Subappalti costruzioni edili: trattamento IVA differenziato se il reverse charge è obbligatorio

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Fonte: Eutekne.info

Data: 14/07/2012

Autore: M. Peirolo

Nel settore edile, può accadere che una società italiana effettui, per conto di un soggetto IVA stabilito in un altro Paese UE (ad esempio, la Francia), lavori inerenti la costruzione di un fabbricato non situato in Italia. Può anche verificarsi che la società italiana si avvalga di subappaltatori locali, cioè stabiliti nel luogo di ubicazione dell’immobile in corso di edificazione.
Ai fini IVA, le domande da porsi riguardano essenzialmente l’individuazione del luogo impositivo e, relativamente al rapporto di subappalto, l’applicabilità del meccanismo del reverse charge, con traslazione dell’obbligo impositivo in capo al subappaltatore estero.

Riguardo al primo aspetto, in base all’art. 47 Direttiva n. 2006/112/CE, recepito dall’art. 7-quater, comma 1, lett. a), DPR 633/1972, “luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene immobile (…) è il luogo in cui è situato il bene”.
Non è, tuttavia, il riferimento all’immobile che determina il luogo impositivo, bensì la natura della prestazione in concreto resa. Secondo la Corte di Giustizia (causa C-166/05, Heger), la tassazione nel luogo di ubicazione dell’immobile presuppone, infatti, l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto tra la prestazione e il bene.
La stessa Amministrazione finanziaria ha delimitato l’ambito applicativo del criterio territoriale in funzione della “presenza di una relazione concreta ed effettiva con il bene immobile” (RM 48/E/2010 e CM 37/E/2011, § 3.1.1).

Il descritto criterio interpretativo supera la posizione espressa dalla Suprema Corte (sentenza 26 maggio 2010 n. 12834) in ordine al rapporto tra le disposizioni che regolano il presupposto territoriale, da individuare – secondo i giudici di legittimità – in funzione dell’esclusivo riferimento all’immobile. Il criterio del luogo di ubicazione dell’immobile riguarderebbe “tutte le prestazioni di servizi inerenti ad immobili situati in Italia, come si evince chiaramente dal fatto che il legislatore si è premurato di chiarire che sono «comprese» anche le perizie, le prestazioni di agenzia, ecc., proprio per evitare equivoci e per chiarire che la localizzazione dell’immobile determina l’imponibilità in Italia delle prestazioni di servizio di ogni tipo”.

Rispetto al caso in esame, ipotizzando che si sia in presenza di un “nesso sufficientemente diretto” con l’immobile, le prestazioni relative all’immobile ubicato in Francia, rese ad un soggetto passivo francese, si considerano ivi territorialmente rilevanti agli effetti del tributo sul valore aggiunto. Il prestatore italiano, conseguentemente, non è tenuto ad emettere la fattura, siccome il relativo obbligo, ex art. 21, comma 6, del DPR n. 633/1972, è previsto per le sole prestazioni di servizi “generiche” escluse da IVA in Italia ex art. 44 della Direttiva n. 2006/112/CE, recepito dall’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del DPR n. 633/1972; quindi, non anche per quelle detassate in base al citato art. 7-quater. L’imposta è assolta in Francia dal committente, soggetto passivo, senza necessità, per l’operatore italiano, di identificarsi direttamente o per mezzo di un rappresentante fiscale.

Riguardo al secondo aspetto, se la Francia si è avvalsa, come l’Italia, della facoltà di traslazione dell’obbligo d’imposta in capo al destinatario del servizio, prevista dall’art. 199, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, può utilmente richiamarsi la CM 11/E/2007 (risposta 5.1). In tale ipotesi, infatti, è la società italiana che, in quanto debitore d’imposta in luogo del subappaltatore francese, deve identificarsi in tale Paese al fine di assolvere l’imposta.

Riepilogando, se la Francia ha previsto l’obbligo di reverse charge, con una portata applicativa analoga a quella prevista dall’Amministrazione finanziaria italiana, il regime IVA appare il seguente:
– rapporto subappaltatore francese/appaltatore italiano: identificazione IVA in Francia dell’appaltatore italiano con assolvimento, da parte di quest’ultimo, dell’IVA francese;
– rapporto appaltatore italiano/committente francese: IVA francese con reverse charge in capo al committente francese.

Se, invece, la Francia non si è avvalsa della facoltà in parola, ovvero se la portata applicativa del reverse charge differisce da quella prevista dall’Amministrazione finanziaria italiana, è il subappaltatore francese che, in quanto debitore d’imposta, deve assoggettare a IVA la prestazione, territorialmente rilevante in Francia ex art. 47 della Direttiva n. 2006/112/CE. Nel rapporto appaltatore italiano/committente francese resta dovuta l’IVA francese, con reverse charge in capo al committente francese.

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