INTRA UE: fattura per operazioni inesistenti, il cessionario paga l’IVA

Fonte: Fisco Oggi

Data: 02/01/2013

Autore: M. Denaro

In caso di operazioni intracomunitarie inesistenti, risultanti da fatture emesse da un cedente residente in un altro Stato comunitario, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a riprendere a tassazione sul cessionario residente in Italia, l’Iva risultante dalle fatture, senza consentire, al contempo, la detrazione dell’imposta.

Questo l’interessante assunto affermato dalla Cassazione nell’ordinanza n. 22532 dell’11 dicembre, che ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia.

I giudizi di merito

A seguito di attività investigativa condotta dalla Guardia di finanza, era emerso che una società italiana attraverso l’interposizione di alcune società domiciliate nel Regno Unito – prive di organizzazione operativa nel territorio italiano e gestite, di fatto, da uno studio di consulenza svizzero – aveva artatamente elevato i costi di acquisto e ridotto l’imposta da versare, traendo vantaggio dalla sovrafatturazione degli acquisti e dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Sulla base di tali rilievi, il competente ufficio finanziario aveva recuperato a tassazione, nei confronti della società italiana, l’Iva non versata, relativa a quattro annualità, con atti impositivi impugnati innanzi ai giudici tributari, che, in primo grado, accoglievano le doglianze della ricorrente.

Il successivo appello proposto dall’Agenzia non trovava accoglimento e, pertanto, si giungeva in Cassazione.

Nel ricorso di legittimità, l’Amministrazione finanziaria lamenta, come unico motivo, la violazione dell’articolo 21 del Dpr 633/1972 e degli articoli 46 e 47 del Dl 331/1993, nella considerazione che, in caso di fatturazione per operazioni intracomunitarie inesistenti, risultanti da fatture emesse da cedente comunitario, l’Agenzia può riprendere a tassazione – nei confronti del cessionario nazionale – l’Iva non versata, senza consentire la detrazione dell’imposta stessa.

La decisione della Cassazione

Per i giudici di piazza Cavour il ricorso è fondato.

L’articolo 21 del Dpr 633/1972 statuisce che l’Iva è dovuta per l’intero importo indicato in fattura, anche se la fatturazione riguarda operazioni inesistenti ovvero l’imposta è indicata in misura superiore a quella dovuta.

Questa norma, precisa la Cassazione, è finalizzata a sanzionare il comportamento fraudolento, indipendentemente dal ruolo dei soggetti partecipanti all’operazione e anche a prescindere dall’effettività dell’eventuale credito d’imposta fruito.

Occorre, tuttavia, verificare gli effetti di tale disposizione normativa nell’ambito delle operazioni intracomunitarie – disciplinate dal Dl 331/1993 – per le quali, com’è noto, vige il meccanismo contabile per cui le stesse non sono imponibili nel Paese del cedente ma devono essere assoggettate a Iva nello Stato del cessionario, ossia nel paese di destinazione del bene.

In particolare, negli acquisti intracomunitari, è l’acquirente che deve integrare la fattura ricevuta dal fornitore comunitario – che non contiene l’addebito dell’Iva, trattandosi di operazioni prive del requisito della territorialità per il cedente comunitario – e ad assolvere il suo obbligo di eseguire il versamento d’imposta, quale reale debitore, registrandola a credito e a debito, ai fini di stornare l’imposta.

Tale procedura, tuttavia, presuppone l’effettività dell’operazione, non potendosi applicare nel caso di inesistenza della stessa, secondo un principio già fatto proprio dalla Cassazione, secondo cui “…in tema di IVA, la speciale procedura di variazione prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, presuppone necessariamente, come si desume univocamente dalla considerazione della funzione perseguita dalla norma, che l’operazione per la quale sia stata emessa fattura, da rettificare perchè venuta meno in tutto o in parte in conseguenza di uno degli specifici motivi indicati nel secondo comma della norma stessa, sia una operazione vera e reale e non già del tutto inesistente. Ciò discende anche dal disposto del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, il quale – nel prevedere, allo scopo di ricondurre a coerenza il sistema impositivo dell’IVA, fondato sui principi della rivalsa e della detrazione, che, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ‘l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura’ – da un lato incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio di cartolarità, e, dall’altro, incide indirettamente, in combinato disposto con lo stesso D.P.R., art. 19, comma 1, e art. 26, comma 3, anche sul destinatario della fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta in totale carenza del suo presupposto, e cioè dell’acquisto (o dell’importazione) di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione” (Cassazione, sentenza 24231/2011, 12353/2005 e 7289/2001).

Pertanto, nella fattispecie in esame, è la società italiana – in qualità di cessionaria dell’operazione intracomunitaria – “…l’effettivo debitore d’imposta e l’IVA a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al ‘principio di cartolarità’, in forza del quale il soggetto emittente la fattura deve essere considerato…debitore d’imposta…”, con la conseguenza che il destinatario della fattura medesima non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in totale carenza del suo presupposto e cioè dell’acquisto o dell’impostazione di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (Cassazione, sentenza 2823/2008).

