INTRASTAT: intra acquisti per il 2017

Gli obblighi INTRA acquisti per il 2017 sono stati ripristinati.

Agenzia Entrate e Agenzia Dogane confermano, con il comunicato stampa del 16 marzo 2017, che a seguito dell’entrata in vigore del decreto Milleproroghe convertito (L. 19/2017 di conversione del DL 244/2016) , sono ripristinati per il 2017 gli obblighi di presentazione dei modelli INTRASTAT così come configurati per il 2016, venendo meno l’abolizione relativa agli INTRA acquisti già prevista dal DL 193/2016.

Il pieno ripristino dell’INTRA acquisti decorre dalla presentazione dei modelli relativi al mese di febbraio 2017, da effettuarsi entro il 27/03/2017.

Nel precedente comunicato stampa del 17 febbraio 2017, era stata richiesta la trasmissione dei modelli INTRA-2 relativi agli acquisti intra UE di beni effettuati nel mese di gennaio 2017 ai soli fini statistici, a carico dei soggetti passivi IVA con periodicità mensile (tale comunicato era anteriore alla conversione in legge del DL 244/2016, quiando quindi ancora era valido l’art. 4 co. 4 lett. b) del DL 193/2016 che disponeva la soppressione dal 1° gennaio 2017, dell’obbligo di presentazione degli INTRASTAT acquisti di beni e servizi ricevuti)

Poi ex art. 13 co.4-ter DL 244/2016 si è ripristinato l’obbligo fino al 31 dicembre 2017.

Nel comunicato, l’Agenzia Entrate evidenzia che i soggetti passivi IVA interessati hanno, per la quasi totalità, adempiuto correttamente all’obbligo (come era logico per chi scrive), ed inoltre precisa che a partire dagli adempimenti relativi a febbraio 2017, si deve fare riferimento al nuovo quadro normativo entrato in vigore – con la L.19/2017 di conversione del DL 244/2016 – in data 1° marzo 2017.

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INTRA UE: cessione intra non imponibile anche se non è indicata la partita IVA del cessionario

Una cessione intra UE è non imponibile anche se non è indicata in fattura la partita IVA del cessionario UE: si tratta infatti di una mera violazione formale, quando sono presenti tutti gli elementi sostanziali che caratterizzano la cessione intracomunitaria. E’ questa la conclusione della CTP Firenze (sentenza 137/10/13), che dà torto all’agenzia delle Entrate che aveva riqualificato tutte le cessioni come cessioni nazionali, con conseguente applicazione dell’IVA.

L’agenzia Entrate si era basata sulla CM 85/E/1999 che ai fini del riconoscimento della non imponibilità imponeva al cedente nazionale di indicare in fattura la partita IVA del cessionario UE.

La CTP Firenze invece ha recepito nella sentenza i più recenti orientamenti della Corte di Giustizia UE (causa C-587/10 del 27/09/2012, causa C-273/11 del 6/09/2012). Anche la Cassazione aveva già con la sentenza 12455/2007 stabilito che la mancata indicazione in fattura della partita IVA del cessionario UE non esclude di per sè l’operazione dall’ambito della non imponibilità, anche se le irregolarità formali delle fatture possono avere un loro rilievo sanzionatorio.

VIES: senza iscrizione va applicato il regime delle vendite a distanza

Ex art. 21 DL 78/2010 non si applica il regime delle operazioni intracomunitarie (tassazione nel Paese di destinazione), senza iscrizione nel VIES; lo stesso vale nei 30 giorni successivi alla presentazione della dichiarazione di inizio attività o della richiesta di iscrizione. In tal modo privilegiando la forma (iscrizione nell’archivio VIES) sulla sostanza (natura intracomunitaria dell’operazione), l’IVA è dovuta nel Paese di origine, in violazione del principio di ripartizione della potestà impositiva che contraddistingue le operazioni intracomunitarie.

In base alla disciplina attuale del VIES le conseguenze sarebbero queste:

  • per i beni che dall’Italia vanno in un altro Paese UE, si addebita l’IVA in Italia, e poi si aggiunge quella del Paese di destinazione ex art. 16 Reg. UE 282/2011, tassando due volte la stessa operazione;
  • per i beni che arrivano in Italia con partenza da altro Paese UE, la doppia imposizione è evitata – secondo l’Agenzia Entrate – applicando l’IVA nel Paese di origine, IVA che non è rimborsabile al cessionario italiano poichè:
    • riferita ad un’operazione che resta extraterritoriale,
    • la normativa comunitaria (art. 4, lett. b, Direttiva n. 2008/9/CE) nega il rimborso per le operazioni qualificabili come cessioni intracomunitarie.

VENDITE A DISTANZA

Nel regime delle vendite a distanza (ex art. 40, co.3 e 4, lett. b, DL 331/1993) invece, la cessione posta in essere dalla controparte estera è soggetta a IVA nel Paese di origine: tale regime si applica quando il trasporto/spedizione della merce è effettuato direttamente dal cedente o da terzi per suo conto, quindi, indipendentemente dalle modalità di organizzazione e di esecuzione della vendita ( art. 11-quater, co.1, DL 35/2005).

Secondo l’Agenzia Entrate, il cessionario nazionale deve essere considerato un privato se non iscritto nel VIES,  quindi il fornitore UE, per le cessioni di importo superiore ai 35.000 euro annui, dovrebbe identificarsi in Italia direttamente,  o per mezzo di rappresentante fiscale: poichè le cessioni in esame si considerano effettuate nel territorio italiano; in pratica, le vendite a distanza effettuate in Italia sono cessioni interne e non acquisti intracomunitari (CM 13/E/1994, par. B.4.1).

