IVA: identificazione diretta per soggetti stabiliti in Norvegia

E’ ammessa l’identificazione diretta ai fini IVA per soggetti stabiliti in Norvegia.

I soggetti economici stabiliti in Norvegia possono avvalersi dell’istituto dell’identificazione diretta per i diritti e doveri in materia di IVA in Italia.

Lo chiarisce l’Agenzia Entrate con la RM 44/E/2020 del 28/07/2020.

Per i soggetti non residenti che effettuano operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia le alternative sono le seguenti:

  • nomina di un rappresentante fiscale (art. 17 comma 3 DPR 633/1972),
  • identificazione diretta con le modalità ex art. 35-ter DPR 633/1972.

Ex art. 35-ter comma 5 DPR 633/1972 la possibilità di avvalersi dell’identificazione diretta:

  • è attribuita automaticamente, per i soggetti residenti in altri Stati membri dell’Ue;
  • è subordinata alla verifica della sussistenza di accordi di cooperazione amministrativa analoghi a quelli vigenti in ambito UE, per i soggetti extra UE.

In data 01/08/2018, la Norvegia ha sottoscritto con l’UE un accordo per la corretta determinazione e riscossione dell’IVA, il corretto recupero dei crediti IVA e la lotta alle frodi.

L’accordo è sostanzialmente uguale a quanto previsto dalle norme vigenti in materia di assistenza tra Autorità fiscali dell’UE, con riguardo all’IVA. Per tale motivo questo accordo consente ai soggetti stabiliti in Norvegia di avvalersi dell’identificazione diretta ai fini IVA in Italia, in alternativa alla nomina di un rappresentante fiscale.

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DOGANA: la BREXIT richiederà formalità doganali anche in caso di FTA

La BREXIT richiederà formalità doganali anche in caso di FTA (Free Trade Agreement).

Passato (senza richiesta di proroghe) il termine del 30 giugno 2020 per poter prolungare il periodo transitorio attualmente in corso e regolato dal withdrawal agreement (in pratica fino al 31/12/2020 la UK è de facto ancora un paese UE), è chiaro che, dal 1° gennaio 2021, tutta la normativa UE (tra cui Codice doganale e Direttiva IVA) non sarà più applicabile al Regno Unito.

NON PIU’ UE MA EXTRA UE

La Commissione UE ha pubblicato il 9 luglio 2020 la “Communication (2020)324” rivolta agli operatori UE, con tutti gli aspetti più critici che partiranno alla fine del periodo transitorio in merito agli scambi commerciali UE-UK. Il periodo transitorio serviva alle parti per concludere un accordo di libero scambio (FTA Free Trade Agreement) che consentisse alle merci originarie dell’UE di non scontare dazi all’importazione in UK e viceversa, accordo da presentare entro il 28 novembre 2020, ma al momento molto lontano.

Anche se comunque si riuscisse a fare un Free trade agreement nei termini previsti, la BREXIT richiederà formalità doganali, così come accade per Svizzera, Norvegia ad es., paesi con cui vigono accordi di libero scambio. Saranno quindi necessarie:

  • dichiarazioni di esportazione o importazione per poter vendere a o acquistare beni da una controparte UK;
  • modificare la fatturazione verso clienti UK, in quanto non saranno più cessioni intra UE ex art.41 DL 331/1993 da riportare negli Intrastat, ma cessioni all’esportazione non imponibili ex art. 8 DPR 633/1972;
  • corrispondere i dazi doganali (tranne che per le merci originarie dell’UE o di UK se verrà approvato un FTA),
  • liquidare l’IVA all’importazione e le accise se dovute;
  • le autorità doganali UE potranno fare controllo documentale e fisico alle merci provenienti da UK secondo il sistema risk-based attualmente in uso per merci extra UE, e lo stesso potranno fare le autorità doganali UK per le merci UE.

CONSEGUENZE SUL TRAFFICO MERCI

Le conseguenze saranno:

  • maggiori tempistiche (e costi) per l’arrivo delle merci nella UE;
  • necessità, per le imprese UE, di richiedere un codice EORI GB per poter effettuare importazioni in UK o esportazioni da UK;
  • necessità per le imprese UK, di richiedere un codice EORI UE per poter operare in UE in quanto il loro codice EORI GB non avrà più validità alcuna in UE;
  • le autorizzazioni e le certificazioni rilasciate da enti UK non varranno più in UE e viceversa;
  • cambieranno gli standard tecnici e di conformità di molti beni (ad es. alimentari, farmaceutici, automobili, ecc.), quindi ogni volta si dovrà verificare per ogni spedizione se e quali adempimenti ci vorranno per poter commerciare i beni;
  • eventuali restrizioni all’esportazione o all’importazione che potrebbero essere applicate in base al bene oggetto dell’operazione (per es. vendita a soggetto UK di bene dual use occorrerà richiedere apposita autorizzazione all’esportazione alla competente autorità);
  • per l’origine preferenziale, le componenti originarie UK saranno considerate come non originarie della UE ai fini della determinazione dell’origine preferenziale di un prodotto da parte degli operatori UE.

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TERRITORIALITA’ IVA Servizi Elettronici

Recepita la nuova territorialità IVA per i servizi elettronici

Il D.Lgs che recepisce (tardivamente), la direttiva 2017/2455/UE sulla territorialità IVA per le prestazioni di servizi TBES (telecomunicazione, teleradiodiffusione e servizi elettronici), rese a committenti UE non soggetti passivi di imposta.

