INTRA UE: momento di effettuazione servizi CM 35/E/2012

Si riportano le risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate in occasione dell’aggiornamento MAP del 31/05/2012, confluito nella CM 35/E/2012:

3.1 – Momento di effettuazione prestazioni di servizi da non residente
Domanda
La Legge 217/2011 (Comunitaria 2010) all’articolo 6 DPR 633/1972, in tema di prestazioni di servizi rese da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato a un soggetto passivo ivi stabilito, ha eliminato l’emissione anticipata della fattura dalle cause di effettuazione dell’operazione, sicché ai fini della individuazione di tale momento (e quindi anche per l’esigibilità dell’imposta, a cui è collegata la debenza e la detrazione dell’Iva) occorre dare rilevanza alla sola conclusione della prestazione ovvero, se anteriore ad essa, al pagamento anticipato, fino a concorrenza di tale importo. Ciò posto, si chiede quale debba essere il comportamento a cui conformarsi, anche per evitare le sanzioni del caso, laddove dovesse pervenire la fattura del prestatore non residente (in particolare nell’ipotesi in cui questi sia stabilito in uno Stato Ue e quindi la fattura sia soggetta ad integrazione e doppia registrazione, ex artt. 46 e 47 DL 331/1993) prima della ultimazione o del pagamento anticipato della prestazione.

Risposta
L’art.8 L. 217/2011 Legge Comunitaria 2010, ha apportato alla disciplina dell’imposta sul valore aggiunto significative modifiche, tra cui assumono particolare rilevanza le modifiche agli articoli 6 e 17 DPR 633/1972, riguardanti, rispettivamente, il momento di effettuazione delle prestazioni di servizi generiche ex art.7-ter, scambiate con soggetti passivi non stabiliti in Italia, ed il regime dell’inversione contabile (c.d. «reverse charge») previsto in capo al committente italiano.

Per effetto delle modifiche entrate in vigore a partire dal 17 marzo 2012, sia le prestazioni di servizi ex art.7-ter, rese da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato a un soggetto passivo ivi stabilito, sia le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli 7-quater e 7-quinquies, rese da un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato ad un soggetto passivo che non è ivi stabilito, si considerano effettuate nel momento in cui sono ultimate o pagate ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. La norma stabilisce, altresì, che le stesse prestazioni, se effettuate in modo continuativo in un periodo superiore a un anno, senza dar luogo a pagamenti – anche parziali – nel medesimo periodo, si considerano effettuate al termine dell’anno solare fino all’ultimazione delle prestazioni.

Risulta dunque derogata la regola generale ex art.6, co.4, secondo cui la prestazione si considera effettuata al momento di emissione della fattura. Resta fermo che, se anteriormente all’ultimazione della prestazione o alla maturazione dei corrispettivi è pagato in tutto o in parte il corrispettivo, la prestazione di servizi si intende effettuata, limitatamente all’importo pagato, alla data del pagamento.
L’articolo 8 L. Comunitaria 2010 ha riformulato anche l’articolo 17, co.2 DPR 633/1972, disponendo che, per le prestazioni di servizi ex art.7-ter, DPR 633/1972, effettuate da un operatore UE nei confronti di un soggetto passivo sito nel territorio dello Stato, l’imposta deve esse obbligatoriamente assolta mediante il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge), con la procedura di integrazione e di registrazione ex articoli 46 e 47 DL 331/1993, quando il prestatore è soggetto comunitario. In questa ipotesi, il committente nazionale dovrà:

  • numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile (articolo 46, co.1, DL 331/1993);
  • annotare la fattura, come sopra integrata, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese, distintamente nel registro IVA vendite (art.23, DPR 633/1972), secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo dell’operazione espresso in valuta estera (art.47, co.1, 1°p., DL 331/1993);
  • annotare la stessa fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti (art.25, DPR 633/1972), al fine di esercitare la detrazione eventualmente spettante (art.47, co.1, 3°p., DL 331/1993).

Alla luce delle disposizioni sopra richiamate, per motivi di certezza e di semplificazione, si deve ritenere che la fattura emessa dal prestatore comunitario non residente possa essere assunta come indice dell’effettuazione dell’operazione.
E’ dunque al momento di ricezione della fattura che va ricondotta l’esigibilità dell’imposta (a cui è collegata la debenza e la detrazione dell’IVA) che deve essere assolta dal committente, a prescindere dall’effettuazione del pagamento.
Pertanto, a fronte della ricezione della fattura da parte del prestatore comunitario non residente, il committente nazionale di prestazioni «generiche» ex  art.7-ter applica l’imposta con il meccanismo dell’inversione contabile, con la tempistica definita dalla specifica disciplina richiamata in materia di acquisti intracomunitari.

