IVA UE: Libro verde sul futuro dell’IVA

Fonte: Eutekne.info

Autore: M. Peirolo

Data: 09/05/2011

Nell’ambito della conferenza, promossa dalla Commissione europea, che si è tenuta ieri, 6 maggio 2011, a Milano, è stato discusso il contenuto del “Libro verde sul futuro dell’IVA”, pubblicato il 1° dicembre 2010. Molti i relatori presenti, tra i quali: Algirdas Semeta, Commissario UE alla fiscalità e unione doganale; Antonio Vento, Confcommercio; Adam Balog, Presidenza Ungherese; Ine Lejune, PWC; Gottfried Schellmann, Confédération Fiscale Européenne; Milena Piasente, Ministero dell’Economia e delle Finanze; Richard Brown, Ministero delle Finanze del Regno Unito; Piet Battiau, OCSE; Jorg Krausel, Ministero delle Finanze della Germania.

Come è noto, il documento, predisposto dalla Commissione europea, ha lo scopo di stimolare un dibattito pubblico sul futuro del sistema comunitario dell’IVA. Per questa ragione, tutti gli interessati sono invitati a rispondere, entro il 31 maggio 2011, alle 33 domande in esso contenute. Dopodiché, la Commissione, sulla base dei contributi pervenuti, individuerà – entro la fine di quest’anno – i settori prioritari nei quali sarebbe opportuno intervenire sul piano comunitario.

Le discussioni sul futuro dell’IVA sono state suddivise in due sezioni: la prima riguarda i principi di tassazione delle operazioni intracomunitarie sui quali dovrebbe basarsi la legislazione comunitaria nell’ottica del mercato unico; la seconda, invece, riguarda le questioni che devono essere esaminate a prescindere dalle decisioni che verranno prese sul trattamento IVA delle operazioni intracomunitarie.
Nel corso della conferenza, le tematiche oggetto del Libro verde sono state affrontate esaminando, nell’ordine, l’adattamento del sistema applicativo dell’IVA al mercato unico, le misure per rendere più semplice ed efficiente il sistema dell’IVA, anche nell’ottica del passaggio al mercato unico e la neutralità dell’imposta, da garantire – da un lato – ampliando la base imponibile attraverso la riduzione del numero di esenzioni e – dall’altra – ridefinendo le regole in materia di detrazione dell’imposta negli scambi tra gli operatori.

In merito alla futura tassazione delle operazioni intracomunitarie, le possibili opzioni si basano, essenzialmente, sulla tassazione nel luogo di origine, in attuazione del regime definitivo previsto dalla stessa Direttiva IVA, e sulla tassazione nel luogo di destinazione. A quest’ultimo riguardo, in alternativa all’attuale sistema impositivo, fondato sulla distinzione tra operazioni “B2B” (business to business) e operazioni “B2C” (business to consumer), è stata proposta l’applicazione generalizzata del meccanismo di inversione contabile alle operazioni interne, in modo da uniformare il loro trattamento a quello delle operazioni intracomunitarie. Lo stesso obiettivo può essere raggiunto tassando gli scambi intracomunitari nel Paese di origine, ma con l’aliquota IVA prevista nel Paese di destinazione; tale alternativa presuppone l’adozione di un sistema efficace di “sportello unico” nello Stato membro del fornitore per gestire gli obblighi IVA negli Stati membri in cui sono stabiliti gli acquirenti.

Per garantire la neutralità dell’imposta si propone di agire, innanzi tutto, sulla disciplina delle esenzioni, anche alla luce dei cambiamenti economici e dell’evoluzione tecnologica. Del resto, la riduzione del numero delle esenzioni consente non soltanto di migliorare l’efficienza e la neutralità impositiva, ma anche di ampliare la base imponibile, in alternativa all’incremento del livello delle aliquote IVA. A quest’ultimo proposito, è stato sottolineato come il sistema definitivo, fondato sull’imposizione nel luogo di origine, richiederebbe una maggiore armonizzazione delle aliquote rispetto all’attuale sistema, che consente agli Stati membri una maggiore flessibilità; l’attuale struttura delle aliquote crea, infatti, seri ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico in termini di distorsione della concorrenza, oltre a comportare una diversa tassazione dello stesso bene.

