IVA: territorialità servizi relativi a immobili

Fonte: Cassazione sentenza 14068/2012

Il luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi relativi ad immobili è quello dove si trova l’immobile; pertanto, l’operazione è soggetta ad IVA in base alle disposizioni vigenti nello specifico Paese.

La Cassazione pronuncia la sentenza n. 14068/2012 sui servizi relativi a beni immobili individuati, in base alla normativa vigente ai fatti di causa, ex art.9, n. 2, lettera a), VI direttiva del Consiglio ed ex art. 4, co.4, DPR 633/1972; secondo tale normativa, il luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile, è quello dove è situato il bene immobile medesimo; conseguentemente, l’operazione dovrà essere assoggetta ad IVA in base alle disposizioni vigenti nel Paese in cui si trova l’immobile.

In base a precedente sentenza (n. 12834/2012) sempre la Cassazione  ha ricordato che si considerano effettuate nel territorio dello Stato, e quindi sono imponibili in Italia, le prestazioni di servizi:

  • rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio italiano o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero … (collegamento soggettivo attivo);
  • relative a beni immobili situati in Italia … (collegamento oggettivo);
  • rese a soggetti domiciliati o residenti in Italia, salvo che non siano utilizzate fuori dell’UE … (collegamento soggetto passivo) .

Secondo la Corte, la fattispecie in sentenza rientra nel criterio oggettivo: si tratta infatti del caso di una ditta individuale che forniva supporto logistico in Sardegna per la clientela tedesca di due società estere per l’approntamento e la consegna degli alloggi dati in locazione turistica ai clienti tedeschi (pulizia, manutenzione, riparazione, ecc.).

Come noto, la direttiva n. 2008/8/CE ha modificato principi di territorialità delle operazioni IVA, tuttavia non ha cambiato la territorialità delle prestazioni relative a beni immobili per le quali continua a operare un criterio oggettivo di collegamento al territorio, in deroga ai criteri generali di territorialità ex artt. 44 e 45 Direttiva 2006/112/CE e articoli 7-bis e 7-ter DPR 633/1972.

In particolare:

  • ex art.47 Direttiva 2006/112/CE, “il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.
  • ex art. 7-quater co.1, lett.a) DPR 633/1972,  “si considerano effettuate nel territorio dello Stato a: le prestazioni di servizi relativi a beni immobili, comprese le perizie, le prestazioni di agenzia, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzioni analoghe, ivi inclusa quella di alloggi in campi di vacanza o in terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili e le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento dell’esecuzione dei lavori immobiliari, quando l’immobile è situato nel territorio dello Stato”.

BANDI PROVINCIA MC: apertura Bando Sostegno alla Creazione d’impresa 2012

Fonte: Provincia MC

Si comunica che con la Determina Dirigenziale n. 506/VI del 02/10/2012 è stato emanato avviso pubblico di presentazione domande per accesso all’intervento “Sostegno alla creazione di nuove imprese finalizzate a favorire l’occupazione”

SINTESI

BENEFICIARI: può accedere al finanziamento solo chi, al momento della presentazione della domanda, è in possesso dei seguenti requisiti:

  • Lavoratori dipendenti,
  • libero professionisti iscritti ad ordini/albi,
  • lavoratori in CIGO e CIGS,
  • lavoratori con contratti di lavoro atipici,
  • soggetti ultracinquantenni in stato di disoccupazione,
  • soggetti in mobilità,
  • soggetti inoccupati e disoccupati da almeno sei mesi,
  • soggetti disabili o svantaggiati di cui alla DGR 491/08 e 992/08.

SPESE AMMISSIBILI:

  • A) Acquisto macchinari, attrezzature e arredi; acquisto di autoveicoli adibiti ad uso esclusivo della attività espletata; spese relative a canoni di leasing, acquisto di hardware e software, spese per l’acquisto di brevetti o licenze d’uso; spese per impianti ed eventuali ristrutturazioni;
  • B) Spese di costituzione (onorario notarile ed assicurazioni); spese per la fideiussione; consulenze tecniche (fiscale, gestionale e di marketing), spese per la frequenza di attività formative, spese per l’affitto dell’immobile (fino ad 1 anno), spese promozionali.

CONTRIBUTO: in conto capitale max 25.000 €, nel seguente modo:

  • 40% per spese di cui alla lettera A,
  • 100% per spese di cui alla lettera B.

SCADENZA PRESENTAZIONE DOMANDE 07/11/2012

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VIES: senza iscrizione va applicato il regime delle vendite a distanza

Ex art. 21 DL 78/2010 non si applica il regime delle operazioni intracomunitarie (tassazione nel Paese di destinazione), senza iscrizione nel VIES; lo stesso vale nei 30 giorni successivi alla presentazione della dichiarazione di inizio attività o della richiesta di iscrizione. In tal modo privilegiando la forma (iscrizione nell’archivio VIES) sulla sostanza (natura intracomunitaria dell’operazione), l’IVA è dovuta nel Paese di origine, in violazione del principio di ripartizione della potestà impositiva che contraddistingue le operazioni intracomunitarie.

