REVERSE CHARGE cellulari e dispositivi a circuito integrato: RM 36/E/2011

L’Agenzia delle Entrate, con la RM 36/E/2011, integra i chiarimenti già forniti con la CM 59/E/2010 sull’obbligo di applicazione del reverse charge, a partire da oggi 1° aprile 2011, alle cessioni di telefoni cellulari e dispositivi a circuito integrato, cioè i beni per i quali il Consiglio UE (Decisione 2010/710/UE), ha autorizzato l’Italia a stabilire che il debitore d’imposta, in deroga all’art. 193 Direttiva 2006/112/CE, sia il cessionario soggetto passivo.

La decisione della UE è volta a contrastare le frodi carosello nel commercio non al dettaglio di tali beni, per cui,  in linea con tale finalità, la CM 59/E/2010 limita il nuovo obbligo alle “cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio”. Il meccanismo di inversione contabile prescinde, peraltro, dal valore delle cessioni, dal momento che l’autorizzazione concessa all’Italia non contempla alcuna soglia monetaria minima.

ASPETTO SOGGETTIVO

commercianti al minuto ex art. 22, co. 1, n. 1) DPR 633/1972 (commercianti autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante):

  • sono esclusi dal reverse charge come regola generale;
  • sono obbligati al reverse charge quando l’operatore economico acquisti beni oggetto dell’attività propria per i quali è obbligato a richiedere l’emissione della fattura. La classificazione del bene come di “attività” dovrebbe, dunque, essere sufficiente per ritenere che il cessionario non agisca come utilizzatore finale del bene ceduto.

Sono escluse dal reverse charge, inoltre, le cessioni poste in essere da soggetti diversi dai commercianti al minuto, direttamente nei confronti degli utilizzatori finali:

  • per i cellulari, tale ipotesi si verifica esclusivamente quando la cessione di uno o più cellulari sia accessoria alla fornitura del traffico telefonico; in caso, però, di cessione di più telefonini allo stesso acquirente, titolare di una o più SIMCARD, l’esclusione del reverse charge opera solo se il numero di cellulari ceduti non sia superiore al 10% del numero delle SIMCARD cedute al titolare dell’utenza telefonica;
  • per i dispositivi a circuito integrato, il reverse charge si applica se le relative cessioni sono anteriori alla loro installazione in prodotti (pc) destinati al consumatore finale, ed è irrilevante la circostanza che il cessionario, dopo l’acquisto, provveda o meno all’installazione o all’assemblaggio.

ASPETTO OGGETTTIVO

La UE ha autorizzato il reverse charge per:

  • telefoni cellulari la cui funzione principale sia di permettere di fruire dei servizi di fonia in mobilità; i relativi componenti ed accessori (auricolari, custodie, caricabatterie), anche se richiamati ex art. 17, co. 6, lett. b) DPR 633/1972, non sono stati invece autorizzati, ma comunque vanno in reverse charge se ceduti unitamente ai telefonini, per via del principio di accessorietà ex art. 12, co. 1 DPR 633/1972;
  • dispositivi a circuito integrato, con riguardo ai microprocessori e le unità centrali di elaborazione. Tale riferimento va considerato a titolo esemplificativo, in quanto il sistema di inversione contabile si applica anche ai beni destinati ad essere installati in apparati analoghi ai personal computer, come i server aziendali e, più in generale, ai dispositivi comunque riconducibili ai “circuiti integrati elettronici” (codice NC 8542 3190 00 della nomenclatura tariffaria e statistica e della tariffa doganale comune).

ALTRI CHIARIMENTI

La RM 36/E/2011 precisa, inoltre, che:

  • il reverse charge si applica anche alle rettifiche dell’imponibile e dell’imposta poste in essere attraverso le note di variazione ex art. 26 DPR 633/1972, purché tali note si riferiscano ad operazioni effettuate dal 1° aprile 2011; è pertanto il cessionario in tali casi ad essere obbligato/ ad avere la facoltà  di rettifica;
  • il cessionario non residente identificato ai fini IVA in Italia, è obbligato ad assolvere l’imposta; si tratta di un’indicazione contraria a quella ex RM 89/E/2010, secondo cui l’identificazione del soggetto non residente, nella specie tramite rappresentante fiscale, non è idonea a far considerare l’operatore come residente nel territorio dello Stato;
  • il reverse charge si applica anche nei passaggi da committente a commissionario o da commissionario a committente, dei beni venduti o acquistati in esecuzione dei contratti di commissione ex art. 2, co. 2, n. 3) DPR 633/1972;
  • non c’è obbligo, da parte del cedente, di acquisire una specifica attestazione e/o dichiarazione rilasciata dal cessionario in ordine allo status di utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo.