Le disposizioni del decreto entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma la direttiva risulta efficace già a decorrere dal 1° gennaio 2019.

NUOVA TERRITORIALITA’ SERVIZI ELETTRONICI

In sintesi, per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e per i servizi forniti per via elettronica nei confronti di privati di altri Stati UE, l’operazione è territorialmente rilevante nello Stato del prestatore, ex art. 7-octies DPR 633/72, se:

  • il prestatore è un soggetto IVA stabilito in uno Stato UE che presta i servizi a privati stabiliti in un altro Stato UE;
  • il valore totale, al netto dell’IVA, dei servizi elettronici resi da tale soggetto nei confronti di privati non supera, nell’anno civile corrente e in quello precedente, la soglia di 10.000 euro (o il controvalore in moneta nazionale)

Il fornitore può comunque optare, con un vincolo biennale, per l’applicazione dell’IVA nello Stato UE del committente.

Ex Allegato II direttiva 2006/112/Ce in relazione ai servizi elettronici, i soggetti passivi possono applicare l’IVA nello Stato di stabilimento se forniscono (fermo il limite di 10.000 euro annui) :

  • siti web e web hosting o gestione a distanza di programmi e attrezzature;
  • software e relativi aggiornamenti;
  • immagini, testi e informazioni e messa a disposizione di basi di dati;
  • musica, film, giochi, programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
  • prestazioni di insegnamento a distanza.

REGIME DEL MOSS

Il D.Lgs amplia anche la portata del MOSS:

  • i prestatori di servizi che non si sono identificati nei diversi Stati UE ove il servizio è destinato possano assolvere l’IVA dovuta in tale Stato;
  • viene esteso l’utilizzo del MOSS anche ai soggetti passivi extra UE registrati ai fini IVA in uno Stato membro UE;
  • il prestatore che opta per il MOSS non dovrà più seguire le regole di fatturazione dello Stato di destinazione dei servizi ma quelle dello Stato in cui è identificato (deroga al principio generale ex art. 219-bis, par. 1 direttiva 2006/112/CE).

In Italia, i servizi elettronici, se rilevanti nel territorio dello Stato, non richiedono emissione della fattura (art. 22 co.1 n. 6-ter DPR 633/72), né di documentare i corrispettivi, ad es. con scontrino o ricevuta fiscale (DM 27 ottobre 2015).

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INTRA UE: prova cessione intra UE secondo criteri anche italiani

Prova cessione intra UE secondo criteri anche italiani.

L’Agenzia Entrate, con la CM 12/E/2020, chiarisce l’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di prova del trasporto in una cessione intra UE, anche in relazione alle VAT quick fixes 2020 (applicabili dal 1/1/2020, introdotte ex art. 45-bis Reg. UE n. 282/2011).

VAT QUICK FIXES 2020

Sono finalizzate ad uniformare la prova della cessione intra UE negli Stati membri: in sintesi, le nuove regole direttamente applicabili negli Stati UE stabiliscono presunzioni relative, diverse a seconda che il trasporto sia a carico del venditore o dell’acquirente e che sono valide solo se il trasporto è effettuato da un terzo per conto della parte obbligata.

TRASPORTO (EFFETTUATO DA UN TERZO) A CARICO DEL VENDITORE

Si presume che i beni siano stati spediti o trasportati nello Stato UE di destinazione qualora il venditore dichiari tale circostanza e sia in grado di produrre alternativamente:

  • almeno due elementi di prova non contraddittori, rilasciati da due diverse parti indipendenti e diverse da quelle tra cui interviene la compravendita, tra quelli previsti, ossia documenti relativi al trasporto o spedizione quali ad esempio un documento o una CMR firmata, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere,
  • ovvero uno degli elementi di prova di cui al punto precedente unitamente a uno dei seguenti documenti, anche in questo caso rilasciati da due diverse parti indipendenti e diverse da quelle tra cui interviene la compravendita: una polizza assicurativa o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o trasporto, i documenti rilasciati da una pubblica autorità (ad esempio un notaio) che confermi l’arrivo dei beni nello Stato di destinazione, una ricevuta rilasciata da un depositario nel medesimo Stato che confermi il deposito dei beni in detto Stato membro.

TRASPORTO (EFFETTUATO DA UN TERZO) A CARICO DELL’ACQUIRENTE

In tal caso è necessario che il fornitore sia in possesso, oltre che della documentazione richiesta nel caso precedente, anche di una dichiarazione scritta dell’acquirente stesso che certifichi l’avvenuto trasporto a suo carico e che identifichi lo Stato membro di destinazione dei beni.

TRASPORTO EFFETTUATO DA FORNITORE O ACQUIRENTE

Nel caso in cui il trasporto o la spedizione dei beni sia stata effettuata dal fornitore o dall’acquirente senza l’intervento di parti terze, come chiarito dalle Note esplicative della Commissione UE e anche dall’Agenzia Entrate, l’applicazione della presunzione relativa è esclusa.

PROVA CESSIONE INTRA UE IN ITALIA

In Italia non vi sono norme specifiche ma diversi documenti di prassi (RM 19/E/2013, RM 71/E/2014, Risposta a interpello 8 aprile 2019 n. 100, ecc. – vai alla sezione dedicata del sito).

Pertanto, nei casi in cui la presunzione di cui sopra non possa valere, l’Agenzia conclude con il principio fondamentale per cui la prassi nazionale continua a trovare applicazione. Ne consegue che è compito dell’Agenzia valutare, caso per caso, la documentazione di prova prodotta in base alle prescrizioni della prassi nazionale.