In base alla disciplina attuale del VIES le conseguenze sarebbero queste:

  • per i beni che dall’Italia vanno in un altro Paese UE, si addebita l’IVA in Italia, e poi si aggiunge quella del Paese di destinazione ex art. 16 Reg. UE 282/2011, tassando due volte la stessa operazione;
  • per i beni che arrivano in Italia con partenza da altro Paese UE, la doppia imposizione è evitata – secondo l’Agenzia Entrate – applicando l’IVA nel Paese di origine, IVA che non è rimborsabile al cessionario italiano poichè:
    • riferita ad un’operazione che resta extraterritoriale,
    • la normativa comunitaria (art. 4, lett. b, Direttiva n. 2008/9/CE) nega il rimborso per le operazioni qualificabili come cessioni intracomunitarie.

VENDITE A DISTANZA

Nel regime delle vendite a distanza (ex art. 40, co.3 e 4, lett. b, DL 331/1993) invece, la cessione posta in essere dalla controparte estera è soggetta a IVA nel Paese di origine: tale regime si applica quando il trasporto/spedizione della merce è effettuato direttamente dal cedente o da terzi per suo conto, quindi, indipendentemente dalle modalità di organizzazione e di esecuzione della vendita ( art. 11-quater, co.1, DL 35/2005).

Secondo l’Agenzia Entrate, il cessionario nazionale deve essere considerato un privato se non iscritto nel VIES,  quindi il fornitore UE, per le cessioni di importo superiore ai 35.000 euro annui, dovrebbe identificarsi in Italia direttamente,  o per mezzo di rappresentante fiscale: poichè le cessioni in esame si considerano effettuate nel territorio italiano; in pratica, le vendite a distanza effettuate in Italia sono cessioni interne e non acquisti intracomunitari (CM 13/E/1994, par. B.4.1).

Normalmente, la partita IVA italiana della controparte estera dovrebbe fatturare tali cessioni con IVA, ma dato che il cessionario è un soggetto passivo, prevale la disciplina ordinaria, vale a dire l’obbligo del reverse charge previsto per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia poste in essere nei confronti di cessionari/committenti che agiscono in veste di soggetti passivi (art. 17, co.2 DPR 633/1972).

Dal 1° gennaio 2010 infatti, l’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante reverse charge, anche se il cedente o prestatore è identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (V. CM 37/E/2011, e RM 89/E/2010).

In definitiva, se l’operazione passa da intracomunitaria a nazionale, per effetto del regime delle vendite a distanza (a sua volta richiamato dall’assenza dell’iscrizione al VIES), tutto ciò viene annullato dall’obbligo comunque del reverse charge, di fatto ripristinando il regime IVA proprio delle operazioni intracomunitarie e dimostrando l’incoerenza della disciplina introdotta ex art. 21 DL 78/2010.

IVA: nella frode carosello l’onere della prova ricade sul contribuente

Fonte: Fisco Oggi – sentenza Cassazione n.15741/2012

Data: 02/10/2012

Autore: S. Ungaro

Tocca al contribuente beneficiario della frode dimostrare di non aver detratto l’Iva abusivamente e di non essere stato coinvolto consapevolmente nell’operazione carosello.

In caso di interposizione fittizia, non spetta all’Agenzia delle Entrate dare prova dell’accordo simulatorio tra l’effettivo fornitore della merce, la cartiera che ha emesso le fatture e l’effettivo acquirente. L’onere probatorio grava, invece, sul contribuente acquirente, che è tenuto a dimostrare anche la sua estraneità al disegno fraudolento.
E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di cassazione n. 15741 del 19 settembre.

Il fatto
L’Agenzia delle Entrate aveva notificato a una società per azioni un avviso di accertamento, rettificando la dichiarazione Iva del 2000.
La contestazione riguardava la detrazione dell’imposta, ritenuta collegata a operazioni soggettivamente inesistenti e fatturate al contribuente da “cartiere” costituite al solo scopo di frodare l’Iva, interponendosi fittiziamente tra i reali fornitori esteri e le società acquirenti nazionali.
I giudici tributari, in primo e secondo grado, avevano accolto il ricorso della società perché, a loro avviso, l’ufficio, che aveva fondato la propria pretesa tributaria sulla prospettazione di un’interposizione fittizia, non era riuscito a dare prova dell’accordo simulatorio tra reale cedente, reale cessionario e soggetto fittiziamente interposto.
In particolare, secondo i giudici, l’Amministrazione finanziaria non era stata in grado di provare la frode né poteva ritenersi sufficiente a dimostrare il coinvolgimento del ricorrente in un disegno fraudolento il solo intrattenimento di rapporti con un fornitore abituale evasore.

