DEPOSITI DOGANALI E ACCISE EQUIPARATI AI DEPOSITI IVA

Fonte: eutekne.info

Data: 25/07/2011

Autore: S. Cerato e M. Bana

La L. n. 106/2011 di conversione del DL n. 70/2011 (Decreto Sviluppo) ha apportato alcune significative integrazioni alla disciplina dei depositi IVA prevista dall’art. 50-bis DL 331/1993.

Il regime prevede la facoltà di effettuare delle operazioni senza versare l’imposta, qualora correlate all’introduzione in depositi istituiti per custodire beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali di conservazione degli stessi. Sul punto, il Decreto Sviluppo ha meglio precisato alcune assimilazioni contenute nel comma 1, stabilendo che sono equiparati a quelli IVA alcuni tipi specifici, e non più generici, di depositi:

  • fiscali ex art. 1, co. 2, lett. e), D.Lgs. 504/1995 (Testo Unico Accise), quali gli impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti o spediti prodotti soggetti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall’Amministrazione Finanziaria;
  • doganali ex art. 525, secondo paragrafo, Reg. CEE n. 2454/1995, contrassegnati dalle lettere “C”, “D” – riguardanti l’immissione in libera pratica secondo la procedura di domiciliazione, che può fondarsi sulla specie, sul valore in dogana e sulla quantità di merci da prendere in considerazione al momento del loro vincolo al regime – ed “E”.

Un’ulteriore rilevante novità è rappresentata dall’introduzione dell’obbligo della prestazione di idonea garanzia, commisurata all’imposta, con riferimento alle operazioni ex art. 50-bis, co. 4 DL 331/1993, ovvero di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA. L’adempimento non deve, tuttavia, essere assolto dagli operatori economici autorizzati, titolari del certificato “AEO”, rilasciato ex art. 14-bis Reg. CEE n. 2454/1993.
Analogamente, sono esclusi gli esonerati ex art. 90 DPR 43/1973 (TULD), per effetto del quale l’Amministrazione finanziaria può dispensare, tra l’altro, le imprese di notoria solvibilità dall’obbligo di prestare cauzione per i diritti doganali gravanti sui beni propri o di terzi che formano oggetto delle operazioni doganali da essere effettuate, in tutti i casi in cui tale obbligo è previsto. Ferma restando la facoltà di revoca in qualsiasi momento, qualora sorgano fondati dubbi in ordine alla solvibilità del contribuente, che è, conseguentemente, tenuto a prestare la garanzia, relativamente alle operazioni in corso, entro cinque giorni dalla notifica del provvedimento di decadenza dall’esonero.

Il Decreto Sviluppo ha, inoltre, stabilito un adempimento transitorio, efficace sino al completamento dell’integrazione delle informazioni contenute nelle banche dati delle Agenzie fiscali, da definirsi, successivamente, con un provvedimento del Direttore delle Dogane, di concerto con quello delle Entrate: è stato, infatti, aggiunto un periodo all’art. 50-bis, co. 6 DL 331/1993, per effetto del quale il soggetto che procede all’estrazione dei beni è tenuto a comunicare al gestore del deposito IVA i dati relativi allaliquidazione dell’imposta, anche ai fini dello svincolo della predetta garanzia.
Tali dati devono, inoltre, essere conservati ex art. 39 DPR 633/1972, unitamente agli altri documenti assunti a base dell’introduzione e dell’estrazione dei beni, nonché a quelli relativi agli scambi eventualmente intervenuti durante la giacenza dei beni nel deposito stesso.

A questo proposito, si rammenta, infine, che la medesima disciplina opera con riferimento al registro di cui al successivo art. 53, co. 3, obbligatoriamente istituito per evidenziare le informazioni ex art. 3 DM 419/1997:

  • il numero e la specie dei colli;
  • la natura, la qualità e la quantità delle merci;
  • il corrispettivo o, in mancanza, il valore normale dei beni;
  • il luogo di provenienza e destinazione dei beni introdotti e di quelli estratti;
  • il soggetto per conto del quale è effettuato l’inserimento o il prelievo delle merci.

CM 19/D/2011: attività dello spedizioniere doganale

L’Agenzia delle Dogane ha fornito chiarimenti sull’art. 82 D.Lgs. 59/2010, recante modifiche al DPR 43/973, in materia di attività di spedizioniere doganale.

In particolare, l’Agenzia delle Dogane, si è occupata di tale disciplina, con la CM 19/D/2011.

Il citato D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, concernente la “Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010, statuisce, all’art. 82, anche in materia di attività di spedizioniere doganale.

