IVA: situazione reverse charge dal 2 maggio 2016

Le situazioni per cui si applica il meccanismo del reverse charge IVA – dopo il D.Lgs 24/2016 e la CM 21/E/2016 – sono attualmente le seguenti, con le rispettive decorrenze:

  • Dal 2 maggio 2016 al 31 dicembre 2018: cessioni di tablet PC, laptop (rif. codice NC 8471.30) e console da gioco (rif. codice NC 9504.50) – ex art. 17 co.6 lett. c) DPR 633/1972 (come modificato da DLgs. 24/2016). E’ irrilevante la condizione che il bene sia usato piuttosto che nuovo (salvo l’adozione del regime del margine). Sotto il profilo soggettivo, non vi sono limitazioni che non siano dettate dallo status di soggetto passivo d’imposta del cessionario. La norma – è stato chiarito dalla CM 21/E/2016 – si applica fino alla fase che precede il commercio al dettaglio.
  • Fino al 31 dicembre 2018: cessioni di telefoni cellulari (art. 17 comma 6 lett. b) DPR 633/72); anche per i telefoni cellulari, il campo di applicazione del reverse charge è limitato alle sole cessioni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio (CM 59/E/2010). La nozione di telefoni cellulari comprende comunque anche gli smartphone (rif. note della NC 8517.12)
  • Fino al 31 dicembre 2018: cessioni di dispositivi a circuito integrato (microprocessori e unità centrali di elaborazione), effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale (la norma che faceva riferimento ai PC , disapplicata a seguito della decisione del Consiglio UE 22/11/2010 n. 710, è stata abrogata);
  • Fino al 2 marzo 2016: cessioni di componenti ed accessori dei telefoni cellulari

Si tratta di situazioni transitorie, che vengono concesse al Paese UE richiedente in questo caso l’Italia, per contrastare le situazioni ad elevato rischio frodi IVA ai sensi delle Direttive 201/42/UE e 2013/43/UE, e degli artt. 199 e 199-bis Direttiva IVA 2006/112/CE.

In sintesi:

PRODOTTO FASE DISTRIBUTIVA DECORRENZA
Personal computer (NC 8471) Mai applicata perchè mai autorizzata dalla UE
Telefoni cellulari (NC 8517.12 – comprende anche gli smartphone) Fase che precede la rivendita al dettaglio Fino al 31/12/2018
Componenti ed accessori dei telefoni cellulari Fase che precede la rivendita al dettaglio Fino al 2/03/2016
Componenti dei PC (dispositivi a circuito integrato – NC 8542 3190 ed NC 8542 3110) Prima dell’installazione in prodotti destinati al consumatore finale Fino al 31/12/2018
PC portatili (laptop) (NC 8471 3000)

Tablet (NC 8471 3000)

Console da gioco (NC 9504 5000)

Fase che precede la rivendita al dettaglio Dal 2/05/2016 al 31/12/2018

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IVA: reverse charge, IVA addebitata per errore non detraibile

La Corte di giustizia UE, con sentenza 6 febbraio 2014, causa C-424/12, ha affermato che non è detraibile l’IVA addebitata erroneamente dal fornitore in una fattura emessa per un’operazione sottoposta al meccanismo dell’inversione contabile.

La questione è stata sottoposta dai giudici romeni nell’ambito di una controversia scaturita dall’indebita fatturazione con applicazione dell’IVA di prestazioni di servizi edili per i quali l’ordinamento romeno prevede il meccanismo dell’inversione contabile. Il committente aveva prima pagato l’IVA addebitata e poi l’aveva computava in detrazione: l’Amministrazione finanziaria, in un primo momento, non eccepiva nulla, successivamente, però, rettificava la dichiarazione, ritenendo non detraibile per il committente l’IVA indebitamente fatturata dal prestatore (che nel frattempo era fallito senza avere versato all’erario romeno l’imposta in questione).

Le domande dei giudici romeni erano dirette in sostanza a sapere se la direttiva IVA e il principio di neutralità ammettano oppure no che, nell’ambito di un’operazione soggetta a reverse charge, il committente sia privato del diritto a detrazione dell’IVA che ha indebitamente versato al prestatore di servizi sulla base di una fattura erroneamente riportante l’imposta e non l’indicazione del regime particolare; la Corte ricorda innanzitutto che, nell’ambito di tale regime, non avviene alcun pagamento di IVA tra prestatore e committente, il quale è egli stesso debitore IVA, pur potendo in linea di principio detrarla di modo che nulla è dovuto al fisco. Inoltre nell’ambito del regime dell’inversione contabile, il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se alcuni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi: in tale fattispecie, però, la situazione è diversa in quanto in fattura non c’è l’indicazione “inversione contabile”, in violazione dell’obbligo previsto dal codice tributario romeno, e il committente non ha preso le misure necessarie per sanare tale irregolarità. Inoltre, il committente ha erroneamente versato al fornitore l’IVA indebitamente menzionata nella fattura, mentre avrebbe dovuto corrispondere l’imposta con le modalità previste da tale regime. Questa situazione ha privato l’amministrazione tributaria della possibilità di controllare l’osservanza del regime particolare e ha determinato un rischio di perdita di gettito fiscale.