Nel corso della conferenza, particolare risalto è stata data all’esigenza, già presa in considerazione dalla Commissione europea nel programma d’azione approvato dal Consiglio europeo nel 2007, di ridurre le formalità burocratiche, anche al fine di ridimensionare gli oneri amministrativi sostenuti dalle imprese per adempiere agli obblighi IVA. Per le PMI, peraltro, tali oneri sono proporzionalmente più elevati di quelli sostenuti dalle imprese di maggiori dimensioni, soprattutto se esercitano la loro attività in ambito intracomunitario; inoltre, per esse, il regime di franchigia dall’imposta, pur essendo diretto a ridurre gli oneri amministrativi in esame, presuppone che il volume d’affari realizzato non sia superiore ad una soglia che, però, differisce da Stato a Stato e che, in ogni caso, non trova applicazione nelle operazioni intracomunitarie.

OBBLIGO NOMINA RAPPRESENTANTE FISCALE: incompatibilità con libera circolazione capitali

Fonte: Eutekne.info

Autore: G. Odetto

Data: 6 maggio 2011

Sentenza Corte di Giustizia europea 5 maggio 2011 causa C-267/09: la Corte di Giustizia UE  ha ritenuto incompatibile con il principio di libera circolazione dei capitali l’obbligo di nomina del rappresentante fiscale dei soggetti non residenti ai fini delle imposte sui redditi.

Questo principio è stato stabilito relativamente a una controversia insorta con lo Stato portoghese, la cui legislazione tributaria (art.130) impone la nomina del rappresentante per i non residenti:

  1. in tutti i casi in cui vengano percepiti redditi soggetti a imposta, al fine della rappresentanza nei confronti dell’Amministrazione e dell’assolvimento degli obblighi tributari in Portogallo;
  2. all’atto dell’attribuzione del codice fiscale, sempre in Portogallo.

Il primo obbligo è stato ritenuto incompatibile con il diritto comunitario, in linea con la Commissione europea, che aveva aperto la relativa procedura di infrazione, in quanto i costi amministrativi per la nomina del rappresentante e la relativa retribuzione determinano un ostacolo idoneo a dissuadere le persone non residenti in Portogallo a investire in quello Stato (punto 37 della sentenza).

La Corte di Giustizia ha, in particolare, respinto le eccezioni avanzate dal Governo portoghese, stabilendo che l’obbligo di nomina del rappresentante eccederebbe quanto previsto in sede comunitaria al fine di reprimere le frodi tributarie; la presenza del rappresentante costituirebbe, in altre parole, una necessità dettata da una supposta “presunzione di evasione o frode fiscale” (punto 43 della sentenza), in quanto l’Amministrazione fiscale portoghese richiederebbe al rappresentante stesso dati e notizie relative al soggetto estero rappresentato, in caso di contestazioni. A confutazione di ciò, la Corte ha rilevato che tali poteri possono essere esercitati dall’Amministrazione stessa avvalendosi delle procedure di scambio di informazioni previste a livello internazionale.

LEGGE ITALIANA

Quali le possibili conseguenze della sentenza sulla legislazione italiana (v. art. 4, co. 2, DPR 600/1973, l’obbligo di nomina di un rappresentante per i rapporti tributari in Italia delle società ed enti esteri)?
In prima analisi, si potrebbe sostenere che si tratta di casi differenti, in quanto la legislazione portoghese prevede l’intervento del rappresentante anche nel pagamento, in nome e per conto del rappresentato, dell’imposta dovuta da quest’ultimo.

Si tratta, quindi, di una situazione che pare non perfettamente sovrapponibile al caso italiano, nel quale il rappresentante fiscale – ad esempio – non è obbligato a sottoscrivere la dichiarazione dei redditi italiana (anche se ne ha facoltà – v. istruzioni al modello UNICO 2011 SC, che contemplano tale figura tra quelle abilitate, con il codice 6).