Vedi anche:

>>>> INTRA UE: reverse charge cellulari dal 1° aprile 2011;

>>>> REVERSE CHARGE cellulari e componenti PC: partenza dal 1° aprile 2011

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INTRA UE: reverse charge cellulari dal 1° aprile 2011

A partire dal 1° aprile 2011 sarà obbligatorio applicare il reverse charge sulle cessioni di:

  • cellulari (non anche ai relativi componenti ed accessori),
  • dispositivi a circuito integrato (microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale),

nei confronti di imprese e professionisti.

In pratica il reverse charge riguarderà solo gli acquisti effettuati nella fase distributiva precedente il commercio al dettaglio, tra operatori all’ingrosso, ovvero tra grossisti e dettaglianti, dato che sono esclusi in generale dalla previsione normativa i professionisti e le imprese che effettuano gli acquisti presso i dettaglianti e che, pertanto, continueranno a vedersi normalmente applicata l’IVA in fattura.

La decorrenza del nuovo obbligo è stata stabilita dalla CM 59/E/2010, a seguito della decisione del Consiglio UE 22 novembre 2010 con la quale l’Italia (insieme ad Austria e Germania), è stata autorizzata ad applicare il reverse charge per le vendite dei beni ex art. 17, co.6, lett. b) e c) DPR 633/1972.

MODALITA’ EMISSIONE FATTURA

Le modalità sono le seguenti:

  • la fattura del cedente va emessa senza addebito dell’IVA ex art.17, co.6, DPR 633/1972, indicando anche la Decisione del Consiglio UE n. 2010/710/UE;
  • il cessionario integra la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotando il documento nel registro fatture emesse (o dei corrispettivi), entro il mese di ricevimento o anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; ai fini della detrazione, la fattura integrata va annotata nel registro degli acquisti, anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitato il relativo diritto.

SANZIONI

Ex CM 59/E/2010, per le violazioni dell’obbligo di applicazione dell’imposta con il meccanismo del reverse charge si applica la sanzione ex art. 6,co. 9-bis DLgs. n. 471/1997:

  • dal 100 al 200% dell’imposta, con un minimo di 258 euro, a carico del cessionario che non assolve l’imposta, nonché a carico del cedente che l’abbia irregolarmente addebitata in fattura senza versarla all’Erario (responsabilità solidale per il pagamento dell’imposta e della sanzione);
  • oppure sanzione ridotta del 3%, con un minimo di 258 euro, qualora l’imposta, anche se applicata irregolarmente, sia stata comunque assolta dal cessionario o dal cedente; in tal caso, resta il diritto alla detrazione da parte del cessionario (non vale la soglia di 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione della normativa, poichè, ex RM 140/E/2010, tale limite valeva per gli anni 2008, 2009 e 2010).

PROBLEMATICHE APERTE

Non sono chiare le modalità operative da adottare nei seguenti casi ipotetici, per i quali si attendono chiarimenti:

  • vendita effettuata da un grossista verso un consumatore finale che acquista i telefoni cellulari per utilizzarli all’interno della propria attività. In tal caso il venditore è un grossista e pertanto il meccanismo del reverse charge è applicabile mentre l’acquirente è il consumatore finale e, in tal caso, il meccanismo del reverse charge non è applicabile;
  • professionista che vende un circuito integrato del proprio pc usato ad una ditta di manutenzione hardware deve applicare il reverse charge oppure dovrà fatturare con IVA?
  • dettagliante che vende ad altro dettagliante che commercia nello stesso settore deve fatturare in reverse charge?

