PLAFOND IVA: splafonamento è violazione sostanziale

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Fonte: elaborazione da Fisco Oggi del 18/03/2015 – Giurisprudenza delle imposte a cura di ASSONIME

Lo splafonamento è violazione sostanziale e non può essere in alcun caso considerato un errore formale, in quanto incide sulla corretta debenza dell’imposta dovuta all’Erario, dando luogo a un minore versamento del tributo

Ex art.8 co.2 Dpr 633/1972, ed ex DL 746/1983 e art. 2, co. 2, L. 28/1997, gli “esportatori abituali” con volume d’affari costituito prevalentemente da operazioni con l’estero (cessioni all’esportazione e operazioni assimilate ex art.8, primo comma, lettere a e b, 8-bis, 9, 71 e 72 del Dpr 633; cessioni intracomunitarie e prestazioni di servizi nei confronti di soggetti passivi in altro Stato membro non soggette a imposta a norma dell’articolo 40, commi 5, 6, 8 e 9, e 58 del Dl 331/1993) possono effettuare acquisti e importazioni di beni e servizi senza il pagamento dell’IVA.

Tale beneficio:

  • è subordinato a che l’ammontare di tali operazioni registrate nell’anno solare precedente (da parte dei soggetti che adottano il metodo del “plafond fisso”) o nei dodici mesi precedenti (per i soggetti che optano per il calcolo del “plafond mobile”) sia superiore al 10% del volume d’affari complessivo, calcolato ex art. 20 Dpr 633/1972, senza tener conto dei corrispettivi afferenti le cessioni di beni in transito o in deposito in luoghi soggetti a vigilanza doganale.
  • è consentito entro l’ammontare complessivo (plafond) di tali operazioni annotate nel registro ex art. 23 Dpr 633/1972 per l’anno solare precedente (plafond fisso) o per i dodici mesi precedenti (plafond mobile).

Sempre in base alle suddette disposizioni, inoltre, i soggetti in questione, anteriormente all’effettuazione dei propri acquisti di beni e servizi senza applicazione dell’imposta, devono presentare alla propria controparte contrattuale (cedente dei beni e/o prestatore dei servizi), sotto la propria responsabilità, la “dichiarazione d’intento”, con la quale detti soggetti attestano di trovarsi nelle condizioni previste ex lege per l’applicazione dell’agevolazione in questione.

Con la sentenza 22430/2014, la Cassazione si è pronunciata sulla legittimità di un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria aveva eccepito, nei confronti di una società “esportatrice abituale”, il superamento del “plafond” disponibile (splafonamento),  recuperando a tassazione l’IVA non versata dalla società a seguito dello “splafonamento” nell’anno 2000 del proprio “plafond” precostituito per l’anno 1999 (oltre interessi e sanzioni), per l’effettuazione di acquisti in sospensione d’imposta, nel 2000, in misura superiore rispetto al “plafond” disponibile.

Al riguardo, la società sosteneva che, in realtà, le operazioni in questione erano da intendersi effettuate nell’anno 1999 e non già nell’anno 2000 ancorché, per un mero errore materiale, registrate in tale ultimo anno, e che, comunque, gli acquisti in sospensione d’imposta posti in essere nel 2000 non avevano di fatto superato l’effettivo “plafond” precostituito nella precedente annualità.

La Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in quanto lo sforamento del plafond per l’anno 2000 dovuto ad un presunto errore formale ha comportato il mancato immediato pagamento dell’IVA ai fornitori delle cessioni illegittimamente inserite nel plafond costituito nel 1999, dando luogo ad un’indebita non applicazione dell’IVA su operazioni che avrebbero dovuto esservi, invece, assoggettate, poiché non rientranti nel plafond di cessioni in sospensione d’imposta costituito nell’anno precedente”.

Quindi tale comportamento non costituisce una irregolarità meramente formale di obblighi procedimentali (nella specie, errore materiale in relazione alla tempistica della registrazione degli acquisti, come eccepito dalla società interessata), bensì tale splafonamento è violazione di carattere sostanziale, relativa alla errata determinazione dell’ammontare dell’IVA dovuta e al conseguente minore versamento di imposta all’Erario.

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