Con tale disposizione sono state apportate le modifiche agli artt. 46, 47 e 51 DPR 43/1973.

Registro ausiliari degli spedizionieri doganali

Nuovo art. 46: l’Ufficio delle dogane dovrà formare e tenere aggiornato il registro degli ausiliari che hanno la residenza, ovvero il domicilio professionale, inteso come il luogo in cui egli esercita in modo stabile e continuativo la propria attività alle dipendenze di uno spedizioniere doganale, nei comuni compresi nell’ambito territoriale di competenza dell’Ufficio stesso.

Poiché l’ambito operativo dello spedizioniere doganale è stato esteso all’intero territorio nazionale, un suo dipendente, qual è l’ausiliario, può operare nel medesimo ambito.

A tal fine è necessario che l’ausiliario sia conosciuto e quindi accreditato, oltre che presso l’Ufficio delle dogane dove è registrato, anche presso l’Ufficio delle dogane presso il quale viene temporaneamente incaricato di prestare la propria opera da parte e per conto dello spedizioniere doganale, su richiesta di quest’ultimo ed a condizione che per svolgere tale attività lo stesso spedizioniere doganale metta a disposizione dell’ausiliario un luogo  fisico operativo, ovvero una struttura organizzativa, nell’ambito territoriale di competenza di tale Ufficio.

Non occorre che si verifichi tale condizione qualora l’Ufficio di registrazione e l’Ufficio di accredito temporaneo siano ubicati nella stessa provincia, ovvero in province limitrofe o, comunque, in province tra loro facilmente raggiungibili.

Gli accrediti, diversi da quello di registrazione, devono essere effettuati, di volta in volta, a cura dello spedizioniere doganale, tramite formale comunicazione all’Ufficio delle dogane territorialmente competente, che ne dovrà fornire tempestiva notizia all’Ufficio delle dogane presso il quale l’ausiliario è registrato, al fine dell’annotazione nel prescritto registro.

La predetta comunicazione dovrà mettere in condizione l’Ufficio delle dogane di acquisire le essenziali informazioni utili ai fini del riconoscimento dell’ausiliario incaricato, dell’individuazione del luogo fisico operativo, ovvero della struttura organizzativa, a disposizione dell’ausiliario, dell’individuazione dell’arco temporale di durata dell’incarico e dell’indicazione delle mansioni affidategli. Tali informazioni saranno conformemente annotate e inviate all’Ufficio delle dogane presso il quale l’ausiliario è registrato, per i conseguenti opportuni aggiornamenti.

Patente di spedizioniere doganale

Nuovo art. 47: uno spedizioniere doganale può espletare il proprio mandato presso qualsiasi ufficio delle dogane del territorio nazionale, direttamente o, ex art. 42 DPR 43/1973, facendosi coadiuvare nell’esercizio della rappresentanza da altri spedizionieri doganali.

In tal senso viene intesa, quindi, la competenza attribuita dalle patenti finora rilasciate, senza la necessità di una restituzione delle stesse all’Ufficio per i servizi all’utente e per i traffici di confine di questa Direzione centrale per un’integrazione formale, trattandosi di un’estensione di competenza che opera “ipso iure”.

E’ comunque necessario che lo spedizioniere doganale mantenga l’accreditamento presso l’Ufficio doganale nel cui ambito ha la residenza, ovvero il domicilio professionale, sia per consentire l’esatta individuazione dell’Albo compartimentale di cui all’art. 4 L. 1612/1960 presso cui lo stesso spedizioniere doganale deve essere necessariamente iscritto per poter esercitare la professione, sia per permettere l’esatta individuazione dell’organo deputato all’eventuale adozione delle misure previste dall’art. 53 del DPR 43/1973 ed alla formalizzazione della proposta alla Direzione centrale delle Dogane per l’adozione del provvedimento di revoca (di cui al successivo art. 54).

Da ciò ne consegue che nel caso di trasferimento della residenza o del domicilio professionale lo spedizioniere doganale ne darà comunicazione alle Direzioni interregionali, regionali o provinciali interessate, oltre che a questa Direzione centrale.

Viene per ultimo precisato che l’eventuale illecito compiuto da uno spedizioniere doganale presso un Ufficio doganale situato al di fuori della Direzione regionale, interregionale o provinciale su cui insiste l’Ufficio delle dogane presso cui è accreditato va prontamente segnalato a tale ultima Direzione per l’adozione dei relativi previsti provvedimenti.

