione che giustifichi l’applicazione del regime del margine.
Al riguardo la Corte osserva che detto rischio non si presenta laddove, come avviene nella fattispecie in esame, un soggetto passivo rivenditore rivenda beni da egli stesso importati, in regime normale di IVA nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, ed esercita il diritto a detrarre l’IVA assolta per tali beni importati.
Come del resto già ribadito in fase di relazione della direttiva in esame, è la stessa esistenza del diritto alla detrazione in capo al soggetto passivo a escludere il rischio della doppia imposizione, che abitualmente invece giustifica l’applicazione del regime del margine.
Pertanto, alla luce della ritenuta inapplicabilità al caso di specie del regime del margine, la Corte ritiene assorbita la connessa questione relativa alla esatta individuazione della nozione di bene d’occasione, ex articolo 311 della direttiva.

CONCLUSIONE
La Corte ritiene che l’articolo 314 della direttiva deve essere interpretato nel senso che il regime del margine non è applicabile alle cessioni di beni quali i pezzi di seconda mano per gli autoveicoli, che il soggetto passivo rivenditore ha importato nell’Unione in regime normale dell’IVA.