Per costante giurisprudenza, aggiunge la corte, l’esercizio del diritto a detrazione è limitato alle sole imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto dovute. Nella fattispecie, poiché l’IVA versata dal committente al fornitore non era dovuta e tale versamento non rispettava un presupposto sostanziale del regime dell’inversione contabile, il committente non può invocare un diritto alla detrazione di tale imposta.

Subappalti costruzioni edili: trattamento IVA differenziato se il reverse charge è obbligatorio

Fonte: Eutekne.info

Data: 14/07/2012

Autore: M. Peirolo

Nel settore edile, può accadere che una società italiana effettui, per conto di un soggetto IVA stabilito in un altro Paese UE (ad esempio, la Francia), lavori inerenti la costruzione di un fabbricato non situato in Italia. Può anche verificarsi che la società italiana si avvalga di subappaltatori locali, cioè stabiliti nel luogo di ubicazione dell’immobile in corso di edificazione.
Ai fini IVA, le domande da porsi riguardano essenzialmente l’individuazione del luogo impositivo e, relativamente al rapporto di subappalto, l’applicabilità del meccanismo del reverse charge, con traslazione dell’obbligo impositivo in capo al subappaltatore estero.

Riguardo al primo aspetto, in base all’art. 47 Direttiva n. 2006/112/CE, recepito dall’art. 7-quater, comma 1, lett. a), DPR 633/1972, “luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile (…) è il luogo in cui è situato il bene”.
Non è, tuttavia, il riferimento all’immobile che determina il luogo impositivo, bensì la natura della prestazione in concreto resa. Secondo la Corte di Giustizia (causa C-166/05, Heger), la tassazione nel luogo di ubicazione dell’immobile presuppone, infatti, l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto tra la prestazione e il bene.
La stessa Amministrazione finanziaria ha delimitato l’ambito applicativo del criterio territoriale in funzione della “presenza di una relazione concreta ed effettiva con il bene immobile” (RM 48/E/2010 e CM 37/E/2011, § 3.1.1).

Il descritto criterio interpretativo supera la posizione espressa dalla Suprema Corte (sentenza 26 maggio 2010 n. 12834) in ordine al rapporto tra le disposizioni che regolano il presupposto territoriale, da individuare – secondo i giudici di legittimità – in funzione dell’esclusivo riferimento all’immobile. Il criterio del luogo di ubicazione dell’immobile riguarderebbe “tutte le prestazioni di servizi inerenti ad immobili situati in Italia, come si evince chiaramente dal fatto che il legislatore si è premurato di chiarire che sono «comprese» anche le perizie, le prestazioni di agenzia, ecc., proprio per evitare equivoci e per chiarire che la localizzazione dell’immobile determina l’imponibilità in Italia delle prestazioni di servizio di ogni tipo”.

Rispetto al caso in esame, ipotizzando che si sia in presenza di un “nesso sufficientemente diretto” con l’immobile, le prestazioni relative all’immobile ubicato in Francia, rese ad un soggetto passivo francese, si considerano ivi territorialmente rilevanti agli effetti del tributo sul valore aggiunto. Il prestatore italiano, conseguentemente, non è tenuto ad emettere la fattura, siccome il relativo obbligo, ex art. 21, comma 6, del DPR n. 633/1972, è previsto per le sole prestazioni di servizi “generiche” escluse da IVA in Italia ex art. 44 della Direttiva n. 2006/112/CE, recepito dall’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del DPR n. 633/1972; quindi, non anche per quelle detassate in base al citato art. 7-quater. L’imposta è assolta in Francia dal committente, soggetto passivo, senza necessità, per l’operatore italiano, di identificarsi direttamente o per mezzo di un rappresentante fiscale.

Riguardo al secondo aspetto, se la Francia si è avvalsa, come l’Italia, della facoltà di traslazione dell’obbligo d’imposta in capo al destinatario del servizio, prevista dall’art. 199, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, può utilmente richiamarsi la CM 11/E/2007 (risposta 5.1). In tale ipotesi, infatti, è la società italiana che, in quanto debitore d’imposta in luogo del subappaltatore francese, deve identificarsi in tale Paese al fine di assolvere l’imposta.

Riepilogando, se la Francia ha previsto l’obbligo di reverse charge, con una portata applicativa analoga a quella prevista dall’Amministrazione finanziaria italiana, il regime IVA appare il seguente:
– rapporto subappaltatore francese/appaltatore italiano: identificazione IVA in Francia dell’appaltatore italiano con assolvimento, da parte di quest’ultimo, dell’IVA francese;
– rapporto appaltatore italiano/committente francese: IVA francese con reverse charge in capo al committente francese.