Ammissione agli esami per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale

Art. 51: la procedura d’esame viene curata direttamente dall’Ufficio per i servizi all’utente e per i traffici di confine dalla Direzione centrale. Tuttavia, ai soli fini della partecipazione agli esami, l’anzianità di iscrizione nel registro del personale ausiliario, prevista per poter essere ammessi all’esame per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale, decorre dalla data di presentazione dell’istanza di iscrizione.

Viene, infine, posta l’attenzione sull’opportunità di svolgere opera di sensibilizzazione nei riguardi di tutti gli spedizionieri doganali, che ancora non lo abbiano fatto, a dotarsi, successivamente all’iscrizione all’Albo compartimentale degli spedizionieri doganali, del codice EORI.

Dell’avvenuta iscrizione e della assegnazione del codice EORI, le Direzioni forniranno notizia all’Ufficio per i servizi all’utente e per i traffici di confine della Direzione centrale, onde consentire l’adozione degli ulteriori adempimenti di competenza

TRIANGOLAZIONI EXPORT: non imponibile anche con trasporto del cessionario

Fonte: Eutekne.info

Autore: P. Centore e M. Peirolo

Data: 20/04/2011

La Cassazione, con sentenza 6898 del 25/03/2011, ha stabilito che nelle triangolazioni all’esportazione, la cessione dei beni tra i due operatori italiani si considera non imponibile IVA anche se i beni sono stati trasportati fuori della UE dal cessionario italiano.

Premessa: nelle esportazioni dirette, anche in triangolazione,  il cedente italiano deve dimostrare l’avvenuta esportazione della merce, oggetto di un unico trasporto, in territorio extra UE, per la non imponibilità IVA.

A tal fine, l’art. 8, co. 1, lett. a), DPR 633/1972 individua i mezzi di prova dal punto di vista formale, dato che – sul piano sostanziale – la detassazione dell’operazione esige che sia superata la presunzione di consegna dei beni nello Stato italiano.

Nelle triangolazioni, dove si verifica una cessione interna (da IT1 primo cedente >>> a IT2 promotore) e una cessione all’esportazione (da IT2 promotore >>> a ExtraUE destinatario finale), è necessario, per la non imponibilità tra i due operatori italiani – che la dogana apponga il  visto uscire, a seconda dei casi, sulla fattura di vendita o sul DDT ([download id=”6641″]): in tal modo la dogana, attraverso la vidimazione, attesta – a livello formale – la condizione “materiale” relativa al superamento della linea doganale comunitaria dei beni ceduti, ma non quella sostanziale, diretta ad evitare che i beni, entrando nella disponibilità del cessionario italiano, siano – di fatto – “consumati” nel territorio nazionale.

Quest’ultima condizione, esplicitata nella locuzione “a cura o a nome del cedente”, richiamata nell’art. 8, co.1, lett. a) DPR 633/1972 e poi estesa alle triangolazioni comunitarie ex art. 58 DL 331/1993, ha indotto l’Amministrazione finanziaria ad escludere il beneficio della non imponibilità quando il contratto di trasporto/spedizione sia stipulato dal cessionario anziché dal cedente ([download id=”6643″]).

A seguito della norma di interpretazione autentica ex art. 13, co. 1, L. 413/1991, risulta invece irrilevante il soggetto al quale sia intestata la fattura emessa dal vettore/spedizioniere e che effettua il relativo pagamento.

Sulla scorta della posizione espressa in precedenza dalla Cassazione (sent. n.4098/2000), l’orientamento della prassi amministrativa è stato ridimensionato, in modo che al cessionario sia impedito soltanto di entrare in possesso della merce da inviare fuori dall’Italia. In linea, infatti, con la ratio della norma che agevola, ai fini IVA, le cessioni verso Paesi “terzi”, la [download id=”6645″] ha chiarito che l’operatore italiano, promotore della triangolazione, può stipulare il contratto “su mandato ed in nome del cedente”, fermo restando che la merce deve essere ritirata direttamente dal vettore presso il primo cedente; in questo modo il cessionario agisce come mero intermediario del cedente, senza mai acquisire la disponibilità dei beni.

La giurisprudenza di legittimità sopra richiamata – confermata da ultimo con le sentenze nn. 6114/2009 e 6898/2011 – ha privilegiato il carattere oggettivo della detassazione, ribadendo che la triangolazione di beni a destinazione di un Paese comunitario o extracomunitario, per essere agevolabile anche nel primo passaggio (interno) dei beni, “non presuppone necessariamente che vi sia la prova che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura e a nome del cedente, quanto piuttosto che, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista del trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti”.