La pronuncia della Corte di cassazione
La Corte suprema, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha invece annullato, con la sentenza n. 15741 del 19 settembre, la pronuncia di appello.
Ai giudici di merito è stato contestato un errore di fondo ovvero l’aver ignorato l’elaborazione giurisprudenziale tributaria in materia di elusione, la quale è basata non sulla simulazione ma sull’abuso di strumenti giuridici formali in assenza della concreta sostanza economica a essi corrispondente al fine di utilizzarne gli effetti per eludere l’imposizione.
Nel caso della frode carosello, come ha precisato la Cassazione, il passaggio intermedio non corrisponde a un’effettiva intermediazione commerciale, ma alla finalità di far apparire acquirente e quindi cessionario un evasore per potersi successivamente avvantaggiare del non pagamento dell’Iva da parte sua.

La distinzione fra fatture soggettivamente inesistenti e frodi carosello
Al riguardo, la Suprema corte ha fornito un’interessante distinzione tra fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e frodi carosello, soffermandosi sulla ripartizione dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente.
Nella prima ipotesi, la fornitura è stata acquisita effettivamente dal contribuente, ma è stata fornita da un soggetto diverso dal fatturante.
L’Iva che il cessionario assume di aver pagato al cedente per la transazione fittizia (e cioè per la cessione non effettuata da quel preteso cedente) non è detraibile, perchè pagata a un soggetto non legittimato alla rivalsa né obbligato al pagamento dell’imposta.
In tal caso, l’onere della prova grava sul contribuente acquirente che, per detrarre l’Iva, deve dimostrare di non essere stato a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo non era il fatturante ma un altro (Cassazione, sentenza 8132 dell’11 aprile 2011).
Al Fisco, invece, per escludere la detraibilità dell’imposta, occorre provare, anche tramite presunzioni, che la cessione non è stata effettivamente operata dal fatturante.

Nella frode carosello, invece, il fatturante, almeno formalmente, è il fornitore effettivo, ma l’operazione si iscrive in un disegno fraudolento volto a evadere l’imposta.
L’Iva che figura pagata al cedente in via di rivalsa non è detraibile dato che a essa, con la consapevolezza o la partecipazione del cessionario, non corrisponde né un versamento all’erario né un’attività economica effettiva, in quanto il trasferimento all’intermediario formale ha il solo scopo abusivo di avvantaggiarsi della detrazione.
In questo secondo caso, deve essere il Fisco, anche mediante presunzioni, a provare gli elementi di fatto che concretizzano la frode e la partecipazione consapevole del contribuente al reato.

Conclusioni
Tuttavia, la Corte di cassazione, evidenziando che spesso le due pratiche fraudolente sono commesse contemporaneamente, ha ritenuto che, anche nell’ipotesi in cui dovrebbe essere il Fisco a dare prova del coinvolgimento dell’acquirente, grava in realtà su quest’ultimo l’onere di dimostrare “la verità dell’inverosimile”, ovvero l’interposizione fittizia fra l’effettivo fornitore della merce e le cartiere nonché la sua estraneità al disegno fraudolento.
Infatti, come ribadito dai giudici, nelle frodi carosello il meccanismo dell’operazione e gli scopi che la stessa si propone fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale.
Ciò comporta, ai sensi dell’articolo 17, della direttiva 77/388/Cee/1977, che l’Iva assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile (articolo 19 del Dpr 633/1972), anche se tali cessioni sono state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrano perfettamente regolari (Cassazione, sentenza 867/2010).

E’ imperativo, al riguardo, il richiamo all’articolo 17 della direttiva Cee 388/77 del 17 maggio 1977, ove si afferma il principio d’indetraibilità dell’Iva assolta in corrispondenza di comportamenti abusivi, volti cioè a conseguire il solo risultato del beneficio fiscale, senza una reale e autonoma ragione economica giustificatrice della catena di cessioni successive.
Peraltro, sia la giurisprudenza comunitaria che nazionale hanno più volte ribadito il principio generale secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo di strumenti giuridici privi di ragioni economicamente apprezzabili e diretti unicamente a conseguire tali indebiti vantaggi (Cge C-419/02/2006; Cassazione, sentenze 10352/2006 e 30057/2008).

Quindi, non avendo la società acquirente adempiuto al proprio onere probatorio, dimostrando, in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, di non aver partecipato all’accordo simulatorio,la Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e ha negato al contribuente la detrazione dell’Iva relativa agli acquisti allo stesso fatturati dalle società cartiere.