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TERRITORIALITA’ SERVIZI: Riformulato il Regolamento 1777/2005

Il Consiglio Ecofin (i 27 ministri delle Finanze UE) ha approvato lo scorso 15 marzo 2011, tra l’altro, un nuovo regolamento sull’attuazione della disciplina IVA, aggiornato alle modifiche introdotte dalla riforma della territorialità dei servizi (Direttiva 2008/8/CE), entrata in vigore il 1° gennaio 2010.

Il documento riformula l’attuale Regolamento UE 1777/2005 (disposizioni di applicazione relative al sistema comune dell’IVA),  è composto da 65 articoli e 4 allegati, con cui si definiscono gli ambiti di applicazione dei primi titoli della Direttiva 2006/112/CE: le norme in questione sono in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE, e saranno subito vincolanti per tutti gli Stati membri a partire dal 1° luglio 2011.

Il Consiglio ha ravvisato la necessità di emettere un nuovo regolamento (le cui disposizioni non vanno recepite dalle legislazioni dei singoli Stati, ma sono di immediata applicazione) dato che le modifiche apportate dalla Direttiva 2008/8/CE (territorialità dei servizi) in molti casi sono state liberamente interpretate dai singoli Paesi, e per evitare quindi il rischio di conclusioni discordanti e/o incompatibili con il funzionamento del mercato unico europeo.

L’entrata in vigore dei contenuti del regolamento è prevista per il 1° luglio 2011, mentre alcune norme entreranno in vigore nel 2013 e nel 2015; le interpretazioni ufficiali in materia delle singole amministrazioni finanziarie rimangono quindi vincolanti, almeno fino al prossimo luglio, anche se non è escluso che, in alcuni casi, si sia data rilevanza alle nuove interpretazioni già dallo scorso gennaio 2010 o 2011.

L’Agenzia delle Entrate, sul punto, emetterà una circolare con tutti i nuovi orientamenti UE attribuendo ad essi, inoltre, una esatta collocazione temporale.

Il Regolamento affronta principalmente i seguenti temi:

  • definisce in maniera univoca lo status del committente di una prestazione di servizi, per poter applicare senza zone d’ombra la nuova regola dei rapporti B2B;
  • fissa delle regole specifiche per individuare le qualità del committente e per verificare se questi riceve un servizio per fini professionali oppure per uso privato: l’identificazione della soggettività passiva avviene tramite l’attribuzione di un numero identificativo IVA, che deve essere comunicato ai cedenti;
  • definisce la “stabile organizzazione”, richiamandosi a due concetti chiave (art.15):
    • un sufficiente grado di permanenza della struttura nel territorio dello Stato membro,
    • la qualificazione della struttura come presenza di risorse umane e materiali.

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INTRA UE: ricambi auto usate, no al regime del margine

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Maiorino

Data: 07/03/2011

IL FATTO

Una società bulgara si occupa della rivendita di veicoli di seconda mano. In seguito a un accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria bulgara, la società, proponendo ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo, rilevava che i beni in questione non rientravano nella nozione di beni di occasione come previsto dalla disciplina bulgara sull’IVA. Questa caratteristica comportava l’inapplicabilità alla fattispecie della disciplina prevista per tali beni.
La società adduceva inoltre che la sua situazione non era riconducibile al regime del margine che a suo modo di vedere, non troverebbe applicazione per le cessioni di beni importati dal soggetto passivo rivenditore. Ne deriva che essa sarebbe autorizzata ad avvalersi del diritto al credito di imposta secondo le condizioni previste dalla normativa bulgara.
Ciò posto, il tribunale amministrativo ha ritenuto che la società istante si fosse regolarmente avvalsa del diritto al credito di imposta relativo alle importazioni effettuate. La decisione riposa sulla considerazione che i beni importati non fossero beni di occasione, posto che costituivano beni generici e non designati individualmente tramite caratteristiche che consentono di distinguerli da altri oggetti dello stesso genere.
Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha sottoposto alcune questioni al vaglio pregiudiziale della Corte di Giustizia.

NORMATIVA COMUNITARIA
La Direttiva CE 2006/212 (artt. 311 e segg.), reca la disciplina dei regimi speciali applicabili ai beni di occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato.
Tale disciplina prevede che gli Stati membri applichino alle cessioni di tali beni effettuate da soggetti passivi rivenditori un regime speciale di imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo rivenditore.
Inoltre, per ciascuna cessione per cui è ammesso il regime del margine, il soggetto passivo rivenditore può applicare il normale regime IVA.
Ex art. 320 Direttiva, il soggetto passivo che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di tali beni da lui importati, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore, l’IVA dovuta o assolta all’importazione del bene.