3.2 – Momento di effettuazione delle operazioni ai fini IVA: regime transitorio
Domanda
Ex art.8, co. 2, lett. a), n.2, Legge 217/2011 che ha introdotto il sesto comma all’articolo 6 DPR 633/1972, le prestazioni di servizi di cui all’articolo 7-ter, rese da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato a un soggetto passivo ivi stabilito, e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli 7-quater e 7-quinquies, rese da un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato ad un soggetto passivo che non è ivi stabilito, si considerano effettuate nel momento in cui sono ultimate ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. Se anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nel primo periodo è pagato in tutto o in parte il corrispettivo, la prestazione di servizi si intende effettuata, limitatamente all’importo pagato, alla data del pagamento.
Tale disposizione, come espressamente sancito dal comma 5 del citato articolo 8, si applica “[…] alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’entrata in vigore della presente legge”, ovvero a partire dal 17 marzo 2012. La disposizione medio tempore in vigore sanciva, invece, che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo.
Invero, alla data di entrata in vigore della nuova disposizione (quindi, al 17 marzo 2012), può accadere che l’ultimazione delle predette prestazioni di servizi sia già intervenuta, ma non sia ancora intervenuto il pagamento. Si chiede, pertanto, se in tali circostanze la prestazione sia da considerarsi “effettuata” alla data del successivo pagamento o, per finzione giuridica, debba considerarsi “effettuata” alla precedente data di entrata in vigore della nuova disciplina.

Risposta
L’articolo 8, co. 2, lett. a), Legge 217/2011, ha modificato l’articolo 6 DPR 633/1972, sopprimendo il terzo periodo del terzo comma e aggiungendo il sesto comma, in ordine al momento di  effettuazione delle prestazioni di servizi generiche scambiate con soggetti passivi non stabiliti in Italia.
Per effetto delle suddette modifiche, il nuovo sesto comma dell’articolo 6 DPR 633/1972 prevede che le prestazioni di servizi generiche scambiate con soggetti passivi non stabiliti in Italia si considerano effettuate al momento di ultimazione della prestazione ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. Tale disposizione, come sancito dal comma 5 del suddetto articolo 8, si applica “alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge”, ovvero a partire dal 17 marzo 2012. La nuova regola, di cui al suddetto sesto comma dell’articolo 6, che stabilisce il momento di effettuazione delle prestazioni di servizi generiche, troverà, pertanto, applicazione per le prestazioni di servizi effettuate a partire dal 17 marzo 2012 e cioè per le prestazioni di servizi la cui ultimazione, ovvero – se di carattere periodico o continuativo – la cui maturazione dei corrispettivi intervenga a partire dal 17 marzo 2012. Le prestazioni di servizi, la cui ultimazione (o la cui maturazione dei corrispettivi) sia, invece, intervenuta anteriormente al 17 marzo 2012, non potranno essere considerate effettuate a partire da tale data e, di conseguenza, continueranno ad essere assoggettate alla previgente regola generale, di cui al terzo o quarto comma del citato articolo 6, secondo cui le prestazioni si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo, ovvero al momento di emissione della fattura.

3.3 – Integrazione delle fatture per servizi intra UE
Domanda
L’articolo 17, comma 2 del DPR 633/72, modificato dalla legge 217/2011 (Comunitaria 2010), ha previsto che – nel caso delle prestazioni di servizi “generiche” (di cui all’articolo 7ter del DPR 633/72) rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Ue – “il committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47” DL 331/1993. In proposito si chiede se il richiamo dell’articolo 46 implichi anche l’applicazione del quinto comma di tale articolo, ossia se per il committente del servizio valga l’obbligo, in caso di mancato ricevimento della fattura del prestatore entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (i.e. l’ultimazione della prestazione o il pagamento anticipato della stessa), di provvedere – entro il mese seguente – ad emettere autonomamente la fattura relativa alla prestazione ricevuta.

Risposta
Ex art.46 DL 331/1993, contenuto nell’articolo 8, lettera g) Legge comunitaria 2010, in caso di mancato ricevimento della fattura del fornitore stabilito nella UE entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, il committente entro il mese seguente deve emettere, ex art.46 co.5 DL 331/1993, autofattura in unico esemplare, indicando in tale documento anche il numero di partita IVA del prestatore UE.
Tale autofattura, ex art.47 co.1 DL 331/1993, dovrà essere annotata negli appositi registri entro il mese di emissione. E’ evidente che tale adempimento deve essere posto in essere quando il committente ha conoscenza dell’effettuazione della prestazione o quando ha eseguito il pagamento.