La circostanza che trattasi di un’operazione intracomunitaria, conclude la Corte, non può incidere negativamente sul recupero a tassazione operato dall’ufficio finanziario, così come affermato anche dalla Corte di giustizia (causa C-285/09).

 

INTRA UE: tutte le novità in tema di fatturazione e IVA dal 1° gennaio 2013

Con DL 216/2012 (decreto “Salva sanzioni”), è stata recepita la Direttiva 2010/45/UE in materia di fatturazione, IVA e scambi intra UE, con entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2013.

Le novità principali sono le seguenti:

  1. Obbligo di emettere fattura per tutte le operazioni non soggette ad IVA in Italia per mancanza del requisito della territorialità ex artt. da 7 a 7-septies DPR 633/1972,

Con la dicitura esplicita:

    • “inversione contabile” per cessioni di beni e prestazioni di servizi fatturate a soggetti passivi UE;
    • “operazione non soggetta” per cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate fuori dalla UE.

L’obbligo di fatturazione rimane escluso solo per le operazioni esenti ex art.10, co. 1, n. da 1 a 4 DPR 633/1972 (operazioni bancarie, assicurative e finanziarie rese a soggetti passivi UE).

Fino al 31/12/2012 l’obbligo di fatturazione è invece limitato ai servizi generici non soggetti ad IVA ex art. 7-ter DPR 633/1972, resi a soggetti passivi UE (obbligo collegato agli invii Intrastat).

  1. Ampliamento del volume d’affari ai fini IVA

Tutte le fatture ex artt. 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies, 7-septies DPR 633/1972 concorreranno alla formazione del volume d’affari ai fini IVA, ma tali operazioni non dovranno essere considerate ai fini del calcolo del plafond degli esportatori abituali. 

  1. Numerazione progressiva fatture ex art.21 DPR 633/1972.

E’ previsto che la fattura sia numerata con un “numero progressivo che la identifichi in modo univoco”, non più quindi un numero progressivo “per anno solare”. La finalità è di permettere l’identificazione univoca della fattura. Non si sa ancora se ciò significhi che il numero di fattura debba essere identificato con l’anno e il numero insieme per renderla unica (ad es. Fattura n. 1/2013). Si attendono chiarimenti dalle Entrate.

  1. Contenuto delle fattura: Partita IVA e Codici Fiscali.

Sarà obbligatorio indicare in fattura la partita IVA del cessionario soggetto passivo, e il codice fiscale, se il destinatario nazionale della fattura non agisce nell’esercizio d’impresa, arti o professioni (privati o enti non commerciali).

Fino al 31/12/2012 è obbligatorio indicare in fattura la partita IVA del cessionario/ committente solo per le fatture in reverse charge o per quelle emesse verso operatori UE.

  1. Contenuto delle fattura: classificazione ai fini IVA dell’operazione.

Sarà obbligatorio indicare in fattura queste specifiche diciture:

  • operazione non soggetta per le cessioni di beni non territorialmente rilevanti ex art.7-bis DPR 633/1972;
  • operazione non imponibile per le operazioni ex artt.8, 8-bis, 9 e 38-quater DPR 633/1972;
  • operazione esente per le operazioni ex art.10 DPR 633/1972 eccetto quelle di cui al p.to 6 (lotto, lotterie, concorsi pronostici ecc..);
  • operazioni in regime del margine-beni usati per le operazioni in regime del margine ex DL 41/1995;
  • regime del margine-agenzie di viaggio per operazioni in regime del margine delle agenzie di viaggio ex art.74-ter DPR 633/1972. 
  1. Fattura semplificata.

Per fatture di importo complessivo non superiore a 100 euro sarà possibile, al posto dei dati del cliente, indicare solo:

  • la partita IVA o il codice fiscale se il cliente è stabilito in Italia
  • il codice identificativo IVA per i soggetti UE;
  • solo il corrispettivo totale (al lordo dell’IVA) e l’aliquota per lo scorporo, anziché imponibile e imposta.

La fattura semplificata non è però ammessa per cessioni intra UE, ed operazioni ex artt. da 7 a 7-bis effettuate nei confronti di soggetti passivi UE.

  1. Fattura differita anche per i servizi.

Sarà possibile emettere una fattura cumulativa, con il dettaglio delle operazioni effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle prestazioni medesime, per le seguenti tipologie di operazioni:

  • cessioni di beni la cui consegna risulta da DDT,
  • prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione (es: contratto). 
  1. Fatturazione differita servizi generici ex art.7-ter a soggetti Extra UE:

La fattura per tali servizi potrà essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello dell’effettuazione; per tali prestazioni il momento di effettuazione dell’operazione coincide con l’ultimazione del servizio.

Per servizi generici a carattere continuativo o periodico come ad es.:

  • noleggi,
  • locazioni di beni mobili,
  • contratti di deposito o di agenzia,

il momento di effettuazione dell’operazione coincide con la maturazione dei corrispettivi, quindi la fattura può essere emessa entro il 15 del mese successivo alla maturazione.