È in forza di questa impostazione che la Suprema Corte, nella sentenza n. 6898/2011, ha riconosciuto il beneficio della non imponibilità alla cessione interna dei beni destinati ad essere trasportati fuori della Comunità anche quando l’invio all’estero sia avvenuto utilizzando un automezzo di proprietà del cessionario italiano.

È dunque l’esistenza della triangolazione, desumibile dalla volontà delle parti, che garantisce la tutela del divieto di immissione in consumo in Italia, senza che abbia alcuna rilevanza il soggetto nella cui disponibilità rientrano i beni da trasportare/spedire all’estero. Questa conclusione è avallata dai principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE (causa C-245/04, causa C-430/09), a proposito delle c.d. “vendite a catena”. Per i giudici comunitari, la detassazione, in caso di più vendite consecutive, è riconosciuta alla cessione interna dei beni oggetto di un unico trasporto dal Paese del primo cedente a quello (diverso) del cessionario finale, a prescindere dal soggetto – che quindi può ben essere il cessionario intermedio – che abbia la disponibilità della merce durante il trasporto verso il destinatario non residente.

La posizione della Cassazione, sostenuta dalla Corte UE, impone all’Agenzia delle Entrate la rivisitazione, in senso sostanziale, dell’interpretazione della locuzione “a cura o a nome del cedente” nelle triangolazioni ex art. 8 DPR 633/1972 e ex art. 58 DL 331/1993: non conta quindi il soggetto che stipula (o nel cui nome viene stipulato) il contratto di trasporto, quanto il fatto che il bene sia effettivamente trasferito all’estero, in dipendenza di un’operazione triangolare.

IMPORT: aliquota dazi doganali segue la nomenclatura

Fonte: Fisco Oggi – sentenza Corte UE del 14.4.2011, procedimenti riuniti C-288/09 e C-289/09

Autore: A. De Angelis

Data: 18/04/2011

Il riferimento è a quella positiva e al prodotto che per gli eurogiudici sono determinanti ai fini del versamento
Le domande di pronuncia pregiudiziale, trattate congiuntamente a seguito di ordinanza della Corte motivata dalla connessione tra le cause, vertono sull’interpretazione della nomenclatura combinata (Reg. CE 2658/1987 e s.m., relativo alla nomenclatura tariffaria, statistica e alla tariffa doganale comune). Infatti, alla corretta interpretazione delle questioni di cui alle cause principali, si connette l’applicazione o meno di un’ aliquota positiva per il versamento dei dazi doganali. Le controversie coinvolgono, ognuna indipendentemente dall’altra, due società di diritto privato e l’amministrazione finanziaria del Regno Unito in merito alla classificazione doganale di alcuni prodotti per la richiesta del pagamento di dazi doganali.

L’applicazione di un’aliquota positiva e la questione di legittimità
Nelle questioni di cui alle cause principali, rispettivamente i procedimenti  C-288/09 e C-289/09, i ricorrenti sono costituiti da due società di cui una fornitrice di servizi di televisione digitale terrestre, l’altra produttrice e importatrice di prodotti-supporto ad hoc per la televisione a pagamento. Nel procedimento C-288/09 la società ricorrente si è opposta con ricorso, presentato nelle competenti sedi, alla classificazione del suo servizio effettuata dall’Amministrazione del Regno Unito. Alla stessa stregua la società ricorrente, nel procedimento C-289/09, ha presentato ricorso  contro la decisione con cui veniva effettuata una classificazione diversa, annoverando un errato riferimento alla nomenclatura combinata. Il presidente della Corte ha riunito la trattazione dei due procedimenti in modo da risolvere il dubbio interpretativo con un’unica pronuncia.Di conseguenza, nelle questioni pregiudiziali proposte, le società ricorrenti, o meglio il giudice del rinvio, da un lato chiedono quale debba essere la corretta classificazione doganale da prendere in considerazione e dall’altro, posto che la classificazione cd. “giusta” sia quella proposta dall’Amministrazione del Regno Unito, se tale scelta possa considerarsi legittima secondo le norme del diritto dell’Unione europea. L’aspetto che non bisogna perdere di vista è, però, il fatto che, riconoscendo valida la tesi sostenuta dalle ricorrenti, queste ultime non sono tenute ad alcun obbligo del versamento del dazio doganale in quanto verrebbe a mancare il presupposto per l’applicazione dell’aliquota positiva. Quindi, nessun pagamento a posteriori dei dazi doganali sarebbe dovuto come richiesto nel procedimento C-289/09.