CORTE UE: per l’esenzione IVA conta lo status di soggetto passivo

Fonte: Fisco Oggi – procedimento Corte UE C-587/10 

Data: 01/10/2012

Autore: A. De Angelis

Gli eurogiudici chiamati a pronunziarsi su una cessione intracomunitaria di beni tra una società holding, la controllata e il diniego di concessione del diritto

La domanda sollevata dinanzi ai giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea riguarda una controversia sorta, nell’ambito di una cessione intracomunitaria di beni, tra una società holding e la controllata, a seguito del diniego di concessione del diritto di esenzione dell’imposta sul valore aggiunto. La motivazione di tale diniego, infine, consiste essenzialmente nel mancato possesso del numero di identificazione Iva da parte dell’acquirente.

Il procedimento principale

Nel 1998, una società controllata dalla società ricorrente, effettuava una cessione di beni a una società stabilita negli USA ma con una stabile organizzazione in Portogallo priva, però, del numero di identificazione Iva. Quest’ultima, invece, aveva subito rivenduto i beni a una società stabilita in Finlandia con regolare numero di identificazione Iva. La società ricorrente, perfezionata l’operazione, emetteva la relativa fattura senza applicazione dell’Iva ma indicando il numero di identificazione della società finlandese. L’Amministrazione tributaria tedesca, da parte sua, rivendicava l’applicazione dell’Iva sulla fattura. Veniva negato così il beneficio della esenzione da Iva di cui ci si era avvalsi nella compilazione della fattura. Il primo grado di giudizio respingeva il ricorso presentato dalla società capogruppo non riconoscendo, pertanto, il diritto di esenzione. La mancata concessione della esenzione Iva è motivata facendo un richiamo alla normativa nazionale, alla stregua della quale si subordina tale beneficio al possesso del numero di identificazione Iva. Per altro verso, sottolinea il giudice stesso, la normativa comunitaria ritiene che, in alternativa al numero identificativo Iva, è sufficiente comprovare che l’acquirente sia assoggettato alla normativa Iva. Alla luce di queste di considerazioni, il giudice del rinvio, ha deciso di sospendere il procedimento per richiedere la pronuncia dei giudici comunitari.

Le questioni pregiudiziali

Le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice nazionale e affrontate congiuntamente dai togati europei, fanno riferimento alla applicazione dell’articolo 28, quater, punto A), lettera a), primo comma della sesta direttiva Iva. In sostanza, si tratta di stabilire se, in virtù di tale articolo, uno Stato membro può subordinare l’esenzione Iva al possesso del numero di identificazione Iva senza concederla laddove sia possibile dimostrare, da parte del fornitore, la qualifica di soggetto passivo Iva dell’acquirente a prescindere dal numero di identificazione. 

Le osservazioni dei togati europei

Il requisito di cui all’articolo 28, sottolineano i giudici, ovvero il possesso del numero identificativo Iva, non sembra essere un requisito stringente per l’assoggettabilità all’imposta sul valore aggiunto. Pertanto, la questione di cui alla causa principale riguarda stabilire il rispetto della sussistenza dello status di soggetto passivo dell’acquirente. Al riguardo, in passatola Corte ha affermato che il possesso dei requisiti formali sia una materia di competenza dei singoli Stati membri. L’articolo 22, paragrafo 8, della sesta direttiva riconosce agli Stati membri la facoltà di adottare provvedimenti per rendere più sicura la riscossione delle imposte, attenuando comportamenti fraudolenti. In tale ottica, una limitazione del diritto all’esenzione Iva sulla base di considerazioni puramente formali, e non sostanziali, non può essere consentito in quanto non sarebbe giustificabile dal fine della lotta alla frode e all’evasione dell’Iva. In considerazione del principio di equità fiscale, più volte richiamato nelle pronunce dei giudici europei, si è sempre ritenuto come il beneficio di esenzione dall’imposta possa essere concesso previa verifica del possesso dei requisiti di carattere sostanziale. Circa la fattispecie principale, infatti, è vero che il numero di identificazione Iva sia una sufficiente prova dello status di soggetto passivo Iva per gli Stati membri, ma è altresì vero che i fornitori possono comunque comprovare in altro modo la sussistenza di tale status. Ecco che allora, il numero identificativo è soltanto un elemento che facilita la verifica del possesso del requisito in oggetto.