In un’ottica più generale, tuttavia, si potrebbe argomentare come la norma possa presentare profili di incompatibilità se l’obbligo di nomina fosse da intendersi riferito a una figura che assuma responsabilità dirette nei confronti dell’Erario (come effettivamente avvenuto nel caso portoghese nella causa C-267/09), sicché gli unici obblighi potrebbero riguardare figure non investite da tali responsabilità, che agiscano in qualità di meri domiciliatari nei rapporti con l’Amministrazione, ferma restando la responsabilità degli organi amministrativi (anche se esteri) per le violazioni commesse..

REVERSE CHARGE Cellulari Componenti PC: circolare Assonime 13/2011

Dopo la RM 36/E/2011, in data 02/05/2011 anche Assonime pubblica la propria circolare n. 13 di chiarimento degli aspetti applicativi riguardanti il reverse charge che, dal 1° aprile 2011, si applica alle cessioni di apparecchi di telefonia mobile e di componenti di personal computer.

Gli aspetti affrontati da Assonime sono i seguenti:

DECORRENZA DELL’OBBLIGO

Assonime ricorda che l’autorizzazione UE del 22 novembre 2010 (Decisione 2010/710/UE), prevede all’art.6 che “gli effetti della decisione decorrono dal giorno della notificazione”. A tal proposito l’Agenzia Entrate, con CM 59/E/2010, ha precisato che, agli effetti della decorrenza dell’obbligo di inversione contabile, occorre tenere in ogni caso presente l’art.3, co. 2, L. 212/2000 (Statuto del contribuente), secondo cui “le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti”.
Sulla base di tale disposizione l’Agenzia ha ritenuto che l’obbligo del reverse charge si applicasse alle cessioni effettuate a partire dal 1° aprile 2011.

PRESUPPOSTI SOGGETTIVI

L’obbligo dell’inversione contabile si applica per tutte le operazioni che vengono poste in essere nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio (CM 59/E/2010). L’Agenzia nella RM 36/E/2011 ha specificato che il riferimento all’attività di commercio al dettaglio deve essere inteso in senso soggettivo, individuandosi con essa gli operatori economici che esercitano le attività di commercio al minuto e assimilate ex art.22, n.1, DPR 633/1972, ed escludendo quindi l’applicazione del reverse charge alle cessioni di beni effettuate:

  • dai commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;
  • da soggetti diversi da quelli ex art.22 DPR 633/1972 nei casi in cui effettuino le cessioni direttamente a cessionari-utilizzatori finali: tale ultima ipotesi, secondo la citata risoluzione, può verificarsi nel settore della telefonia mobile nelle ipotesi in cui:
    • le cessioni dei cellulari siano accessorie rispetto alla fornitura del servizio di telefonia mobile tramite essi utilizzato ovvero qualora vengano ceduti all’utente, titolare di una o più schede telefoniche (“SIMCARD”), più telefoni cellulari, a condizione, comunque, che il numero dei cellulari ceduti non ecceda di oltre il 10% il numero delle schede telefoniche vendute allo stesso utente del servizio di telefonia mobile;
    • la cessione avvenga a favore di un soggetto in regime dei minimi.

PRESUPPOSTI OGGETTIVI

A tal proposito Assonime chiarisce che l’autorizzazione UE non coincide con la norma nazionale, poichè in base alla decisione comunitaria sono escluse dal reverse charge le cessioni dei componenti e accessori dei telefoni cellulari. Peraltro, già la stessa Agenzia delle entrate, in conformità a quanto deciso dal Consiglio, ha chiarito, con RM 36/E/2011, che:

  • le cessioni dei componenti e accessori non sono soggette al reverse charge;
  • il meccanismo dell’inversione contabile, però, torna applicabile qualora tali beni vengano ceduti, unitamente ai telefoni cellulari, in qualità di accessori. Le cessioni dei componenti, in tal caso, devono essere assoggettate allo stesso trattamento fiscale stabilito per l’operazione principale, secondo la regola generale ex art.12 DPR 633/1972.

