EXPORT: prova export anche oltre i 90 giorni per la non imponibilità

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Il regime di non imponibilità IVA per le esportazioni con trasporto a cura del cessionario non residente ex art.8 co.1 lett. b) DPR 633/1972 (di fatto principalmente l’export con termine “franco fabbrica” o “EXW”) non è vincolato al rispetto del termine di 90 giorni per l’uscita dei beni dal territorio UE, laddove il cedente ne dimostri l’avvenuta esportazione.

Tale principio è stato sancito dalla Corte di Giustizia UE (sentenza C-563/12 del 19/12/2013) ed è stato finalmente recepito anche dall’Agenzia Entrate, con RM 98/E/2014.

Nella sentenza C-563/12, la Corte UE ha dato la propria interpretazione dell’art. 146, par. 1, lett. b) direttiva 2006/112/CE, secondo cui sono non imponibili ai fini IVA le cessioni di beni spediti o trasportati al di fuori del territorio UE da un acquirente non stabilito nel territorio dello Stato; il termine “spediti” deve essere interpretato nel senso che la cessione export e la conseguente non imponibilità IVA si perfezionano quando:

  • il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente;
  • il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori della UE e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio UE.

La direttiva 2006/112/CE non definisce un termine preciso entro il quale il bene esportato deve aver lasciato il territorio UE, fermo restando che gli Stati membri possono stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, per verificare se un bene oggetto di cessione export sia effettivamente uscito dalla UE. Tale possibilità si inquadra nella più ampia facoltà, riconosciuta dal diritto UE, per gli Stati membri di definire le condizioni che consentano la corretta applicazione dei regimi di esenzione (“non imponibilità”) IVA, al fine di prevenire abusi. Il termine italiano di 90 giorni non si pone quindi in contrasto con la normativa UE. Tanto premesso, la Corte di Giustizia UE ritiene che negare la non imponibilità IVA al cedente, per non aver rispettato il termine fissato dalla disciplina nazionale, contrasta con i principi comunitari, se i beni sono effettivamente usciti dal territorio UE.

L’Agenzia Entrate, costretta a recepire quanto sopra, stabilisce quindi che non si può negare il regime di non imponibilità IVA per le cessioni all’esportazione, con trasporto a cura del cessionario, qualora sia dimostrata l’uscita dei beni dal territorio doganale UE, anche dopo il termine di 90 giorni ex art. 8 co.1 lett. b) DPR 633/1972. In tal senso, ex art. 7 co. 1 DLgs 471/1997 , se il cedente provvede a versare l’IVA dovuta entro 30 giorni dallo scadere del termine, non potendo provare che il bene è uscito dal territorio UE, non si applicano le sanzioni amministrative.

Inoltre, come conseguenza della sentenza comunitaria, discende il principio che gli Stati UE, che abbiano previsto un termine per l’uscita dei beni, devono comunque riconoscere al cedente il diritto al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine. L’Agenzia Entrate riconosce quindi la possibilità di recuperare l’IVA versata tramite:

  • nota di variazione ex art. 26 co.2 DPR 633/1972 (entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2° anno successivo a quello in cui è avvenuta l’esportazione);
  • istanza di rimborso “generica” ai sensi dell’art. 21 DLgs. 546/1992 (entro il termine di 2 anni dal verificarsi del presupposto impositivo).

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