EXPORT: cessioni EXW, rilevante la data consegna beni in Italia per il termine dei 90 giorni

Nelle esportazioni di beni consegnati in Italia al cliente non residente, il trasporto/spedizione della merce in territorio extra-UE deve avvenire entro 90 giorni – art.8, co.1, lett. b) DPR 633/1972, è quindi necessario stabilire la data di decorrenza del termine per evitare che l’Amministrazione finanziaria disconosca la non imponibilità IVA: si deve fare riferimento al documento di consegna o di trasporto e non alla fattura di vendita.

Ex art. 8, co.1, lett. b), DPR 633/1972 sono non imponibili IVA le esportazioni con consegna in Italia dei beni al cliente non residente (cliente extra UE oppure anche stabilito in altro Paese UE, v. CM 13/E/1994): la non imponibilità viene concessa a patto che la merce sia trasportata/spedita fuori dal territorio doganale UE, entro 90 giorni dalla consegna, “a cura del cessionario non residente o per suo conto”.

La cessione ex art. 8, co.1, lett. b) viene conclusa quasi sempre nella pratica in cessioni EXW – franco fabbrica: con tale termine di resa, il venditore mette la merce a disposizione dell’acquirente, nei propri locali (stabilimento o deposito),  ed è l’acquirente che pensa al caricamento dei beni, allo sdoganamento e al trasporto a destino.
Per la non imponibilità devono, tuttavia, ricorrere le condizioni ex art. 8, co.1, lett. b), e riguardo al termine di 90 giorni entro il quale il cessionario non residente deve esportare i beni fuori dalla UE si precisa quanto segue:

  • per la normativa comunitaria (Direttiva n. 2006/112/CE) si prevede solo la detassazione delle cessioni di beni spediti o trasportati, da un acquirente che non risieda nel territorio del paese o per conto del medesimo, fuori della UE, senza prevedere il rispetto di un termine temporale preciso entro il quale l’esportazione deve essere effettuata.
  • per la normativa italiana il termine di 90 giorni decorre “dalla consegna” , rileva a tal fine la data risultante dal documento di consegna o di trasporto, DDT (ex DPR 472/1996) o CMR (lettera di vettura internazionale): salvo che da tali documenti non si evinca la data di consegna, è irrilevante la data di emissione della fattura, anche se anticipata rispetto alla consegna (ad es. per pagamento anticipato o per esigenze contabili).

Ex art. 7, co.1, DLgs. 471/1997, la sanzione amministrativa va dal 50% al 100% dell’IVA non applicata qualora il trasporto o la spedizione fuori del territorio dell’UE non avvenga nel termine ivi prescritto.La sanzione, tuttavia, non si applica se il cedente, nei 30 giorni successivi, versa l’imposta, regolarizzando la fattura: l’operazione a questo punto diviene imponibile e come tale va dichiarata nel modello IVA.

E’ ammesso il ravvedimento operoso, con sanzione ridotta a 1/8 del minimo, ex art. 13, co. 1, lett. b) D.Lgs. 472/1997.

Esportazioni con resa EXW: va fatta dogana in Italia

Ex art. 161, par. 5 Reg. (CE) 2913/1992 , Codice Doganale Comunitario, la dichiarazione di esportazione va depositata presso l’Ufficio Doganale preposto alla vigilanza nel luogo in cui l’esportatore è stabilito, oppure dove le merci sono imballate o caricate per essere esportate.

Ex art. 788, par.2 Reg.(CE) 2454/1993, esportatore è colui per conto del quale è fatta la dichiarazione di esportazione e che, al momento della sua accettazione, è proprietario o ha un diritto similare di disporre delle merci (par. 1). Tuttavia, quando la proprietà o un diritto similare di disposizione delle merci appartenga a una persona stabilita fuori della Comunità, si considera esportatore la parte contraente stabilita nella Comunità (par. 2).

Nell’esportazione con resa EXW (franco fabbrica), l’uscita dei beni dal territorio doganale comunitario è curata dal cessionario non residente o da un terzo per suo conto. Secondo i regolamenti sopra citati, la dichiarazione di esportazione deve essere intestata al cedente italiano se il cessionario che cura l’esportazione è extra UE, e in tal caso, va fatta dogana in Italia.

La CM 18/D/2010 (Parte III, par. 3.1) ha confermato l’obbligo di presentare la dichiarazione doganale presso la dogana territorialmente competente rispetto alla sede del cedente: infatti, “il fatto che un esportatore venda la propria merce «ex-works» e che l’acquirente estero sia il soggetto responsabile per il trasporto, non dà diritto a quest’ultimo di decidere il luogo ove presentare la dichiarazione di esportazione il quale deve, quindi, attenersi alla regola secondo la quale la dichiarazione di esportazione deve essere presentata secondo le forme e regole stabilite dalla normativa doganale vigente e quindi presso l’ufficio doganale preposto alla vigilanza nel luogo in cui l’esportatore è stabilito o dove le merci sono imballate o caricate per essere esportate”.

Fare dogana in altri Paesi UE (ad es. in Grecia per merce diretta in Turchia) è quindi contrario alla normativa comunitaria (salvo le operazioni in groupage).

La  CM 18/D/2010 inoltre precisa che:

  1. la dichiarazione di esportazione può essere presentata a un qualsiasi Ufficio doganale situato in Italia; quindi, non necessariamente a quello competente in relazione alla sede del cedente, come richiesto dal Reg.(CE)2913/1992.
  2. l’esportazione compiuta, dal punto di vista doganale, interamente in altro Stato membro non viene registrata nel sistema informatico nazionale AIDA, quindi l’Amministrazione finanziaria non è in grado di verificare telematicamente la conclusione dell’operazione e non può riconoscere la non imponibilità IVA ex art. 8 DPR 633/1972.

Per le esportazioni EXW, la prova dell’avvenuta esportazione richiede che il cessionario non residente compia l’operazione doganale in Italia, altrimenti è meglio ricorrere a un diverso termine di resa, almeno FCA (franco vettore), in modo che il cedente consegni la merce già sdoganata all’esportazione al vettore scelto dall’acquirente .

In merito alla procedura di esportazione prevista ai fini doganali, la CM 35/E/1997 da una diversa indicazione: se, infatti, ai fini doganali, la prova dell’esportazione è data dalla dichiarazione doganale intestata al cedente italiano, ai fini IVA l’Amministrazione finanziaria chiede la vidimazione apposta dall’Ufficio doganale sulla fattura emessa dal cedente, nel presupposto che “il documento di esportazione, munito del visto uscire, resta all’acquirente estero”.

L’esportazione comunque deve chiudersi entro 90 giorni dalla consegna: non rileva in tal senso la data di emissione della fattura, anche se anteriore alla consegna, bensì la data risultante dal documento di trasporto (DDT o CMR).

La non imponibilità, inoltre, essendo collegata al luogo di consumo dei beni in territorio extra UE, opera anche se il cessionario è stabilito in altro Paese membro (CM 13/E/1994, par. B.16.3), ed a tal proposito (sentenza CTP Pescara n. 47 del 2009), non è rimborsabile l’IVA addebitata all’acquirente UE nel convincimento che l’art. 8, co.1, lett. b), DPR 633/1972 sia applicabile solo ad acquirente extra UE.