La pronuncia della Corte

Il diritto comunitario, in particolare il richiamato articolo 28, quater, punto A), lettera a), primo comma della sesta direttiva Iva, sancisce il possesso della qualifica di soggetto passivo, comprovata dall’attribuzione di un numero identificativo, per beneficiare del regime di esenzione dall’Iva su alcune cessioni di beni. Alla luce di tale conclusione, sottolineano i giudici europei, ogni Stato membro può subordinare tale esenzione al possesso del citato numero identificativo. Pur tuttavia, tale requisito formale può essere superato laddove l’operatore economico fornisca sufficienti indicazioni atte a dimostrare che l’acquirente sia il soggetto passivo Iva. 

IVA: editore straniero deve identificarsi per le cessioni sopra 35.000 €

L’Agenzia delle Entrate, con RM 90/E/2012, ha precisato che la società straniera che cede prodotti editoriali è obbligata a identificarsi in Italia ai fini dell’IVA se supera la soglia di 35.000 euro annui e a versare l’IVA con facoltà di utilizzare il meccanismo della resa forfetaria.

La risoluzione esamina alcuni quesiti sottoposti da una società con sede a Londra che svolge attività di vendita a distanza, in abbonamento, di quotidiani a consumatori finali italiani:

  • si chiede di sapere se il regime di forfetizzazione della resa previsto per il settore dell’editoria è applicabile anche agli editori comunitari, non residenti né identificati in alcun modo in Italia;
  • si chiede inoltre, in caso di risposta affermativa, come calcolare l’ammontare delle operazioni imponibili, in particolare è stato chiesto se possa essere ridotto dell’80% (meccanismo della resa forfetaria);

i quesiti sono finalizzati a stabilire come calcolare la soglia dei 35.000 € per le vendite a distanza (art. 40, co. 4, lettera b), DL331/1993), superata la quale scatta l’obbligo di registrarsi in Italia o di nominare un rappresentante fiscale.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che il soggetto passivo UE identificato in Italia – per obbligo di legge o per scelta – che effettua la vendita a distanza di prodotti editoriali – quindi che commercializza di fatto i prodotti editoriali in Italia – sia obbligato all’assolvimento dell’imposta con il metodo del monofase.

Il soggetto passivo identificato è quindi debitore dell’IVA, che va calcolata sulla base del prezzo di vendita al pubblico, con facoltà di applicare il meccanismo della resa forfettaria.

Assolvimento dell’IVA

Per quanto riguarda le modalità di assolvimento dell’IVA in Italia, la CM 328/E/1997 ha chiarito che si definisce editore chi intraprende l’iniziativa economica editoriale, cioè chi si assume il rischio della realizzazione dell’opera per il successivo sfruttamento economico della stessa. Nel caso in cui la stampa della pubblicazione sia affidata da un operatore non residente in Italia a uno residente per la successiva commercializzazione, soggetto passivo è alternativamente:

  • o il rappresentante della stabile organizzazione in Italia dell’operatore estero
  • o, in assenza di questi, il rappresentante fiscale nominato ex art.17 DPR 633/1972
  • o, ancora, qualora non ci sia stabile organizzazione né un rappresentante fiscale, il cessionario che acquista i prodotti editoriali per la successiva commercializzazione.

La stessa circolare ha specificato che, per gli acquisti intracomunitari, l’IVA è dovuta dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato e non è detraibile quando i beni non sono destinati a successiva commercializzazione; in caso contrario, l’IVA va versata dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico, applicando la forfetizzazione della resa per i giornali (DM 9 aprile 1993).

Nel caso di specie, non essendoci un cessionario – soggetto passivo (poiché si é in presenza di vendita diretta a privati), il soggetto non residente in qualità di editore – identificatosi in Italia ai fini del tributo – dovrà versare l’IVA, eventualmente col metodo della forfetizzazione della resa.

Limite dei 35.000 euro

L’Agenzia delle Entrate precisa che il limite va calcolato sulla base dei corrispettivi effettivamente percepiti, e non sui corrispettivi forfettizzati, ridotti cioè dell’80%; ciò al fine di evitare potenziali arbitraggi fiscali, con i conseguenti fenomeni di distorsione della concorrenza, a danno dei Paesi membri la cui tassazione sia più onerosa per i consumatori finali.

No Intrastat

Non essendosi realizzata la fattispecie tipica dell’acquisto intra UE (come specificato anche nella CM 13/E/1994), l’istante non sarà tenuto alla compilazione degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie.