DISPOSITIVI A CIRCUITO INTEGRATO

Per le cessioni di dispositivi elettronici si precisa che l’autorizzazione UE non comprende le cessioni di personal computer, e che l’Agenzia delle entrate, sempre con CM 59/E/2010 ha affermato che il reverse charge previsto dalla normativa nazionale si applica solo per le cessioni di componenti di personal computer, definiti come (RM 36/E/2011) i dispositivi riconducibili ai concetti di “circuiti integrati elettronici” di cui al codice NC 8542 3190 00 della Nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune di cui all’allegato I del Reg. CE 2658/87 .

NOTE DI VARIAZIONE

La rettifica, in aumento o in diminuzione, dell’imponibile o dell’imposta delle operazioni effettuate, va fatta tenendo presente che le note di variazione emesse dopo il 1° aprile 2011 ma relative a cessioni effettuate entro tale data, non sono sottoposte al regime del reverse charge, che si applica invece per rettifiche di operazioni effettuate a partire dal 1° aprile 2011, in cui quindi l’obbligo di rettifica spetta al cessionario.

SANZIONI

Per le violazioni dell’obbligo di inversione contabile, si applica la disciplina sanzionatoria ex art.6, co. 9-bis, D.Lgs 471/1997, che prevede:

  • sanzione dal 100 al 200 % del tributo, con un minimo di 258 euro, a carico del cessionario soggetto passivo che non assolve l’imposta con il sistema del reverse charge;
  • sanzione dal 100 al 200 % del tributo, con un minimo di 258 euro, nel caso in cui il cedente abbia erroneamente indicato il tributo sulla fattura emessa, omettendone, peraltro, il successivo versamento;
  • sanzione amministrativa pari al 3% dell’IVA irregolarmente assolta, fermo restando il diritto alla detrazione ex art.19 DPR 633/1972, nei casi in cui l’imposta sia stata assolta, anche se irregolarmente, dal cessionario o dal cedente.

Vedi anche:

>>>> INTRA UE: reverse charge cellulari dal 1° aprile 2011;

>>>> REVERSE CHARGE cellulari e componenti PC: partenza dal 1° aprile 2011

>>>> REVERSE CHARGE cellulari RM 36/E/2011

Trovate inoltre una trattazione approfondita della materia nell’e-book dello Studio Giardini “Operazioni Internazionali 1.05″, 337 pagine aggiornato al 01/03/2011, in vendita (25,00 € + IVA) sul sito del Commercialista Telematico.

>>>> Scarica gratuitamente l’indice e le prime 25 pagine dell’e-book

AUTORIZZAZIONE per operazioni intra UE: a che punto siamo?

In merito all’autorizzazione per le operazioni intra UE, non sono più giunte notizie dall’Agenzia in merito al comportamento da tenere da parte dei soggetti non inclusi nel VIES, laddove intendano effettuare operazioni intracomunitarie (non possono? devono considerare le operazioni come interne?).

In assenza di chiarimenti in merito, si rimanda ai precedenti articoli in materia (dal più recente al meno recente):

>>>> INTRA UE: il punto sull’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie – 2

>>>> INTRA UE: il punto sull’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie – 1

>>>> INTRA UE: verifica online inclusione nel VIES

>>>> INTRA UE: autorizzazione VIES estesa ai servizi intra – manifestazione di volontà entro il 29 gennaio

>>>> INTRA UE: accesso condizionato al Sistema VIES

>>>> INTRA UE: necessaria l’autorizzazione per effettuare operazioni intracomunitarie

Trovate una trattazione approfondita della materia nell’e-book dello Studio “Operazioni Internazionali 1.05″, 337 pagine aggiornato al 01/03/2011, in vendita sul sito del Commercialista Telematico.

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