Le questioni pregiudiziali
Tra le questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio, di cui alle cause principali desta particolare interesse la questione della corretta classificazione dei prodotti per stabilire se è da ritenere applicabile una aliquota positiva di dazi doganali. La  disamina rileva, inoltre, in merito al rispetto delle disposizioni contenute nel diritto dell’Unione europea. Nello specifico, se l’applicazione del dazio sia o meno illegittimo (allegato II, n. 1, lett. b), del Gatt e dichiarazione ministeriale sul commercio dei prodotti delle tecnologie dell’informazione approvata il 13 dicembre 1996).

La normativa comunitaria
Secondo l’articolo 3, n.1, lett. A), della convenzione sul sistema armonizzato di destinazione e codificazione delle merci, approvato dalla Comunità economica europea con decisione del Consiglio 87/369/CEE, le parti contraenti si impegnano a fare in modo che le nomenclature tariffarie e statistiche ivi stabilite ad utilizzare tutte le voci e sottovoci di quest’ultime, senza alcuna variazione, nonché i relativi codici numerici, e a seguire l’ordine di numerazione di detto sistema. A seguito della istituzione di un Consiglio di cooperazione doganale, però, è possibile modificare la nomenclatura combinata della convenzione con apposite note esplicative. In merito alle due questioni, secondo la nomenclatura combinata, i regolamenti applicabili sono, rispettivamente, il n. 1549/2006, in vigore dal primo gennaio 2007, e il n. 1214/2007 entrato in vigore il primo gennaio 2008. Nella prima parte, precisamente nel titolo I, A,  della nomenclatura combinata si trovano le regole generali per l’interpretazione della nomenclatura stessa, regole che risultano le stesse per i due regolamenti di cui sopra. Altra normativa di riferimento è l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (Gatt). L’accordo sul commercio dei prodotti delle tecnologie dell’informazione, approvato con dichiarazione ministeriale il 13 dicembre 1996, precisa, al punto 1, che il regime commerciale delle parti contraenti deve evolvere  in maniera tale da favorire le opportunità di accesso al mercato dei prodotti dell’industria dell’informazione.

Codice doganale e regolamento della Commissione
La normativa doganale di riferimento comprende sia il codice doganale che il regolamento della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454. Quest’ultimo regolamento contiene alcune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 come modificato dal regolamento della Commissione 18 dicembre 1996 conosciuto come il “regolamento di applicazione”. Secondo l’articolo 12, nn. 1-6, del codice doganale, l’autorità doganale fornisce informazioni tariffarie vincolanti che obbliga la stessa autorità, nei confronti del titolare, soltanto per quanto riguarda la classificazione tariffaria. Si stabilisce anche quando un informazione cessa di essere vincolante. L’articolo 243, sempre del codice doganale, tratta della procedura per proporre ricorso contro le decisioni dell’autorità doganale in merito all’applicazione della normativa doganale arrivando a stabilire due fasi per avviarlo. Si sottolinea come, agli artt. 247 e 247 bis stabiliscano come per l’attuazione del codice doganale la Commissione viene assistita da un comitato del codice doganale. A chiusura del quadro normativo è opportuno citare il regolamento di attuazione del codice doganale. Nella fattispecie, l’articolo 11, sancisce che l’informazione tariffaria vincolante, fornita dall’autorità doganale di uno Stato membro, impegna le autorità competenti di tutti gli Stati membri alle stesse condizioni. L’articolo 12, indica invece, per gli atti e le misure elencati nel paragrafo 5, l’autorità doganale affinché le informazioni vincolanti siano fornite in conformità all’atto o alla misura in questione.

Le conclusioni dei togati europei
Le conclusioni, a cui sono giunti i togati europei, in merito all’interpretazione di cui alle cause principali con particolare riferimento alla esazione dei dazi, previa applicazione di un aliquota positiva, possono essere dedotte indirettamente. In altri termini, a seguito delle conclusioni tratte nelle prime questioni, i giudici della Corte non hanno ritenuto di dover affrontare la fattispecie dell’applicazione di un aliquota positiva di dazi.  Questo, in quanto, una volta considerata corretta la nomenclatura della sottovoce, come interpretato dalle società ricorrenti, ne consegue il decadimento dell’obbligo di versamento di diritti doganali. Gli eurogiudici hanno ritenuto non necessaria una loro pronuncia in merito alla questione dell’applicazione di un aliquota positiva dei dazi doganali. In altri termini, si evince l’importanza di una giusta interpretazione in merito alla nomenclatura dei prodotti, in quanto, proprio da tale nomenclatura scaturisce l’onere doganale.