INTRA UE: cessioni non imponibili anche con codice IVA errato

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La Cassazione, con sentenza 17254/2014, ha stabilito che la mancanza del codice IVA corretto non può far venir meno l’esenzione IVA, se il cedente prova tutti i requisiti sostanziali della cessione intra UE, dunque non viene meno la non imponibilità IVA delle cessioni intra UE nel caso in cui il cedente IT abbia indicato nella fattura emessa un codice IVA del cessionario UE non corretto, se sussistono comunque gli elementi sostanziali della cessione intra UE.

Ex art. 138 Direttiva 2006/112/CE sono esenti da IVA le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella UE, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni. I soggetti che effettuano acquisti intra UE  sono identificati ex art. 214 mediante numero individuale IVA e tale numero va riportato nella fattura del cedente.

Tali disposizioni sono state recepite in Italia ex art. 41, co.1 DL 331/1993 (cessioni intra UE non imponibili). Ex art. 50, co.1 e 2 DL 331/1993, le cessioni intra UE sono effettuate senza applicazione dell’IVA nei confronti dei cessionari che abbiano comunicato il numero di partita IVA agli stessi attribuito dallo Stato UE di appartenenza; l’Amministrazione finanziaria, su richiesta degli operatori, conferma la validità di tale numero.

Da quanto detto sopra discende che solo la corretta indicazione in fattura della partita IVA del cessionario UE, e la verifica dello stesso nel VIES, esonera il cedente IT da problemi, mentre in caso di indicazione in fattura del codice IVA UE errato, di sua omessa indicazione, di inserimento di un codice poi cessato o della mancata verifica della validità nel VIES, si pone il problema delle conseguenze sul regime di non imponibilità previsto per le cessioni intra UE.

Precedenti sentenze di Cassazione (Cass. 22178/2013, 3167/2012 e 20575/2011), avevano stabilito che l’assenza nella fattura del cedente italiano del codice IVA del cessionario UE (quindi, anche la sua indicazione errata), la sua mancata verifica nel VIES, impediscono il riconoscimento del regime di non imponibilità.

Quest’ultima sentenza costituisce, quindi, un importante cambio di rotta, che va verso le posizioni della giurisprudenza comunitaria: in particolare viene stato fissato il principio di diritto per cui, ai fini del riconoscimento della non imponibilità delle cessioni intra UE, la mancanza del corretto codice identificativo del cessionario nella fattura di vendita non può determinare il venir meno del regime di esenzione, allorché il cedente provi in modo rigoroso tutti i requisiti sostanziali della cessione intra UE (v. anche Cass. 22127/2013).

La Cassazione ha stabilito che in definitiva è il giudice che deve valutare gli elementi concretamente allegati dal cedente per dimostrare la sussistenza di tutte le condizioni previste per la cessione intra UE, incluso lo status di soggetto passivo del cessionario, in assenza del corretto numero IVA a questi associato (e verificato).

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