Normalmente, la partita IVA italiana della controparte estera dovrebbe fatturare tali cessioni con IVA, ma dato che il cessionario è un soggetto passivo, prevale la disciplina ordinaria, vale a dire l’obbligo del reverse charge previsto per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia poste in essere nei confronti di cessionari/committenti che agiscono in veste di soggetti passivi (art. 17, co.2 DPR 633/1972).

Dal 1° gennaio 2010 infatti, l’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante reverse charge, anche se il cedente o prestatore è identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (V. CM 37/E/2011, e RM 89/E/2010).

In definitiva, se l’operazione passa da intracomunitaria a nazionale, per effetto del regime delle vendite a distanza (a sua volta richiamato dall’assenza dell’iscrizione al VIES), tutto ciò viene annullato dall’obbligo comunque del reverse charge, di fatto ripristinando il regime IVA proprio delle operazioni intracomunitarie e dimostrando l’incoerenza della disciplina introdotta ex art. 21 DL 78/2010.

TRIANGOLAZIONI: escluse senza passaggio di proprietà

Fonte: Eutekne.info

Data: 26/06/2012

Autore: M. Peirolo

L’assimilazione del trasferimento dei beni alle cessioni intracomunitarie implica l’obbligo di identificazione del cessionario intermedio.

Nell’ambito dei rapporti intracomunitari, può accadere che l’impresa italiana acquisti i beni da un fornitore identificato ai fini IVA in altro Paese membro, dandogli l’incarico di inviare la merce al proprio cliente, localizzato in un diverso Paese comunitario, a titolo non traslativo della proprietà.

Ipotizziamo, per esempio, che l’incarico sia affidato ad una impresa tedesca, con spedizione dei beni dalla Germania alla Francia in esecuzione di un contratto di deposito.
Nel caso di specie, si resta al di fuori dello schema della triangolazione comunitaria, in quanto il rapporto tra l’operatore italiano e il suo cliente francese non dà luogo ad una cessione intracomunitaria “in senso stretto”, cioè ex art. 41, comma 1, DL 331/1993. In altri termini, in assenza del trasferimento della proprietà contestuale alla spedizione, viene meno la possibilità, per il cessionario italiano, di integrare la fattura ricevuta dall’impresa tedesca senza applicare la relativa imposta, in considerazione della tassazione dell’operazione in Francia, Paese di destinazione finale dei beni.

L’impresa italiana effettua, pertanto, un acquisto intracomunitario soggetto a IVA in Italia ex art. 38 DL 331/1993.
A livello normativo, tale soluzione è confermata dagli artt. 40, 41 e 42 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo i quali:

  • l’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel luogo di arrivo dei beni (art. 40);
  • nell’ipotesi in cui il cessionario non sia identificato nel Paese di destinazione dei beni, l’acquisto intracomunitario è imponibile nel Paese membro in cui il cessionario è identificato (art. 41);
  • nello schema della triangolazione comunitaria, l’acquisto intracomunitario è imponibile non già nel Paese membro di identificazione del cessionario intermedio, bensì nel Paese di destinazione finale dei beni.

Dunque, affinché l’operazione sia tassata nel Paese di arrivo dei beni (Francia), il cessionario deve essere ivi identificato. In difetto, ossia in assenza di identità territoriale tra il luogo di destinazione dei beni e il luogo di identificazione del cessionario, l’acquisto intracomunitario è imponibile nel Paese di identificazione di quest’ultimo (Italia).
Il collegamento tra la regola (art. 40) e la deroga (art. 41) è dato dall’art. 42 della Direttiva, corrispondente all’art. 40, co.2, primo periodo, DL 331/1993, in base al quale l’eccezione di cui sopra, diretta ad evitare che l’operazione resti completamente detassata, non si applica se il cessionario è in grado di dimostrare che la merce è stata acquistata per essere successivamente ceduta in altro Paese membro nell’ambito di una triangolazione cosiddetta “comunitaria”. In questo caso, si ritorna alla regola generale e, quindi, alla tassazione nel luogo di destinazione finale.

Nella descritta situazione di fatto, la soluzione fornita è diversa da quella che giustificherebbe, alla luce della RM 17/E/2009, la disapplicazione del regime di non imponibilità nell’ipotesi in cui il primo cedente fosse anch’esso italiano.

Non giustificata la disapplicazione del regime di non imponibilità

In tal caso, infatti, è stato chiarito che il rapporto (interno) non beneficia della detassazione prevista dall’art. 58 DL 331/1993 (ovvero dell’art. 8, comma 1, lett. a, DPR 633/1972 se i beni sono spediti fuori della Comunità) se il rapporto che intercorre tra il cessionario italiano e il destinatario finale non è regolato da un contratto di cessione, bensì da un contratto estimatorio.

Riguardo, infine, al rapporto tra l’impresa italiana e il suo cliente francese, posto che i beni spediti in Francia direttamente dalla Germania sono già di proprietà dell’operatore italiano, spetta a quest’ultimo identificarsi ai fini IVA, direttamente o per mezzo di un proprio rappresentante fiscale, tanto in Germania quanto in Francia, siccome l’operazione, benché non implichi il passaggio di proprietà, assume natura intracomunitaria sia dal lato attivo, sia da quello passivo, come si evince dagli artt. 17, par. 1, e 21 della Direttiva.

Successivamente, i beni in conto deposito, se ceduti, si considerano territorialmente rilevanti in Francia, per cui è la posizione IVA francese che deve assoggettare all’imposta locale le relative cessioni, salvo che il cessionario, in quanto soggetto passivo, applichi il “reverse charge”.