Se, invece, la Francia non si è avvalsa della facoltà in parola, ovvero se la portata applicativa del reverse charge differisce da quella prevista dall’Amministrazione finanziaria italiana, è il subappaltatore francese che, in quanto debitore d’imposta, deve assoggettare a IVA la prestazione, territorialmente rilevante in Francia ex art. 47 della Direttiva n. 2006/112/CE. Nel rapporto appaltatore italiano/committente francese resta dovuta l’IVA francese, con reverse charge in capo al committente francese.

RM 42/E/2012: conseguenze mancata iscrizione al VIES

Senza iscrizione al VIES, l’acquisto effettuato da un soggetto passivo italiano presso un soggetto passivo di altro Stato UE, non può essere considerato acquisto intracomunitario esente dall’IVA, quindi l’operazione è rilevante, ai fini IVA, nel Paese del fornitore e non è applicabile in Italia il regime del reverse charge.

L’Agenzia delle Entrate, con RM 42/E/2012, ha fornito chiarimenti sulla qualificazione giuridica delle operazioni effettuate da soggetto passivo stabilito in Italia non regolarmente iscritto all’archivio informatico VIES, esaminando il caso particolare di una società italiana che ha acquistato pannelli fotovoltaici da un’impresa tedesca, perfezionando l’operazione nel mese di aprile 2011, senza essere iscritta al VIES.

Ex art. 35 DPR 633/1972, come modificato ex art. 27, co. 1 DL 78/2010, il soggetto passivo d’imposta che intende effettuare operazioni intra UE deve chiedere autorizzazione all’Agenzia delle entrate, manifestandone la volontà attraverso una procedura specifica finalizzata all’iscrizione nell’archivio informatico (VIES) dei soggetti autorizzati a porre in essere le predette operazioni.

In particolare, nel provvedimento Direttore Agenzia Entrate del 29/12/2010 n. 188376 viene specificato che, per coloro che già possiedono un numero di partita IVA, la predetta volontà viene espressa mediante apposita istanza da presentare direttamente ad un ufficio dell’Agenzia delle entrate; viceversa, per i soggetti non titolari di posizione IVA, tale volontà va manifestata in sede di dichiarazione d’inizio di attività, compilando il campo “Operazioni intracomunitarie” del Quadro I dei modelli AA7 (soggetti diversi dalle persone fisiche) e AA9 (imprese individuali e lavoratori autonomi).

In mancanza di un diniego espresso da parte dell’Agenzia delle entrate, o anche in caso di silenzio, decorsi trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, la posizione del soggetto richiedente viene inserita nell’archivio VIES.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il soggetto passivo nel periodo temporale tra la dichiarazione di volontà di porre in essere operazioni intra UE e l’autorizzazione o il diniego, non può compiere operazioni intra UE.

Per le operazioni intra UE effettuate senza la regolare iscrizione al VIES, l’Agenzia ha osservato che:

  • le cessioni o prestazioni intra UE effettuate da soggetto passivo italiano non ancora nel VIES (o escluso a seguito di diniego/revoca) vanno assoggettate ad IVA in Italia, con le conseguenti sanzioni (art. 6 D.Lgs. 471/1997).
  • gli acquisti da soggetto passivo UE non sono operazioni intra UE, pertanto l’IVA non è dovuta in Italia ma nel paese del fornitore.

Quindi sotto il profilo procedurale, l’acquirente italiano non regolarmente iscritto al VIES, ricevuta la fattura senza IVA dal fornitore europeo, non deve procedere alla doppia annotazione della stessa nel registro delle fatture emesse e nel registro degli acquisti, non essendo applicabile il meccanismo dell’inversione contabile (art. 47 DL 331/1993), che comporta una illegittima detrazione dell’IVA con applicazione della sanzione ex art. 6, co.6, Dlgs. 471/1997.

Peraltro, in sede di cooperazione amministrativa e a seguito di precisa richiesta in tal senso da parte dello Stato membro del fornitore, l’Agenzia delle Entrate provvederà a segnalare tale operazione come irregolare e l’Amministrazione dell’altro Stato membro potrà, eventualmente, decidere di recuperare l’IVA non assolta per effetto della errata qualificazione dell’operazione come intra UE.

Regime sanzionatorio; profili temporali

La CM 39/E/2011 stabilisce che le sanzionati per l’effettuazione di operazioni intra UE da parte di soggetti non regolarmente iscritti al VIES, non sono applicabili, nel rispetto dei principi di affidamento e buona fede del contribuente, per eventuali violazioni commesse prima della emanazione della circolare: dato che la circolare è stata pubblicata in data 01/08/2011 e che le eventuali violazioni commesse dall’istante sono riferibili ad un periodo precedente, l’Agenzia ritiene che non vada applicata nel caso di specie alcuna sanzione.