Per servizi ex art.7-quater DPR 633/1972 come ad es.:

  • servizi relativi agli immobili,
  • servizi alberghieri e di ristorazione,

il momento di effettuazione dell’operazione coincide con il pagamento ma qui la fattura NON può essere emessa entro il 15 del mese successivo al pagamento. 

  1. Momento di effettuazione di cessioni ed acquisti intra UE.

Si considereranno effettuati al momento dell’inizio del trasporto o della spedizione all’acquirente sia le cessioni intra UE che gli acquisti intra UE. Fino al 31/12/2012 gli acquisti intra UE si considerano effettuati al momento della consegna al cessionario nel territorio dello Stato:

  • dal territorio dello Stato (per le cessioni);
  • da quello dello Stato membro di provenienza (per gli acquisti).
  1. Fatturazione differita per le cessioni intra UE.

La fattura può essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, indicando che si tratta di operazione non imponibile ex art.41 DL 331/93. 

  1. Regolarizzazione acquisti intra UE.

Il cessionario italiano che non riceve la fattura dalla controparte UE entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, autofattura in unico esemplare, da registrare entro la data di emissione e con riferimento al mese precedente. Fino al 31/12/2012 il termine di cui sopra è entro la fine del secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

  1. Reverse charge per tutte le operazioni ricevute da soggetti passivi UE.

Obbligo di integrazione della fattura UE ex artt.46 e 47 DL 331/1993, per TUTTE le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ricevute da soggetti passivi UE.

 

INTRA UE: esportatori abituali, nuovo obbligo di fatturazione non incide sullo status

Nel decreto Salva infrazioni, di adeguamento delle norme nazionali alle disposizioni UE  (Direttiva n. 2010/45/UE), vi sono alcune importanti modifiche relative alle norme IVA (vai all’articolo) : tra queste disposizioni si evidenzia in particolare l’obbligo di emissione della fattura per le operazioni non territoriali.

L’obbligo di fatturazione delle operazioni attive è in generale connesso al fatto che una operazione sia rilevante ai fini IVA (imponibile, non imponibile, esente); vi sono però alcune deroghe, ex art. 21, co.6 DPR 633/1972: già dal 2012, c’è l’obbligo di fatturazione per le prestazioni di servizi non territoriali ex art. 7-ter DPR 633/1972 rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio di altro Stato membro UE (obbligo funzionale alla compilazione degli Intrastat).

Dal 1° gennaio 2013 l’obbligo di fatturazione sarà esteso, tra le altre, alle operazioni non territorialmente rilevanti in Italia ex artt. da 7 a 7-septies DPR 633/1972, con le seguenti annotazioni:

  • inversione contabile”, per segnalare che l’IVA deve essere assolta a destino, per le cessioni di beni e prestazioni di servizi, diverse da quelle esenti ex art. 10, nn. da 1) a 4) e 9) DPR 633/1972, effettuate nei confronti di un soggetto passivo stabilito in altro Stato UE;
  • operazione non soggetta” se invece le operazioni si considerano effettuate fuori UE, per segnalare che l’operazione non rileva ai fini IVA.

Dato che tali operazioni diventano soggette a fatturazione e registrazione, tutte le operazioni non territoriali partecipano alla formazione del volume d’affari del contribuente; questa grandezza è molto importante perchè regola:

  • l’utilizzo delle liquidazioni IVA trimestrali;
  • l’accesso a regimi agevolati (es. IVA per cassa che ha come limite un volume d’affari di 2 milioni di euro),
  • la possibilità, per i soggetti che operano con l’estero, di acquistare senza applicazione dell’IVA, ex art. 8, co. 1, lett. c) DPR 633/1972, inviando lettera d’intento ai fornitori, entro un determinato plafond.

Quest’ultima possibilità evita agli operatori di finire sempre in credito IVA a causa dei ritardi con il quale detto credito può essere chiesto a rimborso. Si può accedere a questa agevolazione, ex art. 1 DL 746/1983, se si realizzano operazioni nei confronti dell’estero (es. cessioni intra UE, esportazioni, ecc.) per un importo superiore al 10% del volume d’affari realizzato nell’anno precedente.

La modifica a partire dal 2013, in mancanza di altre disposizioni, con l’ampliamento delle operazioni ricadenti nel volume d’affari avrebbe reso molto più difficile il raggiungimento dello status di esportatore abituale (aumenta il denominatore, rimane inalterato il numeratore del rapporto); dal momento che invece si tratta di operazioni per le quali non viene computato il plafond di acquisti con esclusione da IVA, poichè per la realizzazione di tale rapporto sono escluse le operazioni non territoriali di cui sopra.

In altre parole, malgrado esse vadano fatturate e concorrano al volume d’affari, comunque non rilevano ai fini del calcolo dello status di esportatore abituale, nonché del calcolo del plafond.