NORMATIVA DEL PAESE UE (Bulgaria)
In base al combinato disposto degli articoli 54 e 68 della legge bulgara sull’IVA il credito d’imposta è l’importo che un soggetto IVA può detrarre dal suo debito fiscale, tra l’altro, per una importazione da essa effettuata.
La disciplina fiscale nazionale dettata in relazione al regime fiscale del margine prevede che questo regime si applica in relazione alla cessione effettuata da un rivenditore, per beni di occasione, oggetti d’arte, oggetti da collezione, e di antiquariato che gli sono stati ceduti  all’interno dello Stato o che gli sono stati ceduti provenendo dal territorio di altro Stato membro da parte di una serie di soggetti elencati nell’articolo 143 della normativa IVA.
La disciplina nazionale prevede che i beni d’occasione sono beni mobili di seconda mano, individualmente identificati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione per la finalità per la quale sono stati creati.

RICHIESTE DEL GIUDICE DEL RINVIO
Il giudice ‘a quo’ nutre dubbi in ordine alla qualificazione dei beni oggetto della controversia come beni di occasione. Ciò accade perché la normativa bulgara, contrariamente alla disciplina comunitaria, prevede che i beni d’occasione debbano essere individualmente identificati. Chiede pertanto di conoscere se la nozione di beni d’occasione, come definita dalla Direttiva 2006/112/CE, comprenda anche beni mobili d’occasione che non siano individualizzati in modo tale da distinguersi da altri beni dello stesso genere, determinati secondo caratteristiche generiche.
Nell’ipotesi in cui i beni in esame siano ascrivibili alla categoria dei beni d’occasione, chiede di conoscere, tra l’altro, se il regime fiscale del margine sia applicabile alla fattispecie in esame.

VALUTAZIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La Corte di Giustizia non affronta la questione relativa all’esatta individuazione della qualificazione dei beni di occasione, ritenendo la questione assorbita da quella relativa alla applicabilità alla fattispecie in esame del regime del margine.
Al riguardo, la Corte di Giustizia è chiamata a verificare se l’articolo 314 Direttiva 2006/112/CE  debba essere interpretato nel senso che il regime del margine sia applicabile a cessioni di beni di occasione che il soggetto passivo IVA rivenditore ha importato nell’Unione.
La Corte osserva che l’ambito applicativo dell’articolo 314 è limitato alla rivendita di beni di occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione precedentemente ceduti al soggetto passivo rivenditore nella UE. Viene altresì evidenziato che il regime del margine costituisce una eccezione al regime generale ex Direttiva 2006/112/CE e che in quanto regime particolare non può essere applicato al di fuori dei limiti necessari al raggiungimento del suo obiettivo, che consiste nell’evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni di occasione.
Occorre pertanto verificare se nel caso di specie sussista quel rischio di doppia imposizione che giustifichi l’applicazione del regime del margine.
Al riguardo la Corte osserva che detto rischio non si presenta laddove, come avviene nella fattispecie in esame, un soggetto passivo rivenditore rivenda beni da egli stesso importati, in regime normale di IVA nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, ed esercita il diritto a detrarre l’IVA assolta per tali beni importati.
Come del resto già ribadito in fase di relazione della direttiva in esame, è la stessa esistenza del diritto alla detrazione in capo al soggetto passivo a escludere il rischio della doppia imposizione, che abitualmente invece giustifica l’applicazione del regime del margine.
Pertanto, alla luce della ritenuta inapplicabilità al caso di specie del regime del margine, la Corte ritiene assorbita la connessa questione relativa alla esatta individuazione della nozione di bene d’occasione, ex articolo 311 della direttiva.

CONCLUSIONE
La Corte ritiene che l’articolo 314 della direttiva deve essere interpretato nel senso che il regime del margine non è applicabile alle cessioni di beni quali i pezzi di seconda mano per gli autoveicoli, che il soggetto passivo rivenditore ha importato nell’Unione in regime normale dell’IVA.