Pertanto, la società estera identificata in Italia, per legge o per scelta, che vende a distanza i prodotti editoriali, quindi li commercializza di fatto, è obbligata ad assolvere l’IVA con il metodo del monofase, con facoltà di applicare il meccanismo della resa forfettaria e, non trattandosi di acquisto intracomunitario, senza obbligo di compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat.

RIMBORSI IVA EXTRA UE: richiesta entro il 1° ottobre 2012 solo cartacea

Il 1 ottobre 2012 (il 30 settembre è domenica), scade il termine per chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Italia nel 2011 da soggetti passivi stabiliti nei tre Paesi extraeuropei con i quali è stato stipulato un accordo di reciprocità, cioè con Svizzera, Norvegia e Israele: ex art. 38-ter DPR 633/1972 i soggetti passivi stabiliti in questi Stati possono chiedere il rimborso dell’IVA pagata in Italia nel 2011 in relazione a beni e servizi che vi hanno acquistato e importato, con le modalità previste dal DM 2672/1982.

Modalità di presentazione dell’istanza

A differenza del rimborso IVA pagata negli altri Paesi UE, la richiesta di rimborso dell’IVA da parte di soggetti extra UE va presentata in forma cartacea, scaricando dal sito internet dell’Agenzia delle entrate il nuovo  modello 79 .

Il modello deve essere redatto in lingua italiana o inglese, deve essere indirizzato al Centro operativo di Pescara (via Rio Sparto n. 21, 65100 Pescara-Italia) e deve essere inviato per posta con raccomandata AR , ovvero tramite corriere espresso oppure con consegna a mano entro e non oltre il 30 settembre dell’anno successivo cui si riferisce la richiesta.

Nel caso del corriere espresso o del servizio postale fa fede la data di spedizione. Non sono valide le richieste pervenute via fax o per posta elettronica.

Documentazione da allegare

Al modello Iva 79 va allegata la seguente documentazione:

  • originali delle fatture;
  • documentazione da cui si evinca il pagamento delle fatture prodotte;
  • attestazione rilasciata dall’Amministrazione dello Stato di stabilimento del richiedente, dalla quale risulti la qualità di soggetto passivo IVA, nonché la data di decorrenza di tale iscrizione.

Il diritto al rimborso

Al pari del rimborso IVA pagata negli altri Paesi UE, l’esercizio del diritto alla detrazione va verificato alla luce della normativa esistente nel paese in cui il soggetto è stabilito: il diritto al rimborso IVA pagata in Italia viene riconosciuto all’operatore extra-UE a condizione che questi effettivamente svolga nel proprio Stato attività le cui operazioni siano assoggettate all’imposta.

Pertanto, in presenza di attività totalmente o parzialmente esenti è escluso o limitato (in base al pro-rata di detrazione) il diritto al rimborso. Per dare atto all’Amministrazione dell’esistenza o meno di un pro-rata, nella sezione “dati del richiedente” viene chiesto di barrare l’ipotesi ricorrente.

Dichiarazioni del richiedente

Il nuovo modello 79 ha una struttura idonea ad acquisire maggiori informazioni sull’anagrafica del richiedente il rimborso, per rendere più agevole e immediato l’eventuale contatto da parte dell’Agenzia Entrate, con particolare rilevanza della sezione “dichiarazione del richiedente”:

  • al punto 9 a) si chiede di specificare analiticamente la circostanza in relazione alla quale sono stati acquistati, in qualità di soggetto passivo, beni o servizi in Italia;
  • al campo 9 b) si chiede di confermare l’eventuale assenza di effettuazione di cessioni di beni o prestazioni di servizi nel territorio italiano durante il periodo cui si riferisce la richiesta;
  • al campo 9 c) si chiede di specificare le eventuali operazioni realizzate che non pregiudicano il diritto al rimborso, e cioè le prestazioni non imponibili di trasporto e i relativi servizi accessori (nell’ambito dei traffici internazionali di beni), nonché le cessioni per le quali il debitore d’imposta è il committente o cessionario, mediante il meccanismo dell’inversione contabile (art. 17, co. 2 DPR 633/1972).

Le suddette indicazioni sono necessarie poiché il diritto al rimborso può essere riconosciuto solo se, nel periodo di riferimento, non sono state effettuate in Italia cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti, fatta eccezione per i trasporti non imponibili e le operazioni in reverse-charge (art. 17, co.2 DPR 633/1972).

>>> RICHIEDI UN PREVENTIVO PER PRESENTARE L’ISTANZA